donne chiesa mondo - n. 70 - luglio 2018

DONNE CHIESA MONDO 4 DONNE CHIESA MONDO 5 differenza di composizione anagrafica delle diverse Chiese si aggiun- ge a quelle legate alle caratteristiche etniche, culturali, economiche e sociali che contraddistinguono le società all’interno delle quali la Chiesa si pone come istanza significativa di una “differenza cristiana” radicata nel Vangelo. Il secondo dato è che “oggetto” — e, in qualche misura compatibi- le con la natura stessa di un sinodo dei vescovi, “soggetto” — delle ri- flessioni sono i giovani e le giovani presenti o assenti nelle nostre co- munità ecclesiali. Troppo spesso diamo per scontata questa “inclusi- vità”, ma chi ha un minimo di esperienza diretta del mondo giovani- le è perfettamente cosciente di quanto le più serie indagini sociologi- che registrano regolarmente: vi sono differenze significative nei com- portamenti e nel linguaggio legate anche al genere. Tenendo queste due osservazioni preliminari come retroterra criti- co e focalizzando la riflessione sul mondo italiano ed europeo che frequento maggiormente, va sottolineato come nei decenni passati ci sia stata un’attenzione alla cosiddetta pastorale giovanile mai così ac- centuata nella storia; ma purtroppo questa fatica non è stata suffi- ciente, anche perché si è continuato a pensare a un rapporto esteriore tra la Chiesa da un lato e i giovani dall’altro. Non basta ascoltare i giovani né tanto meno ingabbiarli in stereotipi che fanno di loro “il futuro della Chiesa” o “le sentinelle dell’avvenire”; occorre invece considerarli e sentirli non come una categoria teologica o un’entità esterna cui la Chiesa si rivolge, bensì come una componente della Chiesa di oggi, attori e protagonisti già ora; occorre pensarli nel “noi” della Chiesa. Il documento preparatorio per il sinodo chiama i giovani e le gio- vani a «essere protagonisti» ( III , 1) e «capaci di creare nuove oppor- tunità» ( I , 3), indicando così a tutta la Chiesa vie di evangelizzazione e stili di vita nuovi. Solo un ascolto reciproco, un confronto, un dia- logo tra tutte le componenti del popolo di Dio di qualunque età e di entrambi i sessi possono innescare un processo di “inclusività” delle nuove generazioni nella Chiesa. Questa la sfida del prossimo sinodo. E la volontà di papa Francesco di farlo precedere da incontri in cui i giovani potessero prendere la parola e sentirsi partecipi della “conver- sione” richiesta a tutta la Chiesa ha posto le premesse favorevoli al passaggio da una pastorale “per i giovani” a una pastorale “con i gio- vani”. Si tratta, per usare un’espressione cara a papa Francesco, di «ini- ziare dei processi», non di fare conquiste, né di «far ritornare» i gio- vani alla Chiesa, o di misurare la riuscita sul numero delle risposte ottenute. Occorre “una Chiesa in uscita”, capace di unirsi ai giovani che già la frequentano per andare dove si trovano i loro coetanei, do- ve questi abitano, vivono, soffrono e sperano. Occorre raggiungerli in modo non generalizzato e massificante, bensì con atteggiamenti e parole in grado di rispettare e ridestare la specificità di ciascuno: i giovani hanno sete di incontri personali, di dialoghi faccia a faccia, soprattutto nel nostro contesto sociale dominato dal virtuale, e do- mandano silenziosamente, senza riuscire a esprimersi in modo com- piuto, di essere “riconosciuti” ciascuno e ciascuna lungo il proprio cammino di ricerca di senso e di pienezza di vita. Questo significa per gli adulti cambiare lo sguardo sui giovani, ac- cettare di mettere in discussione le proprie acquisizioni, di non riusci- re sempre a capirli e tuttavia rinnovare sempre la fiducia in loro, guardando ai giovani come a “storie personalissime” e sostenendo la loro faticosa ricerca di una vita buona. In questa forma di pastorale “con” i giovani, oltre alla cultura dell’incontro deve emergere anche quella della gratuità. Se infatti «la Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione» ( Evangelii gau- dium 14), occorre vivere ogni atteggiamento di evangelizzazione sotto il segno della gratuità, senza l’ansia di risultati in termini numerici di giovani coinvolti, vocazioni suscitate o servizi assunti. L’incontro che si deve favorire è quello umanissimo nel quale sia gratuitamente possibile entrare in relazione con Gesù attraverso la fe- de e la testimonianza dell’evangelizzatore. Non dunque l’incontro con una dottrina, tanto meno con una grande idea o con una morale, ma con una realtà viva che intrighi, sia portatrice di senso e promes- sa di vita piena. La gratuità è uno dei valori più sentiti e vissuti dai giovani: incontro gratuito e disponibilità a camminare insieme resta- no urgenze assolute in un nuovo paradigma di evangelizzazione nella società odierna. La mia esperienza di ascolto, incontro e cammino con tanti giova- ni — diversissimi per cultura e atteggiamenti verso l’interiorità, la spi- ritualità, la religione e la Chiesa — mi convince sempre di più che quando approdano a conoscere la vita di Gesù ne restano affascinati e toccati. La vita di Gesù come vita buona, nella quale egli “ha fatto il bene”, cioè ha scelto l’amore, la vicinanza, la relazione mai esclu- dente, la cura dell’altro e soprattutto dei bisognosi, è vita non solo esemplare ma capace di affascinare e di rivelare la possibilità di una “bontà” che si vorrebbe ispiratrice per la propria vita. Ma vi è anche un’attrazione nei confronti della vita bella vissuta da Gesù: il suo non essere mai isolato, il suo vivere in una comunità, in una rete di affetti, il suo vivere l’amicizia, il suo rapporto con la natura restano molto eloquenti. Infine vi è grande interesse per la sua vita beata,

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