la Fiera Letteraria - XI - n. 12 - 18 marzo 1956

D~menica 18 marzo 1956 LA FIERA LETTERARI Pag. 3 DUE POETESSE * PIA D'A LESSA * ORIA ENEAN E L L ZIO LTIMA IN rocENZA Bianco ti sfiol'a la tempia tl marino crepuscolo. A! Hmo11ese, china e l'ombra della n:la batte s111/at11a 1111dapaUa. Apre la barca nel campo del mare u,, solco gu i1.za-nte e l'11omo t, pal'la, fra b ri"idi di spume. A11cho 1/ t110animo si spnJan<"n e trema a 11U0L'c dsion,, mo il corpo resta lontano dall'abbaglia1'te g1os/1'a, confuso al renio marino. alle al:1he, al/r, l11ce d~l morc11te sole della t11a infan.cia: RICHIAi\IO /t."on pare, ma forse è già l'ora di raccogliere le mie cose. Morte: parolr, durn. G11al'do il cielo di prima"era che si fa bia1'co nella prima sera. Morte: pal'ola lieee, forse "'' ignoto bc11e che no11, è u.111ano immaginare. ii'Ia cosa posso coHserva,-e di questo 11wndo che amo, se t" mi chiami? Jl.fi guardo intorno come chi deve partire: ma è irn.'a.Jtracosa morire. SERA DI 1ARZO L1111a zz11rra sulle gote di macile,ue ragazze al ritor"o dall'offici11a. L1t11ti di biciclette e campa11elli. Soffia s11lle camicette gualcite e fiacche la primavera vicina. Ai cancelli dei passaggio a li"ello si arrestano a frotte, si am»wcchi<rno soffici e inquiete, confitte 11elle maglie della notte come uccelli piombati nella rete. ARCOBALE O Tu.tti i colori del mondo si sono la"ati •tella pioggia ed ora son così. puri che tentano leggeri aerei e u11 po' st1tpiti la scalata dei cieli. PIA D'ALESSANDRIA * ADRIANA IV ANCJCH * SE u T GIORNO ... Se "" giorno la Speran;;:a e1'treriL che no11 trovi porte per sf11ggirel Chiudi gli occhi, suggella le labbra al'resta la 11tenle. Ci,stodiscih come ILn fiore che può appassire. LU GO QUESTE STRADE L1mgo queste strade che percorl'eremmo [insieme ingigantite si sono le aga vi al sole e pitì à'tina contro il cielo ha innalzato l'estrema offerta del primo ed uUimo fiore. Pii, levigati d'allora sono i ciottoli. Invano cerco di ritrovare wi'impronta, un segno del nostro passaggio. ~ESSUNO CONOSCE Quando cadono le pii, grandi foglie altre ne rispuntano, e rimango,no uguali. Si rinnova l,:,.terra clte accoglie le radici, il c ielo che mi rinchiude, dii;ersi i ni.di intrecciati ai rami, ma io se mp re t·erde e uguale. Nessuno co1'osce il 8egreto delle mie ce11to e cento foglie canute. VOCI Queste voci, ossession.anti voci, q1teste lontane ,;Oci che gi11ngo1'0 oltre il muro, quali sguardi, gesti sogni inconfessati nascondono 1 ADRIA~A IVA~CICll · LAURA ZlEGLER: figura ~·rua ,rotte del 30 dicC'mbrC' ult;mn 1trm«o !U ,. 1t1)c11ln a Bonn Pietro Solnr,, rtt1n,.pnn– ,ln1te del • Cnrncrr rlC'lln Sc– rn dfllla Gcrmnn,n Or:C'11lr11- tnle. Solari non è 1ttalrl 1tnl– tnntn. un intell19f'ntc cd n,·11- tn 91ornul11ttn. che ,·onobl1c la .'uta pro/c.,.,,,,,ie ron 1mpe– norc c,pcr1c11:n, mn ,inrl,e trn /11113,w1Q letterato, rh<'- Jtn &aputo Jottdere ,n t ,itto lo ap1r1to cl<'l Not.:er:cnto <: In forma riel C1_,aqu<:rentu, 1l ~e• colrJ rhe 111u (rnnn/rnt•a per rclcqun:n tl<'lla lrnyi,n e il ;~1g;-:t~r~c1t't~~t1t;f~ ~~e;,(';~: reo periodo lflori<'o. Di Solari 1trr1ttnrc forbir" e a 1111 tcmpn /tn1lnttio1w, .10• no t:ulidc1. tcstim1m,c111:n, 011- chP JHÙ, rici e .,cn:,:i • i rar– ronti 3cntt1 prlmn < he 11 [li<>r– nal, ...mo I() o,·r1«pa.,.,e rntcrn– mr11te: La Pkt•lonclna, La co- ~a alr~:.,1 d~~~•1~~';; c~~~~licfi~~a; Incisa la carta geografica del luogo In wia bella tavola di quercia. larga come una spianatoia per la polenta, la terra intorno alla vena fonda del fiume. alla foce del quale Enea era sbarcato, si chiamo Lazio. e l'altra che rabbrA.c– cia,·a )"Italia. parola che al– lora si pronunzia va con una aspi razione aspra., come se avessero detto Vitalia. terra della ,rita; e poichè l'uomo crede volen t!erl al presagi fausti, il nome piacque a t.uui. Più difficile. come 1a Storia Insegna. fu lare gli Italiani. Nessuno del troiani invasori avc\'a sino al1ora visto un so'.o esemplare di questa razza. Qualche disfattista pret<!nde– \'8 anzi che non esistessero. Ogni sera tornavano gli esplo– ratori mogi mogi alla tenda di Enea. con un viso lungo e gli occhi bassi. che erano da soli una anticipata rispo– sta alla consueta int.erroga– zlone del Capo: - Qual ml recate novità? - Enne enne. - Né uomlnl vedeste? - Manco l'omhra. Maestà. - Oh. rabbia. La mattina dopo altre pat– tuglie pa.rUvano e la sera la solita scenR si ripeteva da– \'Rllli alla tenda del Coman– do: fremendo di malcelata impazienza il Condott.iero u– diva per la quarantesimA. vol– ta l'identico rapporto: zero via zero carbonella. Il Comando ricorse anrhe ag1i indovini. come allora fa– cevano i mill tari ma Zosimo, capo degli arùspici. aveva una \'isione sfocata e ipermetro– pica de! futuro .e del pre– sente non sapeva dir verbo. - Vedo - diceva - gran– dissimi uccelli In volo che non battono l'ali. grandi o– gnuno come dieci aquile. rombano come tuono. sono tutti d'argento ... - e rim•• ne\'a estatico a naso aJraria a guardare in cielo in dire– zione di Ciampino. Cosi non cavarono un ragno dal buro e Il credito dì Zosimo ebbe un forte trarcJ:o nell<" sferr dello Stato Maggiore. L'unire che ancora gli da va rrttflò era Kalorlno. un pilota disfattista - Kalor:no - disse Zos:– mo - perehè ti hanno mes.sc• al ferri? - Eccellenza. il mondo è catth·o. Mi hanno sgnaccnto 1 dentro per a\'er gridato « ala– là ». S\ figuri un po' lei. I - Consolati - disse ZOsl– mo - fra una trentina di ! secoli tl iscriveranno fra i pre- : cursori. Attento però a cader giusto. pcrche qualche anno dopo ti rificch•rebbcro den– tro un'altra volta. Ma dimmi. 'I ti farebbe piacere di\'cntare • sergente maggiore? i - AJ giorno d'oggi, Eccel– lenza. senza protezioni non si fa niente. La carriera è per i figli di papà, e di mammà, guardi Enea. .. - Vuoi star zitto, bestia? Piuttosto dà retta a me: se ,·~o! diventar sergente mag– giore \'B a pescare nel nume. Vecchio lupo di mare e be– vitore al cosp etto di Zeus. Kalorino od.la \'8 na tu ralmen– t.e tutto ciò rhe In qualunque modo ricordasse l'acqua dol– ce: figurarsi un fiume. - Io andare a pesca in questa broda gialla. In questa lavatura di p 1 attl del Tevere? Nemmeno se mi fanno sotto– tenente del Corpo di Sbarco. Invece la sera stessa cl ri– pensò. Una provatura costa una lira. disse. vediamo. E s·avviò. s·era scorda lo il me– glio. la rete. e per arma non aveva che Il trincetto {faceva un po· anche li ralzolalo a tempo perso) e con QUe!:o anda,·a dlstrat.tamente mon– dando dalle foglie un virgulto di sanguinella. Un pas,o die– tro raaro ave,·a fors? fa tt.o un miglio. quando sollo un folto di quercioli della ripa del fiume. che In quel punto t"ra alta e scoscesa. gli pA.rve di udire una voce. Sorpreso st.ette In ascolto ma per un tratto non ud, piu nulla. - Questo - pensava - de– v·essere il vino dl iersera che ancora par!A. Fa per andar oltre. risente la voce. Adesso era un altro a parlare. una voce più ro– nora e grave della primu. Come se quel suono l'avessn destato. Kalorino si gua·do Intorno e vide che s'era la - to buio. più notte che sera. - Che diavolo potra esse– re? A quest'ora li silenzio de– ,·e e&sere suonato da un pez– zo. Che fanno costoro lontani dal campo? Le due voci ripresero. A.scol– tando. a tratti Il pilota a,•eva anzi l'impressione che !os.c:-.ero tre. for.-;e anche q11attw a parlare. senza che 11:1venisse fallo d'intenderli. Tendeva Io orrcchlo. e non afferrava pa– rola: taratà .taratà. tara:à ... - p•ggio che tu reo. Il pensiero che coloro po– te<Sero non essere troiani ma n~mlcl gli venne a tradlmen- • to insieme con un sudor i.no freddo che gli impcr:ava la fronte. una Ignobile trema– rella delle ginocchia lo In– chioda va. alla terra. - Zeus li strama:edica. pro– prio a me dovc,·a capi tare. Li vanno cercando da un mese col lanternino, doveva spetta– re a me, che non li ho mal cer– cati, cli scoprirli al buio. Per– ché questi - Kalorino mio. non tl fare lllusionl - sono laziali ùella più bcll'acqua. nemici di Troia al cento per cento. La paura lo teneva immo– bile, Impietrito, sul palmo di terra su cui si era tro– ,·ato al momento della sco– perta; ma polche star fermo era tutto ciò che poteva gio– \1are all!l. sua salvrzza. fu quella una fifa provviden– ziale. - Scappare - pensava. E' una parola. li bello, lo so an– ch'Io. sarebbe sgattaiolare fra questi sterpi fno...~rva to. ar– rivare all'accampamento e presentarsi a Enea e dirgli: « Sacra Corona. vienne col tuo m'\riniero a rimirar qua– le scoperta léssl: l'Inimico ad un palmo dal nostro scoprii naso». I V"rsi non tornano. forse. ma una scoperta di q_ue.stocalibro si può ben an– nunziare in prosa J)'}vcra. Qui gli sorvenne di clo che gli aveva detto Zosimo e del• ravanzamento a sergente maggiore .e fu un lampo che gli ridette il coragg!Ò leonino di quando av"va bevuto. Già vagheggiava con l'occhio del– la mente le spalline. quando fra mezzo alle quattro ombre nere vide nascere le prime lin– gue di un fuoco che qu~lli avevano acceso. Crebbe la fiamma e finalmente li vide. gomito o d' an.sa a loggia di slgma, opari anche ralont e tutto torno buio prsto; e Il ca!zola.o \'la a gambe. Cou la distanza sentiva cr~– scere la paura. una paura retro.:,pettiva che gli m~tteva le ali al piedi come a Mer– curio. - Alto là! Chi va là! Nulla è plu pencoloso d'una sentinella destata di eopras– salto. Ma Kalorino ave,·a buo– ni nrgomentt. - Che al'.o là e chi va là! Fate luogo. Lasciate coirere un Informatore solerte alla tenda del Capo con notizie sicure dei nemici! A questa parola: nemici. gli furono attorno In r;,. In dieci. m cento. e rallarm corse tanto eh€' arri,·ò pr;ma dJ Kalorir.o alla tenda dt Enra. Era Il Condottiero In gran ronversazlone coi Fati. nel meglio del primo sonno. Duro fatica a svegliarsi e sbagliava due versi su tre. - L'inimico? Che fia? Miei prodi. orbene ... - Calma. Sacra Corona - disse Kalorlno - non rono che quattro lnimlci: ma co– me campione vorrei bene che Sua Maestà lI vedesse. Quatti quatti. guidali dal pilota-calzolaio. tre p!otonl esplora tori del Reggi men t.o Tebe uscivano dl 11 a poco dal campa. in ordine sparEo di battaglia; e un'ora dopo tornavano col quattro pri– gionieri e sette chili di pesce al cospetto d'Enea. Di fronte all'esercito schie– rato. fra Il balenar delle fiam– me del bivacchi. il pilota di prima classe Kalorino fu pro– mosso seduta stante se~ente maggiore della Fanteria di dlnl \'enlvnno eseguili I pri– gionieri. guardand~! ;·un l'altro com<"per aver con!er• ma di quel che I loro o•·ch1 ,·cdevano e non \·olcvano cre– dere d·avcr veduto. 5·anda,·a– n.o r..nfrancendo. Al 1 'arrJ,·o drl tìaschl blava no g~à su l.a vita come qua:tro pa.ad .nl di Francia a caval!o. - C;n e:n! - gr~do 11 ser– gente runggtore facendo coz– zare la sua con le quattro tazze Jevat~. - Cln cln ! - rlf-.poS<.'ro con entusiasmo i c;ociari. E fu la prima voce che dcttrro. Poi arrh·o l"abbacchlo con le pagnotte. e Kalo:ino. t10t– to mania.mente il tnncet~o e arrotat.oio un tratto cuntro la lesina. comlnc.o a t.P.~iia– re gran fette di pane e toc– chi di ciccia fumante: e tuitl a bere e mmg1are d'amorr e d'accordo. p:U fratclh che ne– m1cL pareva un quadro del– l'età dell'oro. Per qualche minuto non si udi che un dimenar serrato di gana.;ce. solo i:ncrrotto dal gorgogliare del vmo Lracan– nato a garganella e da certi srhlocchl di lingua che pare– vano scu!acclate. - Salute! - Salute e figli maschi! - Bevi. bevi. (rat.ello, se no t'ammazzerò. - No. no. non m'ammazza– re. che adesso be,•ero. - Risposta da gaiantuomo: cm cin! Sul finire del convito Il ma– nigoido. che era la previdenza in persona. fece servire altri due fias<:hl di ,•!no e Il cal- 7.0lalo cominciò galantemente a castrare col trince:.to i mar– roni. chè non facessero il bòtto: nondimeno uno 1:cop– plò egualmente: ratto Kalo- corno da caccia. chiamala II popolo a parla.mento; m:..1 la felicita visitava più ,-olentle– rt le caverne rhr 11 Palazzo. Povero Re Latino' C2r:c:o d·oro. ma anche di anni. pa– drone <11 tu tt.o e di tu ttt. non Ili se stesse., Insonne quando tutta Laurento dormJva. ac– clgllato nei lcsllnl, wbrlo fra gli ubriachi. gli accadeva ,o– ,·eote passando davanti a una caverna di fennarsl a ton– slderare 1n M"mp.Icil a e sch'Pttrzza di quel suoi am– m'n1stratf. com"' ogni etto della loro v!ta era nat.urale e sereno. n mocclo:oro in• teramrnte nudo provava la forza del primi denti nd un torso di ravolo. contese.gli da un agnellino poco plu grande di lui. un pecoraio apri\·a su!– ia rozza la ,·ola un .c:,acco e ne uscivano tonne di cacio e mele e tutta la famiglia. una donna. sei o sette ragazzi. g'I erano tn tomo a far festa; una fam~glia mangiava farro o polenta: una pecora Jigllav&. assistita umanament.e da dic– ci persone: un uomo russan– do introna va la caverna. con tutti I figli lnt.omo a far bu– riana: Lallno. rosplrando, si rltira\'a. Il Palazzo, nudo e squal– lido. al ritorno da queste In· qul.slzlonl. ,gu pareva una pri– gione. In un canto. con la rocca o Il fuso, Amata tiia\'a; ,·ecchia agra e stizzo~a. non aveva ormai che un pens!ero: maritare onorevolmente hl fi– glia. e a questo proposito a– veva da anni con Latino que– stioni acerbe che terminavano la vecchia sbattendo l'uscio. Lavinia met.tcndo<:;i a piange– re. Latino allora usciva di nuo\'o. col diavolo in corpo. Questa Lavinia era la gio- rIETRO SOLAI\! sche di quercia. Era un·am– bascena mandata da Enea. cento ora ton con doni rie• chiss1ml per Il Re: I pnml ufficiali del campo troiano. troppi a ogni modo per en– trar tutti nella sa1a da pran– w cli Latino. do,·e era il Tro– no. Ne entrarono quan~l ce ne pot.e\'ano entrare. men re il grosso rimaneva dlna.r1zi al Paiazzo. attom1ati dalla 1ur– ba dei ,·mani armati di for– che. E IUoneo. che era j'am– basclatore. disse: da,•antl al fatto compiuto. Si salto a piedi pan la forma~ !Ila delle pubbhca.uoni In mn,. niciplo. si fece a meno det– ratto di morte di Creusa. cre– dendo suJJa parola del udan– zato alla sua as...,.nta ved~ \·anza; e. quanto al co~ n.ro della Regma Madre. eh'! er a l'ostacolo piu gros.so. La tino tagliò corto dlcenèo al Ooar– daslgllli: - La Regma è morta. vitJa la Regma. POETICONTEMPORANEI - Sacra Corona. noi slamo troiani prof ghl e raminghi dalla perduta patria e il no– stro Re. signore nobIEs..c;imo. ha nome Enea. a1 quale è co– mandato dal Fati che tomi a questa I alia .nostra ant.fch!s– slma Patria: e chieda a quel Re C'hela comanda tanta ter– ra che cl possiamo v1.v€'rc di Amore e d·arcordo tutti quan• u: e 10 segno dl pace ti manda questi doni. da noi sal– \'atl a fatica da trentasei naufragi. E non fu nemmeno (alc,o In atto pubblico. pnche Ama– ta. udita que11a amara e de– hnitiva paro1a del con..-sorte. corse nel bosoo sacro e s1 :.m– p;ccò colle sue stesse ch11Jme ad un annoso albero d1 su– ghero polveroso e canato co-– me lei. Siccbe la sera ci tu Il Palazw un pranzo che n."9- suno seppe ma1 bene se fosse il banchetto funebre c!elkl madre o il Cestino nuziale del– la figlia. Tuttavia Il po:x,!o. che non va troppo per U sot.tile quando c'e da ma:ig:.a– re. non. chiese sp!egSZ1oru. n consenso alla politica delia corte non era mai stato prù C\1dente .Ma Lav-inia a tese in,~ano. trepidando. queUa notte ... Mentre ancora il po– polo ga\""azzava per le strade. illuminate dalle torce a ven– to. Enea aveva oonvocato nel– la sala del Torno il Cou.tiigho della Corona. sotto la presi– denza del ,·ecchio monarca indigeno. MARIO STEFANILE .... A MARIA SANTISSIMA .llaria, donna di lnce che m.alerna con. i11esau.stacm·itcì ci assisti dal cielo, oh. guar,tc, qua,.to ci fa tristi il buio del/et carne, e rlisetcnw! L'armonia delle membra, l'arditezza gio,;anile degli ntti e dei pe11siel'i da cui siam ..presi, son come una brez::a /l'esca, clte vie" dal celestiale ieri. L'ieri è il domani. So che t1<sarai accanto a m.e con mi<t madre nell 1 1Jra della morte: e a JJCJ.ssar m'aiuterai. Svezzerò certo le catene, allorc,, delle passio"i ch'io stesso fo,·giai Chiuso nel buio che semprè m'accora. RITRATTO I UN CIRCO Lo pantere, che strazia il dQmatora 1'ella gabbia di ferro sulla vista no11 ha crndeli al'tigli pii, dei tuoi se •·idi e f11ggi .tilania1'do il poco ,bene che mi lasriavi.. Tra la folla corl'e i! grido di morte e trova un·eco /i11 sui trapezi immoti e sulla bocca enorme dei pagliacci e nel nitl'ito dei pazienti cavalli gidcvlieri. Q11i t11tto è indi/ferente 11iù del mare che batte eterna mente sulle pietre. pii, del cielo che muta la sua 11ot/R i1t "" gelido occhio, pii, del raggio della 11Lllache 11assada 11110 squarcio della 1)0Vera tenda ..... E non mi resta s111la, sabbia ciel cuore che u11a st1'iscia di sangue che s'impolvel'a e sbiadisce sotto il /uQ fatuo /<uso. Erano quattro sacripanti co– perti da capo a piede dl pelo. Il corpo dl velli di pecora. li viso di barbacce Ispide e incolte. come Fauni o Si:cni. Il capo dt una Irta e selva– tica capellatura. li fuoco di– vampo. Kalorino comprese che era una fascina. Vide poi I quattro armarsi di llocine. come per pescare; e qui Ka– lorino. ricord-andosi QtHUlt.e volte da ragazzo a\ 1 eva fatt.O lo stesso sul gret.o dello Sca– mandro o del Slmoenta, so– pirò per la nostaìgla e la invidia. - Be! tempi. per Eraele! I quattro pescatori erano chetamente scesi in acqu" In un punto In cui Il fiume si allargava In un ampio ghiaie– to e pian piano. prrcedu li da oucllo che portava. Il fuo– co. si disponevano a rl;ailre la corrente. Di h a qua!rhe minuto erano già distanti une. ventina dt passi. con la fa– scina che crepita ve. e rosi immedesimati nella pesca che per farsi sentire Kalormo a· vrebbe dovuto prenderli n sas– sate. on parlavano più. for– se per non spaventare I prscl. e ogni tanto uno dava un guizzo e una slorchettata nel• l'acqua. al'.a quale gli alt rl rispondevano con mezzi gru– gniti soòdislattl e con lnte– rie7loni e risa soffocate. Kalorlno. preso U tempo. si mosse In punta di plrd,. In tralice. come un gambero be– stemmiando la terza Parca e altre divinità secondarie a ogni frasca o stecço eh~ gli crocrhlava sotto I sandali. Presto non Il vide più e n~n distingueva che Il chlamre diffuso della fascina. hnche e. una svolta brusca del fiu– me, chi faceva una spe.;le di a MARIO STEFANlLE Marina ,per merito di guerra. La ma t.tina dopo verw mez– zogimno 11 calzolaio venne à rcdere i suoi prigionieri e Il Lro\'O. come si llgurava.. più di là che di qua per 1a pau– ra. acquattati per terra come bestie battute :tutto quel pe– lo Irto e sconvolto che ave– vano addosso li faceva ~ml– gllare a grossi uccellacci dal– le penne rabbuffate, accoc– colati al riparo deUn tem– pesta. Tutte. la mattina gli uffi– ciali del servizio Informazio– ni li ave,•ano tenuti sottn un fuoco di lila di domande. sen– za riuscire a ca\'a..me una pa– ro:a; e ora. mentre gli in– quisitori erano a mensa. un manigoldo e due tirapiedi pre– pararono con o.stentazione un nuovo interrogatorio. - Ohibò! -. esclamò Ka– lorino. Cosi trattate I miei prigionieri? Levate quei ca– ,·allettl! Buttate a fium• quei chiodi e quei tizzoni! Via quelle tenaglie! Via quella ruota! Via quegli stocchi• Per le mie spalline. a chi dico? Spa\'entati dalla ,•ist.a d•I galloni nuovi del sergente maggiore. gli sbirri s'affretta– rono a tagliar la coraa Ka– lormo li richiamo e meditato un poco disse 1n esam 0 trl: - Tre fiaschi di vin di COo a me tosto reca te. - Signorsi. - E quattro pagnotte fuori ordinanza. - Signorsi - E tmo della mensa uffi- ciali abbacchio arrosto. - Slgnorsì. - E adesso rimettete a po- sto Il braciere. che serviri per arrostire le castogne. D~•..!ll'O– front! Man mano che questl or- Cl USEPPE COLLI * MINIERA Le lampade si spe 1'se1'o e le parole, luci di spe ran.za, noti ebbero l'aria ver accendersi. La gallcri<1 fu 1m caleidoscopio di pensieri inespressi. Fuori, il pirmlo delle madri intristiv!L gli atto1titi occhi dei bimbi. E la morte lit "i.sta correre bi una fredda ombra di ve11to. RICORDO <Quell'alba> ci colse nel sonno e la panl'a /1t l'ultima tna /ebbi-e. Noi che t'edemmo la vita cadel'e nel solco del l'icordo portiamo il solitario dolore della memoria. DONDE 1I VE r E IL MIO DESTI1 O ? Donde 1ni venne i.I. ·mio destino1 L'orecchio de/ cuore non udl'à mai calltal'e le allodole della speranza e il vensiel'o, ,enli1'ella del dolore, veglieni la notte sulle ferite al limitare della pena. Uamol'e sarei la fresca illusione che spegnerà la sete di 111orte; maschera d'ombra i11 l'Ogo di luce. nno sl ,-olto a guardare fisso e indagatore ora l'uno ora !"altro prigioniero. con una faccia più boia del bòja_ e questo glieli dette prig1orueri un'altra volta. per la ,·itb. Quando gli ufficiali del scr– ,·izio mformazioni usciti da mensa tornarono per vedere a che punto fosse la torture., Kalorino e i burrini stravac– ca ti per terra. con un fiasco per uno fra le gambe. gli oc– chi faziosi ed il viso conge– stionato, giuoce vano a morra con certi «sette» e «cinque» e «tutta» che si sentivano lino alla tenda del Comando. dall'altra parte del campo. Ma terminata la partita e ripreso a cioncare e in qtiesli diporti venuta la sera. Kalo– nno poté recare allo Stato Maggiore tante notizie certe r dirette del Lazio quanu• ne potrebbe contenere un gros– so volume di geografia mi– litare. GrtlSEPPE COLLI ,·ane più av\'enente della cit,– là e del regno: e per essere erede dello Stato. la sua ma– no era ambita da molti e in primo luogo da Turno. re dei Rutull, giovane che per pre– stanza.. virtù e ferocia supe– rava ogni altro contendente. E non si sarebbe vista una coppia meglio appaiata. se contro il parentado non aves– sero brigato gli auguri e gli arùsp1cl .al quali l'avvenire sotto un principe bellicoso e alieno dalle cose della re11ione non pareva promettere niente di buono. Essendo Latino tut– to chiesa. come avviene di molti \'eccht. non era stato dtffic1le sp..,•cntarlo con cert<, predizioni sirustre; come i Fati, con terribili auguri. vie– tassero le nozze di La\'lnia con un Ita!iano, per serbarla a un principe che verrebbe di là dal mare. Con Amata e con Turno rrano tut.te le vecchie e le g,ovani d ella città, con Latino I preti; sorda. perenne. ma lnderisa durava la lot la. E passando gli anni. Lavinia s'era r!dot,. ta cos, ,·iclna a sfiorire. che tardandù il manto due o tre anni ancora. l'avrebbe trova– ta mèzza come un frutto dt– mentlco to sul ramo. n Sommo Pontefice. che se– deva a destra del Re. st liscia– \'a ]a barba nuente e copiosa e \i nascondeva con sussirgo un sorri..setto. la soddisfaz .io– oe del giuocatore di razza che ha puntato sul trentasei e la palhna sui trentasei s·e fer– mata. La Regina Madre. a sinistra del Re. si mordeva le labbra. La,•lnla guardava con Insistenza un mattone del pa– \ri.mento. - A me - rispose Latino - i Fati comandano d"acco- gliere un Principe straniero, e siccome i miei an\.c;pìci. no– nostante le mie insistenze. non ne vollero mai n,-elare il \ nome. puo darsi benissimo che si tra ttl del \'OSlro Re Anea. ,·oglio dire Enea. Dite– glt dunque che non solo gli darò la terra. ma anche qu e– sta mia figlia In 1spo.sa. A meno - aggiunse a ssalito da un dubbio fondamentale - eh'! il ,·ostro Re non abbia già m'lglie ... - No. no. è vedo,1l - s'af– frettò a dire llioneo. - Benone. Dltegh dunque che \'enga e C'he lo a:-petto più come un padre che come un ospite. Amata. come l'umiliazione non bastasse. do,·è sfacchina– re tu lta la ma ttlna ta appres– so alle sen•e per iJ pranzo. E sfacchinando scbizza,~a ,·e– leno. - Scostumatl, morti di la– me! Per (are un·amba:;ciata. manda su cento scrocconi. Poveri pollastri miei. poveri abbacchi: po,•ero 11 mio vmo. il mio cacio. 11 m!o pane; me– glio valeva but.tarlo ai rani. Cento bocche. cento forni. A– priti pancia mia, latti ca– pann a. Il p ane dello stupido è il pri.mo mangiato. Non ba– steranno t re \'itel1e. Avete ti– rato Il collo al polli? Co.si potessi llrare Il collo a lui e ai suoi mangiaufo. VelPno. veleno! Un insulto di bile anche più amaro la assali alla \'i– st.s del doni ricevuti e di quelll che Latino anda,a rac• cogliendo per ricambiarli - Uno straccio dl porpora. tre cocci di vasi, una spada arrugginita. una collanina d'oro balordo. d1 quello che fanno le cl,ette. cl vuole la sua faccia tosta a c.1andare questi presenti a pari nostri. Specchietti per le allodole. t.rappoie per i sorrl. Ma ,·er– rebbe ,·oglia di fare come al– l'osteria e presentargli lo scotto di quello che ml si m1mg iano sta.mattina t suol cer.to ghlottom. E (IUardate qu el fesso d'oro di mio ma– rito: \'enti ca,·alli maremma– ni da sella .per ncrunbiare due chiave e:reche. eì botti di \'ino dei Castelll! Via via rhe è roba rubata. A guastare la festa. sul me– glio del pranzo. capitò Turno. con una guardia di suoi al– tezwsi baroni. E se non resse stata la reverenza do\luta alla barba b!anca di Lallno. su– bito corre,•a più sangue rhe ,·ino: gli ufficiali troiani ed I nuovi venuti. si guardarono un pezz~ in cagnesco. Poi d'lmpro\'viso Turno. Il ,·lsn scuro più di un temtx>ra·e. rimontò a ca,•allo. spronò a sangue e scomparve. I giovani dt Laurento tor– narono sugli spalti a esPrci– tars1 sull'anm per la guerra lmm.nent<,. lo anucamera Ka!orino di– rigeva Jl sen·1zm di sorveglian– za. dopo avere !nslal!ato LI corpo clJ guardia. per supeno– n neces.sità t.atncbe. neUa cucina, e il quartler genera-– le In dispensa. Amata. "" a– ,·esse potuto ,edere cio cbe accadeva in quel suo cbluso regno. sarebbe morta la se– conda volta dJ bi le. ln tan t.o nella sa.la e nello atrio era un and1nvieni feb– brile e serrato. ma non con– fuso. d1 staffette. di portaor– dini e di ufficiali e Kalonno si ingegnava d'mterpretare TI– .so e missione di ciascuno; am• ba.sciatori alle clltà v,cme e alleate con richiesta u.rgen e di amtl .ordini alle truppe re– gnlcole di t.eners1 pronte per Il d1 seguente. alla gue.rnigw– ne clJ far buona gue.rd1a alle mura_ bando dl 11'\'8per I più gio vani, ist ruzioni agh araldJ d1 lancia.re all'alba un presu– to detto della Libertà Nlll(>– nale. pubbllcbe preghiere nel temph. Da queste notiue e indiscrezioni raccol e al pas-– sagg,o dei messi e a ogni S<>Cchiudersi della porta ,11 sala. ce n"era più che abba– stanza per dedurre la nnt.ura e portata delle deliberazioni del Consiglio. , - O ran destino di queslo uomo - pensa\'a 11 ca1U>la10 dJsegnando con la punta della spada dei geroglifici nelta ce– nere del camino - gran de, stillo che non abbia mai a tro\'ar requie un istante; non sono tre mesi che s·e libe– rato da quella attaccat!ccla cartaginese. ecc:olo maritato un'altra ,·o!ta. T1 piace l'Un– to. generale? Una bella ra– gazza. uno scrollo clJ zeccttlnl sùblto e il reame a bebbo morto. chi non ci farebbe. specie un boccio d.! qua ,an– f ann.i suonati come luI? E non le ha ancora infilato lo anello d1 sposa. ecco che la suocera gli si impicca. grazie a Zeus. nel bosco sacro. Che cl ~orrebbe di più per star– cene una buona \'Olta tran– quitli e In parte tutti quanh, lui colla sua spo.sma ancora fresca. dopotutto. e noie.Ilrl con questa grazia di Dio in. cucina? Nossignore! Ecco che si prepara un altro sconquas– so per via dl quel (urioso prlnc1potto dl ier l'altro. che non manda. giù l'oltre.gglo: come se si potesse dare una sposa a Turno. ohibo. Basta. qui la matassa s, sta imbro– gliando un'altra volta. Zeus ce la mandi buona. Oltre sei templi di marmo. c'era a Laurento solo una ca– sa murata: la ca a del re. Il resto era una ressa di b~rac– che e catapecchie dJ ta\'ole e tronrhi di a 'bero sordide e lerci e, Amni>ts.c;.a te m d.... ppia fila al lati dcl!'un!ca stradu– cola tortuosa. i.I Corso. lunga quanto la città. A ridosso del monte le catapecchie scompa– rivano per far luogo alle cu– reme. Qui il popo:o vi\·e,·a ln georgica proml. cultil con capre e pecore t.' buoi. utta– \'ia meno bestla:m•nte di quanto si possa pensare. I tru– glodltl. levandosi ritti allo uscir dl caverna volg~vano uno sguardo pieno di ~nvidia alle superbe colonne della ca– sa del re e alla finestra dalla quale Latino. so!Ilando un Una mattine i giovani della guardia reale. mentre tace– \'ano alle Cone sugli spalti di Laurento. \'ldero luccicare in lontananza dalla parte del Tevere rami ed argenti. co– me di gente armata. Chi cor– se a Palazzo. chi alle porte: chi a da re l'allarme e suùnare Il raduno. La città era già. tutta a soqquadro. quando si vide che la truppa non erano nemici ma uomini inermi e pacifici rh~ venl\'ano innanzi agitando rami d'oll\'o e fra- Lo sposalizio fu celebrato in frett'm furia. porhl g1çrni dopo, con una fretta indeco– rosa. in barba alle più tassa– tire e venerande regole del!a etkh•tta di Corte. premendo al Re ed al SUOI Sacerdoti di mettere l'arrabbiale. \'ecchia Verso mezzanotte. finito U Consiglio a Palazzo e nella strada il tumulto della festa. tutt~ Laurent.o dormiva_ me– no i posti di guardia sugli spalti. Lavinia s'era addor– mentata vestita sul l etto nu– ziale. Kalorino ron.fe\ 'a in cu– cina coll'alabarda e un fia– sco a portate. di mano. Vicini lontani remoti giunge\'ano a quando a quando i nchlaml delle scolt<,: - Sentinella all'erta! - All'erta sto! Enea guarda\'a la st.e!IR di Venere. che non era mai sta– ta co i Iuminl)SR come quella notle nel cielo del Lazio. PIETRO SOLARI ,. -

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