Fiera Letteraria - Anno VI - n. 2 - 14 gennaio 1951

Domen ica 14 Gennaio 1951 N ELLA POESIA dialenalo in 1pccial modo, occorr e distinguer e 1n poesia popob re, cioè pOeila cho n:11cc dalla Indizion e o dal ,c nlimenlo i&tinlivo e profondomcnte radi cato in un JlOpolo. e pociia che ai dice popolnre perchè adopra il lin gu11gio del popol o ptMd cndonc anche il modo dirclto di guardare o com• mentarc le cose. Bisogna dininguere tra il aentimento vcramenlo popola re della poesia di DI Giacomo che. nel \'erM> finiu irno per il quale U è apcuo parlato dei (?'cci, !ondeva pattioni e aentimentalit.i riviu ulc con lo 1teuo 111irito ia ,ten a cieca 1pont111nci1à dei auoi concittadini , , I~ mali,in trHu" i1m1 la quale, 10 del popolo u usare • mct.tl\ 'iglia l'u terio rili. del linguaggio, b vh•11cità del giu– dizio, il coJore dell'a11:geuh,o, rella però poe1ia di educa, :,;ione e di 1entime.nto borghese. L'•ccen10' lirico di Di Gia corno u1civa dal fondo del cuore napoletano, quello mo, raliltico di Triluua ripropone al popolo romano, col ,uo linguaggio, una malizia che non è di 1pontanei1à popo, l:tre, ma ai distacca conaapevolc. Biaogna 1iluare Trilu11a nell11Roma Umbertina, nell, gio,·anc capitale d'Italia in cui egli ■i educò, in quel tc;mpo auai ricco, 11uai felice 1ut10 1omm1to, nel quah all'1ntico 1pirito popolare1co delta tradizione romana pa• pale, 1i univa quello burocrallco, pia1101to provinciale che no, che la dinu ti:a piemonlcte portn a au ieme al benes, tere delle riforme innovairici, della urbanizzazione. Tri• Juua v:a consideralo l'inlerprete della Roma di quel tempo, piuttosto che dell'antica tradiziol)e pppolmre romana cht tuona profonda e 1olenne nell'autentico JCntimento popo– lare dell'aulico e coltiu imo Belli. La cultura della Rom, di Triluua era una cultura di morali1ti bempensanti, an– che se non privi di mordente, e non è neces.nrio rima• nere eul piano contenutistico del veu o di TriJuua per tro– varne conferma, giacchè il 1no 1tile, se co,l vogliamo chia• marlo, le tue facili cadenze, di per &è, risentono di quella caltn ra au ai facile, ancora provinciale; benchè aocora 1ana ed attaccata ai valori del buon tcnao. Trilu ua non avri mai un au euivo che forza i confiol del linguaggio per e,primere liricamente un sentimento, non nna irumarint che non da realiatica, che non· tia impu tala di bonomia pacata, anche ae qualche volta appare più aalace di quel che non Jal preaenti la forza del linguaggio. In Triluna ..ra meglio guardare il favollata abile e graii oao, ,olidO più che forte nei lignificati; 1eanzonato ma non oltre il bon ton del 1ignore che ,ente di avere davanti a 1è nna 101ida aocietà che dà affidamento e promette, tutto 1om• malo, quella tranquillità nella quale 1i può fare pacifica• mente lo 1pirito 1u 1e 1te11i, 1enza porlare troppi guasti all'insieme. Tutto questo ba naturalmenle i suoi lati otti, mi; 1i sente infatti circolare ne 1uo verto quel 1entimento di libertà e di liberalità che tcmbrava il cardine indi• 1trn1tibile delle 1trullure 1ociali che prendevano allora forma, cambiando il millennario aspetto della città eterna, La co.. più anraente di tutta l'opera di Trilussa t proprio in queata fede nella pouibilità d'una libertà indi• viduale che, come tutti &anno, aua i bene 1i riflettè nel carattere del poeta. il qumle mal ai auoggeuò ad altri tempi che, lfatando 1a leggenda di quel mondo che pareva 1or• gere iudhtruuibile , capovolsero i pacifici e bonomi1tici valori. So beniuimo che alcnne considerazioni di carattert contenutistico e di linguaggio cambiano aspetto quando vengano fatte da chi, dello 1pirito del linguaggio romano è diretto figlio; per chi ae n'è impoue 1ut o dal di foor~ ,rnche se ee ne ala connatnn to abbu tanu e con piacere. l'ade.tione affettiva non può e,.sere altTCtanto efficace e la commozione ritarda ac addiriuun non viene a mancart qu11i del tatto. Uno < di fuori >, in quello 1en10, special• mente oggi che il ricordo della bella figura di TrUaau t vivo ifl tanli, può 1embrare un ga11tafe1te che non rie■ce a 1en1ire quello che è il auo fascino nuco alo e 1olitario, nonchè l'efficacia di una poesia come la 1ua. Ma ben ci guarderemo dall'accollarei l'ingnto compito di gna• atare1te, in quanto certe co~ le ai amano fone di più, quando ri 1ono conqniatate invece di euercele trovate dentro ibtl a n11clla. Solo, volevamo dire che la vera poe. iia inlerprete di tutta una tradizione popolare è lirica, •c– cenluataniente lirica come in Di Giacomo, oppure è lirica e drammatica, profondamente drammalica como in Belli, mentre la poesia di Trilu 1u tende più al moraliamo, i intenzionale, ai compiace di bonomia cho cl confon a 1pc1• ao moltiu imo. anche ae canta 1roppo raramente in con. fronlo alla neccuilà di canto che s'impone al vero e 1pontaneo ,enthnento popolare.,.La aa11eua popolare è un - mito, il popolo • ,aenlimeatale prim. ch,n,,'!ag&io, monlrt TrJlnua, al linguaggio del auo popolo, alla vena rid ente e grandemente intelligente del ano popolo, ba prestato una aaggcua 11ui elaborata \be viene da altre fonti. GUGL IELMO PETR ONI LA FIE Ìl.A L E TTE R AR IA LA §TJRAIDA IE' LU NGA, MA ER IDIEPPIU' L'HO lFA TIO TRILU .SSA G IUDICANOO da Sal. vator e 01 Glaco mo e da. Trilussa, bisogna !orse risolversi ad amm ette re che nel dialet to, nonos tante l'apparenza po– polaresca e Il fare plebeo, la poesia ha raggiunto negll ul– tlmi anni la sua ph) delicata clma . Finché la lingua. degli ltalhmJ era, per 1 toscani una incred ibile "! pericolosa for- tuna, e. per l non toscani una conquista personale non me– no peri colosa , un poeta pote – va. semp re serv irsene alla espressione più estre ma della sua. poesia ; ma ora ,al glornJ che corrono, quasi gli ripu – gna , divenuta com'è un qual– cosa. di amorf o e sporco, qua nto i soldi splcc loll di te. ri e le carte monetate di og. gl, senza. più dialetti che la nutr isca no dalla. ter ra. né grandi lettu re class iche che la. irri ghino dal cielo. Da ta – le guazzabu gllo di ]lng:ua. - Ung•ua. della. burocrazia , della caserma, delle prim e scuole , del teatro , del giornale, della Un uomo salvat o dalla p oesia In Trilu ssa, se di vision e può darsi tr a animo ·ed ar te, l'arte fu coltivati ssima, l'animo n on altrettanto . L'animo in lui restò ambiguo. Sen tiva il pr~prio tempo in tutta la sua vol– gar ità e la sua ipocrisia, e non gli voll e cede re * d i GlVSEPPE DE LVCA :°~:d: r:fJg~ ~~ ~t:: do e dl•plil alto. Ma. fu poe. lSalvator e Di Giacom o un dar torto. Dopo di che DOD cl~ e cosi~l a.' _ plù d'UIJ ta. Una. specie dl Marzial e, poeta altissimo: Renato S~r- dovre bbe meravigltare, se dl– poet,,. si è salvato nel dlalet- meno lcastlco, meno sudicio, ra par lò add irittur a. di Sa f- clamo che Trilussa è poeta dl to Tril ussa. è tra. costoro più alla. buona, più educa to, !o, e no i, che detes tiamo la cui non cl si potrà sbrigare o•Ann unzlo ricorse al dlzio: più buono, compitissimo. retorica anch e negli antire - tanto alla brava. e alla svelta . narll , Trilussa al rom anesco, Qualcuno ha. sospetta to in tor ici, noi non gli saprem mo ~~osogneo~~ C:t'.enz~~~1:i~: :~:r~i:,~ ,:~~~• u<!:o ~f~~ ~-· .. l~ ~ l ~ f --·,:: - ma-nlera abba ndonate. e vigi. ce pat rizio l'altro si fece pie• e\ latiss ima di La Fon ta lne, beo, res ta~do ambedue, es- ' quaiche volta. ci esaspera no la senz1almente, du e poeti ra n- eleganza., la. snod ata snellez - dagl. _,.. za, l'agevolezza suprema del• In Tril ussa, se dlvlslone pu O , · tJ1l ~ t la. sua. versi!lcazlon;; pa:rl iD darsi tra animo ed a-rte r ar- questo al primo O Annunzio , te tu cqltiv atlsslma , l'~nim o I fiessiblle qua nto lui come un non altre tta nto L'animo in giunco, e solo raramente co- lui res tò amb l~o . Sen tiva. !1 me un'arma antica ed ele- proprlo tempo in tutte. la sua ga.nte, un fioretto. Se non ch e volgarità, ln rotta la. sua 1po- In Trilussa. non cl offen de mal crisla ,e non gli volle cedere : U falso tono eosl frequen te derise quel suo tempo, questo in D'Ann u•nz.lO, e ques l co. nostro tempo 1n ogni occa- sta nte in Pa.scarella . Non te• sione ,ln o8'1tl modo, semp re. ce ma.i l'epico, T,rilussa , né Non vi si infangò , anzi se ne il popolaresco. né il dramma- sollevò. Non tut ta via più di ticone . Per esUe che tosse , la quanto gli bas t.a.sse per far se- isplraz.lone gli restò ilare , pu- ~ueces~:c: :ru~~~ l~er~n: ~~• ~:i:t~~~:S~~~ Ntdna da sembrar carlcatu• va di ma cchin e e scevra di ral e. Non sl alzò tanto al di trucchi. sopra del suo tempo, da non Chl poco o molto abbia av. rischiar e, con la condanna vicinato 11 poeta, sa benissl- del tempo, di cond anne.r e mo che egli sl lascia.va cono- qua.sl del continuo l'ete rno scere da tutti, e non cono - dell 'uomo. e la. storia , e ognl sceva nessuno. non gl'lmpor- vlta . Non tu nemmeno un ta.va dl nessuno. P'uorl della mora lista . Di qui 11suo scet- sua. poesia, 11 resto per lui ticlsmo . Di qui Il suo vivere contava molto poco, non plù alla carlona, giorno per glor• che la cro naca. del giorni no, da epicureo , i;ion da ~ , Stan do alla. sua stessa poe- to. DI qui il suo--.costaate pé:' " sia, la sua. vita non conobbe rlcolo di finire sentim entale un sentimento sedlpllce ma o spiritoso. Epigrammi sta fe• che tosse profond o. Nes.,uno llce e dellzloso, cronis te. scan - più popola.re dl lui, e più se- ronato e nostal gico, a.pparen- grcgato, nessuno più conti• temente imp rovviso, fu poeta denzla le ed elusivo. Uomo di cosl, senza nulla di più !on- Trl luaa rtovane ' una. bon tà rara. , quando per caso era cattivo, I suoi oc– chi diveniva no sinistri. A me pret e, recita.va . una poesia sulia fede ; a un altro che &li si dicesse lontano dalla fede, raccontav a un a barzelletta blasfe ma. Sull 'ultimo, una magg iore at tenzione a ciò che et po– treb be esser e, nell'uomo, di non ettlm ero, lo Impens ieriva e una o due volte su questo tema , non dico che si è par– lato Insieme, ma si è tac iu– to ins ieme. Spropo sitato co– m'era di corporatura, res tò sempre un ragazzone malde– stro e come giocato dagli al– tri : e gll parve che alla vita non si potess e. e dunque non si dovesse, chiedere att.ro se non la risoluzione Il per Il, qualche volta la dissoluzio ne, di ogni at timo, soltanto nella poesia salva ndosi ciò che non è labile, misero , amaro. GIU SEPPE DE LUCA * Nella brillante, minuzfola ra.uegna dt vita ro m a n a (When 1n Rom e...), pubblicata tU recente, ad ut llftà det pro– pri concittadin i, rtaglt amffl • cani WalUr Wet.,becke r e Ste– phen Stret:ter, quut' ultlmo li t ,p tnto al punto di trad urre gli af orinni di Tri luua , riportati fn altr a parU dt:Ua no.stra rivi.sta. Pemai che U particolare avrebbe fatto piacere al poeta, e chlui a quell'autore u 14 ave.sie gi~ tnf ormato. La ri – lp0$ta negattoa mi dtue purt: il vtoo de..!fderiodello Stret:ter dt fare l'ambita cono,cenza; .ffccM non mt re.,U, alt ro cht: fafomt da re una copia del volu• me e rt:carct in via Maria Ade· laide con que1ta ,pecie dt 1taf • fetta . La. 1erata era buona. e Bt:llo, bravo, bene>, uc lamava Tri • lu.,ia I/ O{ll4n4o, aJ)J)tlrmte-· mente compiaciuto ma non ,o quanto conotnto. Bo.sa qon,go– lava, t:d io, a ri ncarare lo. dole, od un certo momento rt• tenni dll graziatamente oppor– tuno di fare o.s,en,are a Tri-. che egli, nella pubblicazione, li trovava in buona compagnia, con Bt:lU e PtUcarella, f quali, però, non avevano avuto U pri• vtlegto della traduzto,u, e Si, 11, vedo - ripetè lui - ,t o tn buona. compagnia' ; e, dopO pochi mo~nti di ri/lu1ion e: e tU/atti c'è pure er .or Capan– na ,. Era vero. Nella pagina 1e• 11uente quella trih,ntana , l'a• ~e d4', rtoli1-m.o e della rt• «rea aoeva porta to Streeter a tradurre lo ,tornello notti.rimo di quel tal &OO"natore, cht:, ,ve– gltandolt ad un tra tto, ai ritro – vò con i piedi ml e afpeppe, - th e cham ber pot ... ... s. NOCCHIERO DELLA POESIA ROMANESCA il naopstr,, popolare e aristocratico Biblioteca Gino Bianco Pag. ~ t PAULO GRI GLI& - e BUntto dt Trtl- • LA STRADA MIA I.& strada è lunaa , ma er depplù l'ho fatto; so dov'arrlv o e nun me pUo pena . Cib er core 1n pace e l'anim a serena der savio che s'amm uc hera. da matto. Se me trull a un pena1ero che me scoccJa me term o e bevo e chi edo aJuto ar vino : poi me la can to e seguJto er cammtno cor Destino 1n saccoccia , COMPASSIONE La Querela. è tu tta nera. Un& saetta la fece secca, la luclò stecchi ta e da quer giorno nun s'è moesa ptlJ. Ma la. Ne.tura, sempre generosa, pe' daJe l'lliuslone de la vita ogni tanto Je copr e l& ferita co' le foJe de roaa ... LA TARTARU GA Mentr e, una. no tte, ae n'annava & apuso, la vecchia Tartaruga. !ece er paaao pU) lungo de la gamba e caacb Ciil co' la casa vortata aottim il. un Roapo Je strlliò: - scema che aetl Queste ao' sca ppa telle che costan o la pelle... - Lo so: - rtapose lei - ma, prima de morl, vedo le stelle . ATIILA Attua, er Re barbe ro e feroce. at.rlll&v. sempre : - Dove puao to mm nuce plù nemmanco ùn filo d'erb&: so' er tranell o d'I ddJot - Ma , a l'ami chi, diceva: - Devo lnalste au l'affa re de l'erba perchil 1peaao me so' venu ti, doppo le conquilte , tro ppi somari app resso. L'ANTIQUARI O Come, madama ? Un puro quattrocent.o un ber cesello. un ermo d'un suertero, pe• tre ntacin que franch i? Ah , no d&Yerol Manc o si !oase un cuccomo d' arlent.ol Si lei me se plJa.sse er paravento potre bbe fa' lo scalo sur clmlero , co.sl quer che guadam blo ne l'Impero ce lo rimetto sul Rlnasclmento. E 'sto sofà barocco Je tlnilce? Guardi che dora ture! Che broccato ! c•~ quarche macchia ?· Embil , , •artpullaee. Ep poi so' macc hie an tiche: il pi i>. sttmatol So ' pata cche dell'epoca., caplsce? Puzzonate der aecolo puaatot ER PORCO Un vecchio Porco d.lase a certe Vacche : - La vojo fa' !lnlta de fa' 'sta porca vita.. Me vojo mette ' er tracche , le scarpe co' lo scr occh io, un flore, un vetro all 'occhio , e annanunen e 1n città, lndo ve c'è la. gente più pulita. che bazzica la bona società. - Pu un det to e un tatto , e quela ser a latea&a agned e a. pljà. er tè da 'na conteaS&: s'lnt rut olb tram eu.o a le signore, disse qua.rch e parola de tra.nceae, son ò, cantò , ba.llò, fece l'amor e. Ma. doppo du' o tre giorni er vecch io Porco ritorn ò ar paese . - Che? - fecero le Vacche - g1à ritorni ? Dunque la. società poco te piace ... - No, - d!s.,e er Porco - so' minch lonerl el lo ce starebbe bene, me dlaplace che ce se fann o troppe porcher ie... CERI MONIA Ce semo. Tra. un minu to scop rira nno er busto der filosof o ch'a.spetta, In mezzo a.lla piazzetta , cope rto con un pann o. <se ne vede una fet ta) . Gente , bandi ere, musiche e tutta. qua nta un 'allegr ia. de sole. Silenzio! Fermi! Arr iva. l'onorevole. Dirà poche par ole. - Citta dini! Quer marmo che ricorda l'illustre Marco Pap pa ... - E ar punto rtua to .squlUa la. tromba , tir eno la corda, er panno casca e comparl.sce er busto. - Uh ! quanto è buf fo! - Pare pur olneUa ... - Perchè ce l'hanno messo? ... - E chl lo sa? - Era un gra n genio. - Nun dlacuto, ma ... me ce piacev a più la fontanella. - Finita. ch'è la festa e la. cagnar a, la folla ~ sparpaja e nun rim ane che Mar co Pappa , solo come un ca.ne , lntr cgnato ner ma rm o de Can ara . ER MONUMENTO Un Cavallo, parlanno cor Leone , Je disse: - Quanno fann o un monum ento per onor à l'Eroe d'un a. nazztone, lo sto per aria In cima ar basam ento e tu stai sempre glil pe' gua.rn1zz10ne ... - Er Leone rispose: - E se domani l'Eroe se scoccia e scegne da cavallo, povero amico mio, come rimani? Chi te dltenne da Il ctarlatanl aramp lcat l intorno ar pledlstallo? ...

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