donne chiesa mondo - n. 48 - luglio 2016

DONNE CHIESA MONDO 40 quanto amaro e contraddittorio esso sia, e la ca- pacità di riconoscervi una via d’amore e obbe- dienza che spezza ogni recriminazione e lamen- to. Solo così egli può riscoprire il segno dell’agire di Dio e ringraziare. La preghiera co- me risposta impegna Gesù in un rapporto, in una relazione di obbedienza, e connota la sua persona come mite e umile di cuore. Non si tratta tanto di una sua caratteristica personale, quanto di una rivelazione dell’agire e dell’essere di Dio. E Gesù, il mite e l’umile, desidera pla- smare allo stesso modo quei piccoli che accorro- no a lui da ogni parte per ascoltarlo. Con grande forza Gesù trasmette ciò che gli è stato dato dal Padre affinché siano suoi disce- poli. Prima di tutto li chiama a una rinuncia al- la volontà propria e a una disponibilità a seguir- lo, a stare dietro a lui nella pesantezza e stan- chezza della vita: «Venite a me voi tutti affatica- ti». Poi li invita a mettersi alla sua scuola: «Im- parate da me che sono mite e umile di cuore». Il mite non è tale in partenza: la vita umana-cri- stiana, la vita comunitaria nel suo movimento di portare l’altro guardandolo in grande, nel miste- ro di una vocazione, ci generano giorno dopo giorno alla mitezza; essa produce pazienza e la pazienza una virtù provata, la perseveranza, e la virtù provata la speranza (cfr. Romani 5, 3-4). Infine, con parole di grande consolazione, Gesù chiede di andare a lui con fiducia perché è quel maestro che non carica alcuno di pesi insoppor- tabili: «Prendete il mio giogo e troverete ristoro per le vostre vite». Dove sono la gioia e il ripo- so? Dove questa leggerezza e soavità promesse? In uno scritto di Guglielmo di Saint-Thierry a commento di questo testo leggiamo, con paro- le messe in bocca al Signore: «Tu gemi e ti la- menti sotto il mio giogo, ti affatichi sotto il mio fardello, ma è l’amore che dà al mio giogo la dolcezza e al mio fardello la leggerezza (...). Vuoi l’amore? Ebbene tu hai imboccato il cam- mino che conduce alla vita: se non abbandone- rai questo cammino arriverai al fine desiderato. Io cammino davanti a te, tu devi soltanto met- tere i tuoi passi nei miei. Io ho faticato, ho resi- stito: anche tu fa lo stesso, anche per te è neces- sario fare fatica. Io ho sopportato molte soffe- renze: anche a te occorre soffrire qualcosa. Il cammino che conduce all’amore è l’obbedienza. Tieni saldo questo punto e arriverai. Sappi che l’amore è un immenso tesoro, val la pena che si spenda tutto il prezzo necessario per acquistar- lo. Sì, Dio è amore: quando sarai giunto all’amore allora non farai più fatica. (...) Io ti aiuterò a portare la tua fatica, sono io che fino- ra e fin qui l’ho portata, sono io che la porterò ancora». ( Dalla meditazione alla preghiera , Edi- zioni Qiqajon). Nell’obbedienza, nella pazienza che nasce dalla fiducia, si può sperimentare il riposo al cuore stesso della fatica che c’è e che resta; si può arrivare a sperimentare l’innegabile legge- rezza e dolcezza anche quando si è sottomessi a un giogo scelto liberamente e per amore, il gio- go che il Signore stesso ha portato, e si può as- saporare la beatitudine da lui promessa: «Beati i miti perché erediteranno la terra».

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