la Fiera Letteraria - XI - n. 32 - 5 agosto 1956

Data la sovrabbondanza di scritti che cJ pervengono coo la esplicita richiesta dJ giudizi particolari, com:.mlr.hlamo agll interessati che direttore e redazlone della e Fiera • sono asso– lutamente impossibilitati a dar riscon ro 8 queste richieste. GALLERIA LAFIERA ljETTERARIA DEGLI ARTISTI OR,\ll.10 01::LL.\ llLlMUO;>.E ll-13 lti 18 M~oosrrlttl. foto e dl~cg-nl non pubbllratl non si restltulsrono ITALIANI SANTE MONACHE·SI * IX ALTO - a suu tra: Ritratto: a de tra: Cocktail Iì'ì BA O - a sini tra: Fiori: a destra: Pae aggio * .... UNAUTENTICO ARTIST 1 * ì\Ionachc i è uuo dei pochi pittori italiani capace di far cantare il ·olore; la sua inquietudine lo porla a l ntare le a·trazioni delle fig.ur geometriche o l'enigma della pittura tonale; non c'è limit per le ue e perienze e ant non ammette che in a,rle i iano limiti ante '.\lonache ·i, pittore, da qualche anno è diventato corpulento; già di ~rossa taglia, con occhi -rotondi e neri, baffi e capelli dello ste so Colo , guardategli ma– n, e piedi per ia l un'idea appro sìma– tiva della ua statura. Un po' somiglia a quell'er di Gonciarov, un po• a Balzac stesso, ma è della razza dei divoratori, per il gagliardo appe ilo che lo eccita con– tinuamente al cibo. al \"ino, alle donne. Di lui si potrebbero raccontare cento e una avventura, e il protagonista è ,. mpre lui, Sante, con una st'dia in ma.no pronta al lancio, o una bottiglia in bocca, scolata a garganella. Sua moglie, Pari Ila, con la .frangetta quasi ·ugli occhi alla maniera delle mo– delle di Monct - o di Renoir -, un h1c– c10 di velluto intorno alla gola, ha smesso di corrergli dietro. per baciare a, due lìgli nati dalla loro unione: li potete orpren– d re pe:·o sui di\'ani del Caffé Cano\'a, rare ,·olle insieme, ma scmpr a portata di voce e di sguarrlo. ~nte passa eia un clivanò all'altro, o à1segn, su fogli di carla straccia, si al,a, ritorna, agita contmuamcnt<' l<' gambe come • segui ·se 11tempo d1 una musica, Infatti, gli piace ballar<', far festa. bac– cano: è un \'ero indemonialo. Ba ta dare un· cs:hiata ai suol qu:>dri. Monachcsi è uno dei pochi pittori italiani capace rii far cantare il colore; ma la sua rnqu1e– ludine lo porta a kntare le astrazioni dene figure geometrich o l'enigma della pittura tonale; non c'è !unite per le sue e~perienze e Sante non amm tte che m arte ci siano limiti. Certo, mangiare In sua compagnia, è uno spasso: 1 maiali di stomaco ,e lo do– vrebbero mettere davanti, lo dovrebbero avere per m dico d esempio, gli dovreb– bero dare uno stipendio, solo per vederlo mangiare e bere. alo a Macerata un po' di quarant·an– ni fa, verso i quindici incominciò ad in ta– gliare mobili per camere nuziali e casse da morto: festoni di fiori, pulli. stemmi ed altre !acili allegorie. Lavora\'a a giornata nelle gheric del– le montagne intorno al suo paese; poi la moda decadde, di farsi intagliare I mobili, e Sante apri una bottegµcc1a d'arte, uno studio. Il maggior lavoro, come accade d1 solito nei paesi, glielo fornivano i morti: e cosl Monachesi fece centinaia di ritratti somiglianti come fotografie: credo che le case di Macerata s1eno ancora piene di quegli stupefacenti ritratti ad olio. Mona.chesi ha sempre lavorato sv Ito: ma in quell·epoca arrivò a stampare dieci ritratti in un giorno solo, lavorando la notte con una lampada di cento candele a guisa di proiettore! A Roma capitò per caso, av<'ndo sco– perto. qualche mese prima la pittura di Céz,mne e di Van Gogh sulle fotografie di una rivista d'arte: ma gli artisti che arrivano a Roma. sia pure per caso, non ne ripartono più. Dapprima futurista, al seg\lito di Boccioni e di Marinetti, poi scenografo al Centro Sperimentale. in\'cn– tore di pannelli decorativi in gomma, la– voratore formidabile affamato cronico, i primi anni romani di Monachesi furono un'impresa omerica di digiuni che si pro– lungavano sino al limite delle forze e di mangiabevi che si sarebbero potuti pro– lungare per tutta la vit~. Abila1·ano in quattro amici in uno stu– dio in via delle Colonnette, e invece di pagare il fitto, preferivano dare di tanto in tanto qualche quadro a un avvocato esperto in opposizioni, rinvii e proroghe; ma se gli inquilini legittimi erano, di gior– no, quattro, la notte diventavano legione: chj · non trovava posto nell'interno, àor– miva per le scale. (Artisti meno fortunati, mendicanti e prostitute de!la Roma di quel tempo che Sante definisce, per la sua spietatezza, una foresta pietrificata). Una notte Sante trovò al buio, nel suo letto, una testa lanosa: alla luce di un fiammifero, intra,"'Vide un negro enorme che dormiva ubriaco, portato sin là a braccia da alcuni amici pieto. 1. Mona– chesi lo foce ribaltare dal materasso sul la trico; e il negro a russare beato: era 11 mese di gennaio. tre sotto zero. Altra notte, di ritorno da un viaggio fortunoso (che forse racconterò a parte, in un altro articolo). aperta la po, t.i, lu· I"Ol1v respinti sul ballatoio da un fetore insopportabile, m ntre qu !eh cosa di macabro abb1glia\ a dal centro d l pavi– mento. Invano tentarono di accendere la luce: un aflezionato cliente del dormito– rio ru,e\·a r1.1bato i fili elettrici e lampa– dine. la;ciando per tutto ricordo quella macchia abba!(liant d1 luce foaforica: un piatto di card , ormai putrefatte che ~pandE'v3no quell'odore nauseante e quel barbaglio sospetto. Dovettero la ·ciare aperto lo sbUd10 per tre giorni, e dormire !11 altri post1. ogni nntte in un po·to di\'cr~o. on .o proprio come ttnl qu 'l perio– do: certo ivlonachesi campò « alle spalle d Ila salute»: almeno così dovette essere, se di tanto m tanto il nostro amico. simu– lando repentini attacchi cl1 appendicite, si faceva ricov rare, a turno. in lutti gli o~pedal1 della città, in osser\"azione. Ap– pena si rimetteva in forze, scappava: forse non dava nemmeno i1 non1e vero. Naturalmente per poco non gli andò male. Capitato. una \'Olla, accanto a un altro malato, con lui divise enormi b<>c– ~ali di zabaione che la moglie di costui port..1,·a na ·costi sotto il grembiule. Fu il compagno a scappar . dopo una setti– mana, e la suora, che diede l'allarme, non e.,itò a compiangere il fuggiasco: « Tanto, è spaccialo: ne:suno è mai guarito di quel male». A Sante vennero i sudori !redcli: quel tizio aveva un cancro in bocca. Sante si mi ·e a urla come un demonio. Ci vollero tutti I dottori e le Infermiere per convincerlo, che il cancro non è conta– gioso. Da quell'epoca, non parlare a Sante di ,abaìonp: è l'unica bev;ind~1 <'hc- i:li fa ancora accapponar la pelle. Con gli osti di pertfPria, a Roma. ~ difficile lasciar conti in sospeso; è gente è1 fegato, con bicipiti ragguarde1oli e molta arroganza nella parlata. Uno rl1 questi tali, in credito di sassanta llre, an– dò a trovare Sante al Ccnbro Sperlmen– talE' a richiedergli il saldo di qu I male– detto conto. Sante capi che la cazzotta– tura era irrimediabile, non aveva in sac– roccia nemmeno un quattrino bucatri; al– l'lra a,lzò la voce, e l'altro alzò le mani. Non l'avesse mai fatto, poichè, per legit– tima dife~a, Sante avrebbe accoppato un ~,a]orJ essenziali ed eterni, sollevati a sim– foro: e cosl accoppò l'oste; poi, quando lo vide steso in terra, si mise anche lui a gemere, tingendosi m lìn d1 vita. Fmironn tutt'e due in osservazione all'ospedale di San Giovanni: certe bistec~h ! Ma l'avventura più Incredibile di San– te fu quella « dell'Ufficio di statistica n. Dalle Marche venne a Roma un paesano, con un occhio strabico. Non so eh, 2 1 a,e~e scritto che a Roma cercavano av– ventizi per l'ufficio di statistica, ma che b1sogna•1a passare una visita medica pn– ma di es.ere assunti in prova. Sante in quello scorcio di tempo abita,va in via Milazzo e mangiucchiava in un'osteria di via Goito: avev2 sinanche persuaso l'oste a ripulire ed affrescare il locale. Ospitò il paesano e. per farlo mangia– re a sbafo, lo nominò suo aiutante: per un po' tutto andò liscio. poi vennero gli esa– mi. Sante aveva escogitato di presentarsi anche lui in.;ieme all'amico Pascucci, co– me csndidato, ma di scambiarsi con lul nome e carta di riconoscimento. Invece il povero diavolo ap!)(:na intese il proprio nome" - Pascucci - rispose "presente», e fu scartato per via deU'ocClhio strabico. Fu ammesso Sante che si trovò in una specie di Sing-Sin,g, i'tl compagJnia di migliaia di disgraziati. alle prese con co– lonne interminabili di numeri e un co– lonnello che vigilava i ,·olontari forzati con l'implacabile crudeltà di un aguzzino. La\·oravano di notte ai locale del– l'oste; ma brutalizzato dal lavoro del aior– no all'Ufficio di statistica, Sante dor~iva all'impiedi e non gli riuscì di disegnare sulle pareti altro eh<' scacchi da riempire di colori diversi .L'amico dall'occhio stra– bico non raramente sbaglia,va la tinta; e allora furono messi bellamente alla porta dall'ufficio di statistic1 e dall'oste. Roma ridiventò Per Sante una vera foresta pietrificai , ,,1 DE ANGELl8 )

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