donne chiesa mondo - n. 49 - settembre 2016

DONNE CHIESA MONDO 40 facciamo per amore in termini di gesti quotidia- ni, concreti e tangibili. Il Vangelo ci presenta uno sguardo, quello di Simone, che giudica e disprezza, incapace di vedere l’altro nel suo do- lore e nella sua umanità. La fede di Simone è una fede cieca come il suo sguardo cattivo e di- staccato, sguardo vissuto sia nei confronti della donna, che è per lui solo una prostituta, sia nei confronti di Gesù: «Se fosse un Profeta sapreb- be chi è questa specie di donna che lo tocca». Simone non desidera la relazione, si pone a di- stanza volendo solo definire ed essere sicuro delle persone con cui ha a che fare: al peccato quale omissione aggiunge il peccato come pigri- zia, come incapacità a riconoscere che l’altro può cambiare, mentre siamo noi a fissarlo in una categoria precisa. Lo sguardo di Simone esprime la quotidiana banalità che sa generare il male. Di fronte all’atteggiamento compassato e in- gessato del fariseo, sulla scena irrompono i gesti di una donna senza nome, una prostituta, che non conosce la legge né i dettami della moralità corrente, ma che svela una capacità di amore non espressa a parole — non a caso non ne pro- ferirà alcuna — bensì con i gesti alla sua portata. Grazie all’accoglienza di Gesù che le permette di manifestarlo, quello stesso linguaggio del corpo usato per dare piacere qui esprime l’amo- re gratuito della donna. Il fariseo si protegge dalla ventata di amore che entra nella sua casa, giudicandola sconveniente e scandalosa. Gesù no, lascia fare. E proprio questa donna si mo- stra come la vera discepola, che Luca descrive bene con due immagini: ella sta dietro al mae- stro, quasi per paura di manifestare il suo biso- gno di amore immeritato, come l’emorroissa che da dietro, timorosa, tocca il mantello a Gesù; el- la sta ai piedi del maestro, in un atteggiamento di ascolto e di attesa. Il fariseo non viene meno alle regole dell’ospitalità; il problema è che fa poco rispet- to al tanto della donna: la differenza si gioca sul piano della paura e della libertà di amare. La donna si ritrova davanti a un uomo, Gesù, che la lascia essere se stessa, rivelandole che ha fede perché ha un grande amore. È la potenza della fede che sta all’origine di questo amore. La sua fede è il suo credere all’amore e la con- seguenza di questo amore è la salvezza: solo perdendo la vita per amore la si salva. Gesù ri- vela inoltre che amore e perdono sono inscindi- bili. L’amore è presentato da Gesù allo stesso tempo come causa ed effetto del perdono: «Le sono perdonati i molti peccati perché ha molto amato. A chi invece si perdona poco, ama po- co». Di certo, per Luca l’amore della creatura perdonata provoca il perdono divino e ne è allo stesso tempo la manifestazione più autentica. Chi, a causa della propria pretesa giustizia, non si sente bisognoso di perdono ama poco, cioè non impara i movimenti dell’amore, resta chiuso in una gabbia di religiosità in cui contano solo la liceità, il dovere, la correttezza. Solo una fede come quella della donna ha il linguaggio e il profumo dell’amore. Solo se ci sentiamo biso- gnosi di perdono possiamo amare, solo nell’amore possiamo sperimentare il perdono, quello sguardo buono che si posa sulla nostra vergogna e sui nostri fallimenti.

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