donne chiesa mondo - n. 52 - dicembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 40 minare in solitudine e si trova solo di fronte a un evento inatteso, indesiderato, che muta la sua vita. Di fronte a quella imprevista maternità di Maria a lui fidanzata, la legge gli chiedeva di denunciare pubblicamente la sua sposa, ma il cuore gli proibiva di farlo e aveva deciso di ri- pudiarla in segreto. Ora, egli reagisce a questo evento drammatico assumendolo e mostrando la sua giustizia: Giuseppe, si dice, è giusto. E que- sto essere giusto significa anzitutto essere uma- no. L’uomo giusto è colui che riflette qualcosa della giustizia stessa di Dio e Dio non è mai un esecutore di sentenze. Il Dio giudice è sempre coinvolto nelle vicende del suo popolo, soffre, con-soffre con le vittime del male. La sua è una giustizia relazionale, sempre in rapporto a qual- cuno, a un volto preciso, non a un’idea o a una norma. La giustizia così umana diventa obbe- dienza all’altro, responsabilità e custodia dell’al- tro. La giustizia di Giuseppe diventa obbedien- za radicale agli eventi, a Maria, a Dio e alla pa- rola di Dio e allora diventa spazio salvifico, spa- zio cioè per l’azione di Dio stesso. La giustizia di Giuseppe si arricchisce della fede nelle parole dell’angelo che gli chiedono di non temere. Il testo sottolinea l’attività diciamo così di rifles- sione, di travaglio interiore di Giuseppe, come agitato da molti pensieri alla ricerca di una qualche soluzione. In questo umanissimo pon- derare di Giuseppe, in questo discernere, ci vie- ne detto che si fa strada una luce attraverso l’immagine del sogno; il sogno rivela una paro- la, e la parola della Scrittura ascoltata diventa luce per la situazione di tenebre e di morte in cui Giuseppe si trova. Al suo risveglio non è che abbia compreso, ma ha obbedito e obbe- dendo manifesta la sua fede, il suo affidarsi: il suo è un movimento di abbandono non una ra- zionalizzazione, e la fede-fiducia gli dona la li- bertà e il coraggio di prendere con sé Maria. Anche a noi, nelle nostre notti, è chiesto di ascoltare e credere. Ascoltare le parole folli delle Scritture e credere all’incredibile fa sì che si crei nelle nostre povere vite uno spazio per l’azione di Dio. Perché la storia di salvezza si è sempre fatta strada attraverso storie umane, storie lace- rate, che chiedevano salvezza; anche la storia tra Giuseppe e Maria è una storia più che mai bi- sognosa di salvezza, di redenzione (vv. 20-21). Giuseppe salva la sua storia con Maria e salva anche la storia di salvezza perché egli adempirà il compito paterno di dare il nome Gesù al bambino. Tutto quello che pensava di aver per- so egli lo riceve, tutto ciò che aveva scelto, tutto ciò che poteva prendere dall’inizio alla fine lo riceve: Maria, un figlio... Forse anche noi abbia- mo davvero solo ciò che riceviamo; anche quan- to scegliamo, quanto crediamo di fare nostro, in realtà è oggetto di una relazione profonda solo nel momento in cui lo cogliamo come dono, co- me risorto dopo essere morto. L’amore si fonda sull’accettazione di una perdita: questo ci inse- gna la vicenda di Giuseppe con Maria, perché solo così le nostre storie d’amore tanto bisogno- se di salvezza possono diventare storie salvate e storie che salvano.

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