la Fiera Letteraria - XII - n. 41 - 13 ottobre 1957

Uata la sovrabboodanz.a dt scritti che cJ pervengono con la esplicita richiesta di giudizi particolari. comunlchJamo agU interessati che direttore e redazione della «Fiera• sono asso– lutamente lrnpessibiUtaU a dar riscontro a Queste richieste. I LAFIERA LETTERARIA I UUAHIU Ui:.LLA K.hUAZJU~t. U L3 UHI Mann1crltll. foto e dlle,-n,J ooo p11bbllcaU ooo si rulltolseono CULTURA E TRADIZIONE NELLA PITTURA ITALIANA I-DALLEORIGINIAI MANIERIST Pensai alla necessità di chiarire per quanto possibile la consistenza e i limiti dell'antitesi cultura.- tra.dizione, così co– m'esia è venuta delineandosi ai nostri giorni, per aver inteso, or è qualche tem– po, affermare da alcuni pittori l'inattua– lità e l'inutilità di una importante Mo– stra delle opere àel Caravaggio (Mostra del Caravaggio, Milano, Palazzo Reale. aprile-giugno, 1951). Una tale a!!erma– zione mi parve subito talmente impe– gnatjva e cosi grave da farmi intendere che ormai non esisteva più alcun legame e alcuna possibilità di raccordi tra quel– la che era la nostra particolare tradizio– ne e l'impegno conforme ai modi della cosidetta cultura europea di coloro che avevano formulato l'affermazione anzi– detta. Da più parti, dunque. avevo udito af– fermare che ai nostri tempi è inutile una Mostra di caravagg.io e che, per la sua inutilità, essa reca certamente con sè confusione e danno; e. da ultimo, in ap– poggio a una simt!e tesi, qualcuno ave– va invocato senza altre ragioni plausi– bili l'argomento che e i termini del lin– guaggio caravaggesco sono fuori del gu.sto di oggi ». Ciò mi indusse a considerare come, dal giorno in cui la critica d'arte con– temporanea aveva preso a compiacersi di stillare di nuovo dai suoi alambicchi quell'essenza che già fu delizia degli este– tici dell'età barocca e successiva, Ìl gusto, una selva di equivoci fosse sorta a in– tricare le idee dei poveri artisti, nonchè dei critici d'arte meno provveduti. E' noto che sul «gusto » e sulla e teo– rie del gusto» come e facoltà di giudi– care l'arte, che non fosse la ragione ra– ziocinante» e che fu accostata e talora al "sentimento " e tal'altra al discernimen– to o inhnto di un·"non so che''» (1) si fondò molto dello svolgimento dell'Este– tica moderna; tuttavia nessuno avrebbe potuto immaginare che un giorno si sa– rebbe giunti a parlare del « gusto n come di una specie di sistema empirico, quasi una cartina di Tornasole, per saggiare a prima vista tutti i mali e i preg:1 del– l'arte. ln più, che si sarebbe confuso il e gusto> addirittura con e l'altra facol– tà speciale per la produZ:one dell'arte», che nel Seicento era detta e ingegno», di modo che se ne fece vuoi una misura per un giudizio di qualita sull'arte, vuor anche una facoltà, un mezzo capace di determinare esso stesso la qualità della opera; vuoi, infine, l'indice di una attua– lità che ci farebbe frutti inconfondibili dei nostro tempo. Così il gusto 0o in– dièheremo in corsivo, quando vorremo intenderlo nelia accezione corrente) ver– rebbe ad essere una sorta di e verità » assoluta e definitiva. Ciò, tuttavia, non avrebbe impedito a quella e verità» di scadere al rango di una formuletta, al punto che l'equivalenza arte-gusto è en– trata, con un significato del tutto gra– tuito, nel novero dei luoghi comuni di recente conio. Personalmente ci sentiremmo di ac– cettare l'equivalenza anzidetta solo nel caso che si volesse intendere per gusto quella personale misura dell'artista, quel suo particolare linguaggio e modo di esprimersi, che pure desume dal tempo in cui l'artista vive gli accenti più di· retti, lo spirito comunicativo, la facilità e la possibilità di !mmed.:atezza uel col– loquio con glj altri cioè i termini stessi, le parole più vive, attuali, urgenti di detto colloquio. Ma sappiamo che cosi non è per colo:-o che ritengono essere il gusto il dato essenziale di un'opera. Per essi. che tali cose vanno ancora af– fermando - e qui parlo sopratutto dei pittori - essendo venuto a mancare ogni _punto d 1 appoggio e di fiducia negli ~Itri termini che pure sono o furono cons1de-. rati qualità insopprimibili dell'arte; es– sendo venuta, cioè, a mancare la fiducia in termini, quali, per esempio, umanità, mondo mora.le , idea. di « t,ellezza. •• rea.t– tci. ecc.. e non credendo più essi neanche al gusto come «sentimento», si presentò la necessità di far capo a una costante, a un loro termine purchessia di giudi– zio, a un loro particolare metro. Tale compito ~u riservato proprio el gusto, il quale, preso in prestito dalle cogni– zioni non vane dell'Estetica moderna, è così finito per identificarsi con il signi– ficato provvisorio e vago del termine stesso. E quel ch'è più grave è che al concetto di gusto, inteso nel senso anzi– detto, si pervenne, a mio avviso, -non per un immediato incontro, o quanto meno -per ua palese, evidente e direi facile scoperta, ovvero per pigro compromes- 50, bensl attraverso una elaborata e spe– ciosa speculazione critica, la quale spes– so si trovò a dover giustificare a. poste– riori un'arte che aveva perso ogni ad– dentellato con i principii attivi della tradizione, col e sentimento » e con il cuore stesso degli uomini. A conclusio– ne di un faticoso teorizzare, ecco, per– ciò. le affermazioni dogmatiche, che pre– tendono rappresentare il punto fermo, il termine assoluto di giudizio, espresso ·e convalidato da quella misura tanto va– ga e astratta, quanto infallibile, che do– vrebbe essere il gusto. Per tradizione non si intende la continuità impostata sugli aspetti formali, su caratteri tecnici, su impegni che interessano il mestiere. i modi di dire, il linguaggio stesso, ma la continuità dell'interesse per l'uomo. della valutazione dell'uomo in rapporto alle sue conquiste sempre nuoYe, motiYo e centro dell'as unto clell"arte ribadito in maniera esemplare dal Rinascimento e dall"Umanesimo ma più proprio e più particolare di cul– iura (quella, per esempio, che Gramsci chiamava cultura nazionate - popolare) strinsero più solide alleanze e intese sul pia:10 internazionale, favoriti in ciò da condizioni di vantaggio molteplici e va– rie. La possibilità di avere in Parigi un centro attivo e operante sia nel campo delle idee, sia in quello dei mercati delle opere d'arte; U vantaggio di disporre, dati i pr;ogressi te~ici e scientifici, di mezzi rapidissimi di informazione e di divulgazione; la ventura di assistere al pieno decadimento dei valori artistico: morali e artistico-sociali a carattere na– zionale; e la crescente suggestione eser– citata dalle avventure, dalle eccentricità, di * DOUElVICO PlJRIFICA TO ha snaturato, a mio modo di vedere. la stessa fisionomia e gli stessi caratteri antichi del concetto di cultura. Cultura, nella sua accezione più giu– sta, non vuol dire semplice e piatta eru· dizione e tanto meno generico atteggia– mento da letterato-intellettuale, ma co– noscenza e quindi educazione e maturi– tà spirituale. e abito di civiltà morale. e ancora e nuova intuizione della vita • e e nuovo modo di ·sentire e vedere la realtà " (2). Così intesa, la cultura è ta– le che racchiude in sè come elemento fondamentale il concetto di tradizione, poichè non v'è a mio avviso cultura a11a quale manchi l'apporto dei valori « non oziosi » e « non servili » della tradizio- prima ancora di guardare i termini sto– rici di essa, vorremmo ricordare quelli che, secondo ooi, ne sono i termini idea– li, che ci piace desumere dalla diversa ' significazione di un mito e di una leg– genda. ove sono riscontrabili i primi se– gni di una diversa concezione, di una dìver5a interpretazione dell'origine stessa delle arti figurative, insomma i p_rimi segni di una antitesi tra modi opposti di concepire l'arte. Il "lnilo di Prometeo. preso a -.imbolo dell'origine prima di quelle arti che rap– presentano nella materia docile le sem– bianze dell'uomo, sembrò appagare e esaurire per lungo tempo il concetto nel cuiale gli uomini tenevano l'artista: in Prometeo che modella con le sue mani simulacri di fango si ravvisò il primo scultore; nell'ansia che lo avrebbe spin– to a rubare il fuoco sacro a Giove, per dar vita alle sue statue, era riconoscibi– le l'antica e retor.ca ansia attribuita al– l'artista di voler raggiungere nella crea– zione della sua opera qualcosa che lo av– vicinasse alla divinità; era, in altri ter– mini, il concetto della « ars aemula Deo " che si sentiva risolto in quel mito. Questo il significato del mito eroico che affascinò gli uomini d'altri tempi. Ma, accanto a esso, fiorì anche una leggenda oggi poco conosciuta, una leggenda sem– plice e plana come un fatto vero, come un fatto di cronaca, che volle la pittura nata naturalrne:i.te dal gesto semplice di un uomo, raccolto nella intinùtà della sua casa. Narra Plinio che un tal Gige Li– dio, seduto una sera accanto al fuoco e vista proiettata sul muro la propria om– bra, quell'ombra disegnò con un carbone ricalcando i contorni netti nella parete. E' naturale che più dell'ambizioso mito cii Prometeo, ci commuova proprio le ver– sione che volle il disegno nato dal caso fortuito dell'ombra sul muro. E tanto più se ne commuove l'artista, il quale in– tenda quanta semplicità, naturalezza, quanta profonda e trepida intimità sia nell'atto del disegnare. Ma il significato della leggenda va oltre l'insegnamento che proviene da una simie commozione: il suo signific-ato più vero è tutto nella sostanza che ose'remmo dire popolare delle leggenda, la quale ricompone nei suoi limiti umani le trasmodate signifi– cazioni del mito, e raccoglie l'arte a una funzione proprio più umana e morale. La leggenda di Gige può indicare per noi l'avvio ideale, l'avvio più: conforme a una arte intesa nel senso di tradizione; men– tre contro di essa. a sottolineare l'anti– tesi enzidetta, il mito di Prometeo, con la concezione pretenziosa. superba. bene esprimerebbe il concetto aristocratico dei– l'arie. intesa nel senso più retorico della cultura. Giotto: • lncontro di S. Gio,·aochino e S. Anna• (dettaglio) dalle evasioni, dai facili e ampi succes– oi, ecc-, e, ancora, il vantaggio di far leva su nomi di artisti francesi, la cui fama è, per lo meno, premio al loro intelligente e non di rado geniale lavoro, &volto da · vari anni a oggi: tutto ciò contribuiva a creare le condizioni più favorevoli al diffondersi di un concetto di cultura. privo di caratteri particolari ai vari po– poli e ad accreditare la validità e la no– vità di un· generico linguaggio comune e d'un gusto che superasse non solo i li– miti delle provincie, ma quelli medesimi delle entità nazionali e financhè di par– ticolari civiltà geograficamente determi– natesi e qualificatesi. come, nel nostro caso, la civiltà mediterranea. Pertanto, ecco venir fuori la proposi– zione più allett.s:nte, impegnativa, altiso– nante, espansa di cultura. europea, con tutie le messianiche promosse di libertà che essa portava con sè, ma, pure con tutto il peso delle rinuncie che tale concetto richiedevà: da parte di chi sen– tiva ancor viva e necessaria la fiducia nei valori profondi, anche se più parti– colari, d'una nostra cultura. La cultura europea, al di sopra e al di là dei motivi autentici e delle preci– se ragioni che la determinà"rono, volle essere, specie in Italia. il dono di éiites raffinate a una umanità presunta gros– solana e ancora una veste civile, deli– beratamente aristocratica imposta alla arte; e fu, di conseguenza, l'isolamenio dell'arte e perciò degli uomini di culuna. dal resto dell'umanità. ne, quale realtà vivente e in continua evoluzione. Cultura e tradizione andrebbero con– siderate, pertanto, due condizioni pre– ziose all'arte. e così intimamente legate da costituire quasi un'unica condizione. Eppure, nella polemica attuale, esse so– no passate a significare condizioni in– compalibili, due termini addiTittura an– titetici. e, in più:, quasi due opposti ter– reni di indagine e due diverse correnti estetiche, due co:tlrastanti atteggiamen– ti dello spirito. E se la cultura, aggior– nata nel termine cuUura. europea. o sem-. plicemente cuLtu.ra è passata a indicare la egemonia del gusto, in aCl'Ordo con gli interessi di éhtes internazionali, tra– dizione è stata intesa come il ripetere meccanico e vano di linguaggi superati, di lontani atteggiamenti formalistici il riproporre di peso modi, attitudini, gusti, espressioni di epoche scadute, cioè col si– gnificato di peso morto, di orpello, di anticaglia ripescata nel tempc e rimessa malamente in circolazione, ovvero con l'altro significato dispregiativo di e reto– rica tradizionale ». e piena il problema di contenuti nuovi; tuttavia, se è da prestar fede alle fonti citate, non mancarono e non furono po– chi nemmeno gli esempi di pittori che quei soggetti rappresentarono e propo– sero con un certo successo. Infatti, un impegno di tal genere, a quanto è dato sapere, non fu soltanto quello del nomi· nato Aristide T~bano, chè altri pittori del tempo. q u a I i Pireo e Aristolao figlio di Pausia e Menocare, ecc., rivol– serp i loro occhi agli episodi di vita sem– plice per rappresentare il mondo degli umili. Si aggirarono per le c;trade, tra i lavoratori di tutti i mestieri; guardarono alla vita di ogni giorno, facendone il tema delle loro opere, e per tale loro nuovo impegno dovettero stupire tutti con la rappresentaz:io:1e del mondo plebeo, al punto che si ebbero la qualifica di e pit– tori delle cose basse » (4). Tale qualifica non voleva essere evidentemente un titolo di merito e, nello stesso tempo che clas· siftcava l'artista in una 6l)ecie di rango inferiore. veniva senza dubbio a indi· care il termine negativo di una antino– mia. la quale, già molti secoli prima che il Rinascimento inventasse la « inferior natura·», aveva creato un'altra rudimen– tale specie di gerarchia e di discrimina– zione nel campo dei contenuti. Pertanto, non è privo di interesse per noi quel primo cenno polemico di levata contro la cultura di allora da parte di quei pit– tori interessati a soggetti del tutto nuovi e popolari. poichè le « cose - basse )1. esprimendo l'interesse alla condiz:one umana, ai problemi elementari dell'uomo, al suo dramma e anche ella sua sem– plicità, manifestavano, a mio avviso, un impegno che fu sempre il primo a carat– terizzare i periodi di più vi~a tradizione nell'arte nostra. Termine comune di riferimento per in· dicare l'inizio della grande tradizione ge– nericamente detta e latina » e, nel caso particolare, «italiana», è considerata l"arte di Giotto. Anzi. contrapponendo un Giotto «latino» a un Cimabue «.gre– co ». si è voluto, non so quanto esatta– mente, creare un taglio netto tra i modi propri- al neo-ellenismo bizantino e quelli della nuova tradizione, che in Giotto ha la sua prima chiara manifestazione. Senza entrare nel merito di quanto lo stesso Cimabue abbia saputo trarre anche lui profitto da una tradizione provinciale (v'è, per esempio, chi addirittura indica la tradizione macedone del XII secolo) è certo che in Giotto i termini particolari alla nostra tradizione si fanno estrema– mente palesi e vengono proposti con una evidenza ormai seni.a equivoci. Giotto supera gli schemi dell'arte neo-~llenistica metropolitana e aulica, ne supera gli im· pegni formali, le labili strutture ritmi– che e le impostazioni eminentemente peso fisico, direi, con le ,sue dimensioni: più autentici uomini ': non simboli e _non vuoti simulacri; uomini che intrecciano finalmente, come lame taglienti, gli sguardi per colloqui più eloqueti e du– raturi d'ogni discorso. Questo il senso della tradizione iniziata da Giotto, queste le caratteristiche che distingueranno via via nei secoU sucoessivi i pericxli e so– pratutto gli artisti di più fiorente e palese tra.dizione, onde, per esempio, Masaccio si appalesa continuatore e potenziatnre deUa nostra tradizione. I personaggi di Masacclo riconquistano, infatti, contro i modi del gotic1smo, peso e spazio piU reali, perchè più a.ssoluti, e personalita e autorità; con lui si apre un alto d.-.– logo tra uomo e uomo, si fa più: severo il rapporto tra questi e lo scarno paesaggio intorno, sicchè l'opera sua acquista nuova unità drammatica. E Paolo Uccello, ben· chè ancor più di Masaccio legato ai pro– blemi spaziali del goticismo, benchè meno umano di lui, cui tuttavia alcuni vogliono abbia guardato come a maestro, pure viene a inserirsi nel filo della tra.diztone, con quella soa ossessione della profon– dità prospettica, ansiosa di creare la terza dimensione, cioè una dimensione che dia più delle altre l'illusione d'una realtà posseduta, e con taluni ritratti nei quali anche !"uomo ha trovato una diversa più. essenziale dimensione, addirittura deter minando anche nella ritrattistica nuQ",,-i. concetti di e spazio "· E in Piero della Francesca, nel concluso delle sue equa– zioni plastiche, nei suoi immutati per sonaggi, in quel loro impianto esse.nz~ a:e, nella solennità delle sue atmosfere. la tradizione è ancora operante; quella me– desima tradizione di cui per altre vie. e anche se con intenti a volte ancora aulici e più sofisticati, abbiamo precise tracce in Mantegna, in Giambellino e in Ti– ziano, in Giorgione, ecc., e finanche in Raffaello, nell'artista che, a mio avvi.so, fonde in sè, in singolare, altissima armo· nia, l'autentica cultura e i caratteri par– ticolari di quella nostra tradizione, per la quale tutto il Rinascimento può consi– derarsi periodo di «realtà». (5) Sicchè è doveroso sottolineare che nel– la successione dei nomi sopracitati si è voluto tener presente non già la conti– nuità di una tradizione impostata sugli aspetti formali, su caratteri tecnici, su impegni che interessano il mestiere, il modo di dire, il linguaggio stesso - .,el senso che genericamente si intende per tradizione - ma. invece, la continuità dell'interesse per i"uomo. della valutazio· ne dell'uomo in .rappo.."io alle SUe conl'.;•1i– ste sempre nuove. motivo e ce.ntro ,del– rassunto dell'arte nei periodo di più viva e autentica tradizione, ribadito in ma· niera esemplare dal Rinascimento e dal– l'Umanesimo. Quando, dopo Raffaello. l'equilibrio che in lui era stato così alto e singolare si rompe a vantaggio esclusivo degli inte– ressi per la forma e l'uomo scade a pre– testo, a simbolo, a fantasma, a magnifica larva che non conserva quasi- più nulla di umano, se non la sua pur smagliante armonia fisica, anch'essa ridotta a misu· re ideali. ecco, :ruatti, quegli squisiti gio– colieri della forma, i manieristi, deviare. a mio avviso, dal filone della tradizione. Nel m.anieri.smo, che pure affina, illeg– giadrisce i modi raffaelleschi, non è più: In questo ordine· la posizione mentale, H paralogismo, il vizio medesimo di que! pittori miei amici, giunti a prop<?S~ d1 Caravaggio a proposizioni semplicistiche, ovvie e all'apparenza quasi naturali, ep– pure tru tto di una somma di errori, di cui quegli stessi pittori rappresentano le vittime inconscle. Per questo suo a.spetto di cosa piovuta dall'alto, e ancora per certo suo spirito di adattamento e di ossequio a molti concetti Snobistici, per certa sua duttili– tà e docilità ai giuochi e aHe finalità di ambienti intellettuali e culturali, anche socialmente qual!tkatisi aristocratici. fu lecito addirittura il sospetto che, dietro una simile etichetta, si nascondessero in– teressi di altra natura che non quella puramente artistica. Invece, il termine tradizione (usiamo anche qui il corsivo) non va certamente inteso come ritorno ai principi d'una qualsivoglia e reazione » artistica, ma proprio come continuità viva e rinnova– ta di· particolari valori che, informando l'arte fin dalle più lontane origini, la accompagnano e la contraddistinguono nei suoi 9viluppi. sottolineandone volta a volta l'aggancio con gli aspetti più atti– vi e dinamici delle varie società presso cui l'arte si manifesta. In altri termini, tradizione rappresenta il coefficiente del– la vita e la vita stessa di un popolo; vuol significare il retaggio di alcuni ca– ratteri e qualità particolari ai popoli - tendenze e modi òi vita, convinzioni eti– co-religiose, ecc. - le quali ne esprimo– no l'aspetto tipico, ne rappresentano la realtà. l'essenza, ne indicano gli indirizzi più spiccati e particolari. le aspirazioni. e concorrono da ultimo a cqstituirne lo indice di cultura. Per i limiti stessi nei quali cl siamo proposti di contenere queste annotazioni, sarebbe nostro compito trascurare i casi di antitesi cultura.-tradi.c.-ione ove essa non sia scientificamente documentata, ovvero rispondente, con un certo tigorè, ai fini della nostra indagine. Perciò. un,, sguardo, pure se sommario, agli eventuali fenomeni che interessano l'antitesi anzi– deita in seno alla civiltà figurativa della antica Grecia non rientrerebbe, a rigore, net compito nostro, prima perchè la pe– nuria d'informazioni e testimonianze di· rette - se si eccettuino le informazioni di natura aneddotica più che storica - ci permettono una scarsa documentazione scientifica; poi, perchè la presente inda· gine &i propone di ricercare e indicare, pure se in modo sommario, i momenti tipici dell'antitesi anzidetta, ove essa in– teressa direttamente la storia della pit– tura italiana. Tuttavia, la considerazione che l'idea alla quale restò fedele la pit· tura italiana, non solo fino al neoclassi– cismo ottocentesco - come avvenne in Francia - ma, pure se con scarsa for– tuna, fino agli !niz: del nostro secolo, fu l'idea del e bello», che ebbe il suo pe– riodo di massima luce nella Grecia clas· sica; e la voluta derivazione delle prime manifestazioni della nostra pittura dalle fonti dell'arte greca; e, da ultimo, i pochi generici cenni tramandati fino a noi sulla singolarità di un fenomeno, il quate sem– brò anticipare presso i greci quella che molti secoli dopo fu la rivoluzione di Ca– ravaggio, Ci autorizzano ad eprire una parentesi non del tutto vana e anche non priva di curiosità. Qui, non intendiamo riproporre in termini particolari la tesi da altri già ampiamente illustrata e do– cumentata secondo cui l'arte greca è eminentemente arte razionale e cioè or ganica, cioè arte della «realtà» (3) ma in– tendiamo dire di una di quelle notizie giunte fino a noi per vie mediate e spesso fortunose che, malgrado tutto, hanno l'aria di avere un qualche fondamento scientifico: la notizia cioè del sorgere - in un clima artistico rivolto a contenuti prevalentemente aulici - di un inatteso interesse da parte di alcuni pittori per altri soggetti che potremmo deànire ad– dirittura popolari. Si può leggere, infatti nella e Lettera. di. M. Giova.mbattista di M. Marcello Adrtl:tni a M. Giorgio Va– sa.ri • di un tal pittore Aristide Tebano, contemporaneo di Alessandro Magno, il quale rappresentò in un suo dipinto non più la divinità o l't;!roe o l'atleta vincitore nei Giuochj d'Olimpia. ma l'oScUTa tra· gedia dt una popolana mortalmente fe· rita dalla soldataglia che ha invaso la ~;ua terra, mentre il figlio di lei, ancora in tenerissima età, tenta di bere il latte dal seno della madre morente. :\lasaccio: e San Pietro baUeu.a gli idolatri• (particolare) Tra i frutti più vistosi di quello spe– cioso teorizzare, la equivalenza arte-g~– sto è venuta, dicevamo, ad occupare 11 posto preminente; infatti, sul tema ~usto fu essenzialmente impostata la difesa dell'arte cosidetta europea e dispregia– tivamente cosmopolitica.. E così avvenne che un termine. un'espressione indicativa di determiçati modi, di atteggiamenti, di usanze, di predilezioni d'ordine co– mune epperò transitorio, fu assunto a significare la più alta qualità di un'opera d'arte. Jl'orti di tale conquista, gli esponenti di maggior conto tra coloro che avver– savano un concetto meno pretenzioso, E la c;tessa perentorietà, di cui espo– nenti e seguaci della cultura europea presero troppo sovente a fare sfoggio, avvalorarono volta a volta quei sospet– ti. Sicchè, quando da ultimo si giunse da parte di alcuni {i pittori) ad accusare Caravaggio d 1 essere fuori. del gusto del nostro tempo, e da parte di altri (i critici) a negare alla 61.la arte ogni carattere po– polare, si patè anche pensare che un simile concomitante atteggiamento po– tesse far comodo a persone e gruppi vi– vamente interessati per vari motivi a conservare per sè il privilegio di una po– sizione egemonica nel campo della cul– tura. Proprio per eSGere stata indirizzata agli scopi anzidetti, la cultura europee1 Questo dovevamo chiarire al lettore, il quale, imbattendosi nel corso della presente indagine nei termini cultura. e zradizione (in caraitere corsi\·o) conosce– rà in anticipo il significato di antitesi che quei tennini ,·ogliono a\·ere nella attuale polemica dell'arte, in cui, come si diceva, cuLtuTa e tra.dizione rappresen– tano proprio le oppcste bandiere. Dell'antitesi cultura. - tradizione è pos– sibile trovare, benchè sotto aspetti diver– si, tracce sicure anche nei •lontani tem– pi. E forse gioverà spingerci con la me– moria a qualche esempio remoto, prima di guardare agli aspetti di detta antite– si nella storia della nostra pittura. Ma Una tale rivoluzione di soggetti non mutò, è vero, i caratteri dell 1 arte del tempo, tanto che il fenomeno non si estese • · al -punto ·da risolvere in forma adeguata cromatiche, per dare alla pittura il sen– timento uma"no, la drammaticità, l'evi– denza plastica, la dinamicità, servendosi addirittura di un nuovo concètto di e spazio». Ed è tale il isenso del rinnova· mento, tale la forza di questa nascente tradizione, che anche in materia di fede, la più intoccabile, la più difesa da im– mediate trasformazioni, essa fa sentire il suo conrribu o nuovo e il peso d"E!lla nuova concezione; ove ogni raffigura– zione iconografica doveva d"obbligo rifarsi al Prototipo e ripeterlo, si<!chè la figura di Cristo e quella dei Santi rispondessero a schemi standa.rds, ove erano queste le regole, ecco Giotto trasformare, rinver dire, dare nuova potenza e calore umano alla iconografia dei Santi e fin al Cristo e raffigurarli quali uomini veri, con le loro passioni, la loro profondità spiri– tuale. Nell'arte entrava l'uomo con altra carica umana, e, ancora col suo maggior ombra di tradi:ione, se non d1 una pre– sunta tradizione che esprime la conti– nuità esasperata dei modi tecnici e for mali, l'impreziosirsi oltremisura di un linguaggio precedentemente avviato. DO:t\rEl\,CO PL""RIFlCATO (continua) l) B. Croce: Sto:-ia dell"Estctica, Bari 1942, paa:. 23. 2)· A. Gramsci: Letteratura e Vita Nazionale. Torino. 1S50, pag. 9. (3) R. Bìanchi Bandinen:.: Organicità e Astrazione. Milano. 195ò pag. 54 e se.g. H) Come rirerime.-,to per l"interesse r!\"Olto ormat alla •realtà», alla rappresentazione di Impegni umani può valere u periOdo ellent. sLico della scultura greca: periodo tn cui rarte si lnte~ò agli t>:pisodi di vita g1orna. llera. Esempio tlptco di rilievo ellenistico in marmo, raffigurante un episod:o dt vita co. mune. è il • ContacUno che va al mercato» (GiOSOLeca dl Yonaco). (5) Ved.1 Ltone~lo Venturi: Du Ca1""&\"'&~ è. ~od.i,....-U~,_l, I.eusanne 1952, pe..g, 12.

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