donne chiesa mondo - n. 75 - gennaio 2019

DONNE CHIESA MONDO 40 Non ci si dà la fede da se stessi, è necessaria la testimonianza umana, e Giovanni sembra da- re inizio a questo movimento di traditio nel rico- noscere Gesù, che si rivela come colui che bat- tezza nello Spirito santo. Giovanni ripete di non conoscere colui che era prima di lui, eppure sa riconoscere i segni del suo venire, sa prepara- re la strada adempiendo al suo compito, con quel che gli è dato da vivere, riconoscendolo co- me proveniente dal Padre. Nei versetti precedenti al nostro brano si leg- ge una testimonianza in negativo: viene chiesto a Giovanni della sua identità ed egli risponde con verità e franchezza quel che non è: non è il Cristo né Elia né il profeta. Dice di sé di essere «voce di uno che grida nel deserto: rendete di- ritta la via del Signore» ( Giovanni 1, 23). «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio» ( Giovanni 1, 1): il Verbo, la Parola fatta carne che il mistero del Natale ci ha fatto contemplare è la luce vera ve- nuta nel mondo per illuminare ogni uomo (cfr. Giovanni 1, 9). E a «rendere testimonianza alla luce» venne un uomo, scrive l’evangelista, il cui nome era Giovanni, venuto come «testimone a dare testimonianza alla luce» ( Giovanni 1, 7). Questo il compito del Precursore, e con lui di ogni credente: lasciar risplendere la presenza del Figlio, il veniente, colui che è già in mezzo a noi. «Vedendo Gesù venire verso di lui»: Gesù viene, e Giovanni vede che Gesù viene. Occorre saper vedere e riconoscere questo suo venire, di cui diventare testimoni. «Io non lo conoscevo»: c’è un approssimarsi, un approfondirsi della relazione. È necessario del tempo, come per ogni relazione, che richie- de attesa perché ci si possa accogliere, incontra- re, conoscere. Occorre tempo «perché il deside- rio, purificato dall’ascolto, diventi occhio capace di vedere ciò che è già donato» (Silvano Fau- sti). Giovanni attende Gesù senza conoscerlo, eppure può conoscerlo proprio perché lo atten- de. Lo riconosce per sé e lo indica ad altri, fa se- gno, è segno della presenza di Gesù, il maestro. L’identità di Gesù si precisa sulla bocca del Precursore: è «l’Agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo». Il verbo può indicare il prendere sulle spalle, quindi il condividere, ma anche proprio il togliere via, il liberare: l’incon- tro con il Signore può rendere capaci di vincere il peccato, la radice di tutti i mali, la forza che origina i comportamenti che allontanano dalla luce, la tenebra che inficia la capacità di vedere e distinguere. La voce del Padre lo rende capace di vedere e contemplare il rimanere dello Spirito su Gesù, in Gesù. Lo Spirito discende dall’alto e rimane su di lui: saranno i primi discepoli, «il giorno dopo» a rimanere-dimorare con Gesù (cfr. Gio- vanni 1, 39). «E io ho visto e testimoniato»: la visione esteriore diviene conoscenza intima, possibilità di approfondimento dello sguardo interiore, e questo plasma l’esistenza intera. In tutto il nostro racconto Gesù non proferi- sce parola. È colui che viene verso Giovanni, per il quale diviene oggetto di contemplazione, rivelazione del rapporto tra il Padre e il Figlio attraverso lo Spirito. Di questa contemplazione Giovanni ci rende partecipi grazie al suo testi- moniare, al suo essere segno della presenza del Signore. Chiediamo allora al Signore di renderci at- tenti a riconoscere la sua presenza, ad attender- lo nelle nostre vite tanto da lasciarci da lui in- contrare, e poterlo in questo modo conoscere e riconoscere. Così, ricolmi della sua luce, conta- giati dalla testimonianza di Giovanni, potremo anche noi, personalmente e comunitariamente, indicare il Signore Gesù, diventare segno stupi- to e gioioso della sua presenza.

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