donne chiesa mondo - n. 45 - aprile 2016

L’OSSERVATORE ROMANO aprile 2016 numero 45 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Lo sguardo delle donne ebree Siamo a una svolta nei rapporti tra cristiani ed ebrei, una svolta segnata dal recente documento della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili , un documento a carattere teologico secondo per importanza, credo, solo alla dichiarazione Nostra aetate . «Nella ricerca di un giusto atteggiamento verso Dio — ha detto Papa Francesco — i cristiani si rivolgono a Cristo quale fonte di nuova vita, gli ebrei all’insegnamento della Torah». Parole che devono ancora essere assimilate dal mondo ebraico, come pure da quello cristiano, anche se dalle due parti alcune importanti prese di posizione ne hanno segnalato da subito la novità. In questo momento, che auspichiamo rappresenti per tutti una svolta, ci è parso importante riflettere sui testi ebraici, e in particolare sul modo in cui sono stati letti e interpretati in un’ottica che ci interessa illuminare, quella delle donne. Uno spaccato di riflessioni e analisi testuali al femminile che ci segnalano la capacità delle donne di farsi interpreti, di leggere in modo nuovo, di porre ai testi domande che tengano conto dei bisogni delle donne, alle quali anche è stata data sul Sinai la Torah. Cogliere insomma anche la lettura femminile dei testi, quei testi che, come dice Papa Francesco, rappresentano il modo in cui gli ebrei si avvicinano al divino. L’altro taglio che abbiamo voluto dare a questa nostra riflessione guarda indietro, al dialogo, e al ruolo che tante donne, ebree come cristiane, hanno avuto nell’iniziare, far crescere, approfondire quello scambio iniziato in anni lontani, prima ancora che il concilio Vaticano II ne recepisse le prime suggestioni. Lo abbiamo fatto raccontando la vita di una straordinaria figura di studiosa ebrea, Lea Sestieri. La storia del dialogo ebraico-cristiano — dai suoi vertici alle figure di minor fama — è fitta di nomi femminili. Anche qui le donne hanno portato impegno e passione. Capacità di affrontare il cambiamento senza timore, di aprirsi al mondo senza conformismi. Una storia che non ha solo un passato dietro di sé, ma un futuro da inventare. ( anna foa ) L’importante è l’azione Alla scoperta di Lea Sestieri, pioniera del dialogo ebraico-cristiano Fino a che le forze declinanti di una vecchiaia tanto prolungata non gliel’hanno impedito la sua attività condotta con grande libertà intellettuale e ascolto dell’altro non si è mai interrotta donne chiesa mondo Lea con il figlio Claudio Scazzocchio in occasione dei festeggiamenti per il suo novantesimo compleanno Antonietta Raphaël Mafai «Mia madre che benedice le candele» 1932 Lea a Montevideo (archivio privato) di A NNA F OA e G IOVANNA G RENGA L ea Sestieri è nata a Roma il 31 maggio 1913, nella casa di via Catalana, poi ceduta alla comu- nità ebraica, dove ha successi- vamente abitato Elio Toaff. Di una famiglia della borghesia ebraica roma- na, Lea è stata una donna di grande cul- tura, versata in molti e diversi campi. Dopo aver frequentato il liceo classico al Visconti, ha studiato lingue semitiche alla Sapienza, dove è stata allieva di Um- berto Cassuto e di Giuseppe Ricciotti. Ed è per volontà di Cassuto che ha poi fre- il Portogallo, dove infine poterono imbar- carsi. Gli anni in America latina, durati fino al 1967, furono anni di intensa attività tan- to intellettuale che politica. Durante la guerra, suo marito fu vicepresidente dell’associazione degli esuli antifascisti, L’Italia Libera, e successivamente entrò nella carriera diplomatica. Lea insegnò let- teratura greca all’università di Montevideo oltre che cultura biblica presso diverse isti- tuzioni, fondò e diresse la rivista sefardita «Amanacer» in giudeo-spagnolo e pubbli- cò numerosi scritti: Manuscritos del Mar Muerto (1960), Los libros deuterocanónicos y los manuscritos extrabíblicos de Qumrán (1961), Lengua y civilización micénica y el mundo de Homero (1966) e La poesia épica en la Biblia: el canto de Debora (1967). Nell’insegnamento aveva una grande ca- pacità di trasmettere ed esercitava un grande carisma. Solo alcuni anni fa, in oc- casione dei suoi cento anni, suo figlio Claudio raccontava di incontrare ancora persone a Montevideo che ricordano le sue lezioni. Nel dopoguerra, Lea affiancò all’inse- gnamento universitario l’impegno appas- sionato nel nascente dialogo ebraico-cri- stiano. A quanto riferisce Marco Cassuto Morselli, uno dei suoi allievi più cari, fre- quentò anche — non senza qualche diffi- denza — Monsieur Chouchani, uno dei più misteriosi personaggi dell’ebraismo novecentesco, venerato maestro di Talmud di Emmanuel Lévinas e Elie Wiesel, mor- to nel gennaio 1968 a Montevideo, la cui tomba reca un epitaffio dettato da Wiesel. Lea collaborò anche con l’Adei, l’asso- ciazione delle donne ebree, ma senza enfa- si al femminile. Parlandole negli anni più tardi, si aveva l’impressione che fosse al di là del femminismo, che lo considerasse su- perato e stantio. Dal 1968 al 1970 insegnò lingua e lette- ratura greca all’università di Beer Sheva e italiano all’università di Tel Aviv, mentre per l’ultimo decennio dell’attività profes- sionale del marito visse con lui a Locarno. Nel 1979 rientrarono a Roma dove Um- berto morì due anni dopo. L’attività di Lea Sestieri si intensificò ulteriormente: insegnò ebraismo postbiblico alla Pontifi- cia università Lateranense, diresse la colla- na «Radici» per la casa editrice Marietti, fu tra i fondatori dell’Amicizia ebraico-cri- stiana di Roma, oltre a tenere conferenze e a svolgere un’intensa attività pubblici- stica. Padre Innocenzo Gargano, monaco ca- maldolese, fu tra le persone più vicine a Lea nella nascente organizzazione dei col- loqui ebraico-cristiani di Camaldoli. Per circa dieci anni Lea e padre Innocenzo animarono un vivaio di studio romano fat- to di incontri settimanali. Si leggevano i testi dei maestri ebrei e dei Padri della Chiesa. «Lo spirito di amicizia creato da Lea ci consentiva nuove prospettive di let- tura — ricorda padre Innocenzo — da cui ricavavo un arricchimento straordinario». Appartengono al periodo romano gli al- tri suoi numerosi scritti: Gli ebrei nella sto- ria di tre millenni (1980), Le chiese cristiane e l’ebraismo (1983, in collaborazione con Giovanni Cereti), La spiritualità ebraica (1987), David Reubeni. Un ebreo d’Arabia in missione segreta nell’Europa del Cinquecento (1991). Un libro, quest’ultimo, anomalo nell’insieme della sua produzione, studio storico dedicato a ricostruire con rigore la figura del pretendente profeta David Reu- beni, avventuriero giunto in Italia dall’Oriente nel 1524 e morto, dopo incre- dibili vicende, nel 1538 per mano dell’In- quisizione spagnola. Un libro privo di in- dulgenza verso gli aspetti messianici dell’avventura di Reubeni e del suo com- pagno Molho, addirittura un po’ ironico, ispirato da spirito quasi illuministico. l’ebraismo che pratichiamo e viviamo, sia ortodossi che laici, è che dovremo affron- tare ancora animosità e conflitti; sento tut- tavia, con la mia sensibilità di persona im- pegnata, che i passi tremanti del Papa in Israele sono stati passi le cui orme non celebrazione dei suoi novant’anni. «L’im- portante per me è stato compiere nel mio lungo cammino gli insegnamenti che ave- vo ricevuto allora nel dialogo con i miei maestri, con i miei compagni, sia che tali insegnamenti siano di origine umana o di origine divina. L’importante è l’azione». Un’azione che Lea Sestieri non si è mai fatta mancare, fino a che le forze declinan- ti di una vecchiaia tanto prolungata non gliel’hanno impedito. Nella sua continua e costante attività nel dialogo interreligioso, in primo luogo, portato avanti con grande libertà intellettuale e ascolto dell’altro. Ma anche nella profondità dei suoi studi stori- ci e biblici, che divenivano nelle sue paro- quentato i corsi del Collegio Rabbinico, diventando così la prima donna a esservi ammessa, sia pur soltanto come uditrice. Nello stesso periodo, al collegio lavorava come bibliotecaria. Nel 1935 sposò Umberto Scazzocchio, e si trasferì con lui in Eritrea. Suo marito la- vorava come avvocato, mentre lei insegna- va lettere al liceo italiano di Asmara, rico- prendo anche l’incarico di conservatrice dei manoscritti etiopici della Biblioteca statale. Il figlio Claudio nacque nel 1938 pro- prio mentre, con l’entrata in vigore in Ita- lia delle leggi razziste, Lea veniva licenzia- ta. Fu un periodo per lei di grande soffe- renza, da cui emerse con difficoltà. Rifiutò però sempre di dare lezioni private ai figli di esponenti del regime. Raccontava: «Se non mi volevano a insegnare nella scuola, io non andavo certo a insegnare a casa lo- ro». Riuscì infine a emigrare e, con il ma- rito e il figlio, raggiunse suo fratello Giu- seppe, già stabilitosi in Uruguay. Fu una delle ultime partenze, nel 1941, a guerra già iniziata, in treno da Roma attraverso la Francia di Vichy, la Spagna franchista e L’ultimo lavoro di Lea è stato Ebraismo e cristiane- simo. Percorsi di mu- tua comprensione (2000), libro che raccoglie le sue conferenze e lezio- ni, pensate per raf- forzare e, in alcuni casi, creare un rap- porto di compren- sione e di avvicina- mento. Il culmine di questo cammino fa- ticoso è per Lea la visita di Giovanni Paolo II in Israele il 23 marzo 2000, au- spicio di un dialo- go sempre più in- tenso da entrambe le parti. In quella occa- sione scrisse: «Il punto di vista mio, che da circa cin- quant’anni dedico molta parte del mio tempo alla riconci- liazione tra ebrei e cristiani, cercando di far conoscere ai non ebrei chi siamo noi e che cosa è le supporti del dialogo, dell’incontro, sen- za mai perdere la loro profondità. Una donna — e crediamo che quanti co- me noi l’hanno conosciuta e frequentata non possano non convenirne — davvero eccezionale, uno spirito libero e aperto al mondo intero. possono essere cancella- te e debbono entrare a far parte intrinseca della Chiesa cristiana in gene- rale nella sua riconcilia- zione con chi le ha for- nito le radici senza le quali non avrebbe potu- to nascere». Il suo interesse per i testi biblici e l’ebraismo, quella che lei chiamava la sua «ebraicizzazio- ne», non si trasformò però mai in un percorso religioso di vita. Si sentiva ed era profondamente laica, e sapeva anche trovare le parole per dirlo: «Più si radicalizzava la mia ebraicità e più prendeva consistenza la mia laicità» dice- va, ricordando i suoi studi al Collegio rab- binico tanti anni prima, in occasione della

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