donne chiesa mondo - n. 25 - luglio 2014

L’OSSERVATORE ROMANO luglio 2014 numero 25 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo La scelta della solitudine Non ci sono solo gli eremiti, ma pure le eremite, anche se molti tendono a dimenticarlo perché si tratta di una vita pericolosa e spesso malvista dalle autorità ecclesiastiche e laiche. Fin dalle origini però ci sono state donne che hanno deciso di vivere fuori dal chiasso del mondo, nell’isolamento, nel silenzio, nel raccoglimento. E non chiuse in un monastero. La loro scelta non è solo un fenomeno lontano nel tempo, bensì un modo di vivere praticato anche oggi, una via importante di ricerca del rapporto con Dio, di chi vuole «ascoltare direttamente — come dice Antonella Lumini intervistata da Lucetta Scaraffia — la voce dello Spirito santo», un ascolto tanto più importante perché «le donne sono più ricettive, sanno riconoscere la tenerezza di Dio, trasmetterla e raccontarla». Isolarsi dal mondo dedicandosi solo alla meditazione e al rapporto con Dio è una scelta di coraggio. Lo è per gli uomini, lo è tanto più per le donne, alle quali in passato è stata più volte proibita, tanto da indurle a travestirsi da uomo per ritirarsi in eremitaggio. Troppo rischioso l’isolamento, troppo radicale per una donna quella scelta di vivere protetta solo dalla fede nei boschi e nelle grotte. Meglio il convento, più sicuro, protetto e disciplinato da regole certe. Pure in molte sono riuscite, fin dai primi secoli del cristianesimo, a vincere la sfida, magari scegliendo come romitorio le mura della città. Ne parla Mario Sensi nel suo articolo sulle origini di questa vocazione che è rifiorita dopo il concilio Vaticano II e che ha spinto negli anni novanta Adriana Zarri, ricordata da Giulia Galeotti, a rifugiarsi fra le montagne del Piemonte, dove «prega, coltiva, si dedica agli animali, accoglie quanti passano», dove non accade nulla ma «succede la vita». Oggi la scelta di vivere in solitudine — lo spiegano molte moderne eremite — si può anche fare in una città, nel mezzo della vita di ogni giorno con i suoi problemi e i suoi affanni. Anche una casa qualunque, un normale appartamento di un condominio, può diventare una “pustinia”, un luogo del deserto in cui raccogliersi nella meditazione e nel silenzio. Catherine de Hueck ha ricreato una “pustinia” nei boschi canadesi e ha raccontato questa esperienza in un libro. Le Madonna House nell’America settentrionale in questi anni si sono moltiplicate. Riflettere, meditare, staccarsi dal mondo, cercare un rapporto con Dio e con la parte più profonda di se stessi è un’indicazione preziosa anche per le donne di oggi. ( r.a. ) Nel silenzio e nel mondo Dialogo con Antonella Lumini, eremita urbana a Firenze di L UCETTA S CARAFFIA Antonella Lumini, questa fragile donna dagli occhi grandi e luminosi, definita “eremita urbana”, mi è venuta a prendere al binario della stazione di Firenze, con cortese sollecitudine. Il dialogo è stato su- bito facile e intenso: Antonella guarda agli altri con interesse e amore, da lei ci si sen- te sinceramente accolti e subito verrebbe spontaneo raccontarle tante cose persona- li, appoggiare sulle sue spalle un po’ del fardello di sofferenza che ognuno di noi si porta nel cammino quotidiano. Ma vinco la tentazione — che però già mi dice mol- to di lei — per cominciare quello che, più che una vera e propria intervista, sarà un dialogo. Siamo quasi coetanee, quindi di- paniamo insieme la storia della nostra ge- nerazione, che ha traversato il Sessantotto, ricavandone però non solo insegnamenti negativi, ma anche una ricerca di autenti- cità che poi ha segnato le nostre vite e so- prattutto il nostro ritorno alla fede. Quali sono stati gli eventi più significativi di quegli anni? Un senso profondo di infelicità e di do- lore sfociato, a 24 anni, in una grave ma- lattia, dalla quale guarii con la macrobioti- ca e il ricorso alle tecniche orientali di spi- ritualità. Poco dopo, un forte richiamo al silenzio mi spinse verso luoghi solitari im- mersi nella natura. Tutto mi appariva co- me un miracolo. Il contatto con l’anima apre alla meraviglia, alla gioia. Essenziale fu l’incontro con padre Vannucci, che co- nobbi poco prima della morte. L’eremo di San Pietro alle Stinche, da lui fondato, e i suoi libri hanno avuto una grande impor- tanza nel mio percorso. Ha mai pensato di entrare in monastero? Ho frequentato alcuni monasteri, ma ho sempre sentito che non erano la mia via. Di particolare importanza è stato l’eremo di Cerbaiolo, per più di trent’anni rifugio dell’anima. Antico monastero benedettino arroccato su un monte proprio di fronte alla Verna, fu poi donato ai francescani. Distrutto durante la guerra è stato fatto ri- costruire da Chiara, l’eremita che lo ha abitato fin dagli anni Settanta. Questi soggiorni — e la vicinanza con la figura di Chiara, che considero mia maestra spiri- tuale — sono stati fondamentali per la mia crescita. Quando ha capito la sua vocazione? È stata una strada lunga e difficile per- ché non intravedevo sbocchi, né trovavo risposte adeguate a quel richiamo che sen- tivo molto forte. Mi attirava il silenzio e ho cercato in ogni modo di custodirlo nel- la mia casa, nel centro di Firenze. Mi ha aiutata monsignor Gino Bonanni, parroco della Badia Fiorentina, chiesa cara a La Pira, che mi regalò un libro decisivo: Pu- stinia: le comunità del deserto oggi di Cathe- rine de Hueck Doherty (Jaca Book, 1981). Pustinia — un termine della tradizione or- todossa — significa luogo in cui potersi isolare e raccogliere nel silenzio. Può esse- re anche un angolo della casa, per cui ho cominciato a percepire la mia casa come una pustinia . Ho sistemato una piccola stanza per la meditazione e l’ascolto. Leg- go un passo scritturale, invoco lo Spirito santo (in ebraico, la ruah ), poi mi immer- go nel silenzio. Lì porto tutto. Ma lei non è un’eremita stanziale, mi sembra di capire che si muove molto… Per anni ho compiuto pellegrinaggi so- litari, in Egitto, a Gerusalemme, in Grecia. Mi sono recata a Patmos per meditare l’ Apocalisse . Ho scritto su alcuni quaderni ciò che ricevevo in meditazione: cose più grandi di me. Io semplicemente mi metto in ascolto, accolgo, scrivo. Oggi è finito il tempo delle mediazioni, dobbiamo ascol- tare direttamente la voce dello Spirito e credo che ora siano le donne a dover par- lare, perché le donne sono più ricettive, sanno riconoscere la tenerezza di Dio, tra- smetterla, raccontarla. Se la Chiesa è spo- sa di Cristo, madre, non è un vero contro- senso che le donne abbiano avuto rara- mente la possibilità di esprimersi? È ne- cessario che le potenzialità femminili, ma- terne, emergano proprio nella Chiesa. L’umanità ne ha bisogno. Lei ha scritto nel suo ultimo libro, Dio è madre . Ma diceva di avere scritto sempre il frutto delle sue meditazioni, in questi anni. Sì, per più di vent’anni ho scritto senza sapere cosa dovevo farne di tutti quei qua- derni. Da alcuni anni, ho cominciato a pubblicare qualcosa, per me si è aperta una nuova fase, quella della testimonian- za, che alterno al silenzio. Sono invitata a parlare, a tenere incontri di meditazione, spesso da gruppi di laici, in vari luoghi d’Italia. Senza dubbio sono attratta dai lontani, so cosa vuole dire esserlo. Cerco di trovare un linguaggio che arrivi a tutti, adatto alle diverse circostanze: non posso parlare allo stesso modo in una parrocchia o a un gruppo di femministe. Questi in- il loro fardello di dolore, altre alla ricerca di una via in mezzo a difficoltà e sbanda- menti. Vengono per tempi più o meno lunghi, poi magari ritornano dopo periodi di lontananza. È una specie di maternità spirituale. La mia porta è aperta, ma devo comunque difendere i miei spazi di silen- zio che mi nutrono spiritualmente. Il suo libro Dio è madre è organizzato se- condo le regole delle sacre rappresentazioni della tradizione medievale: il percorso interio- re si sviluppa attraverso dialoghi con santa Maria Maddalena e l’apo- stolo Giovanni, che rivela co- me il suo vangelo sia stato ispirato da Maria. È un li- bro di meditazioni centrato su un messaggio, una voce che lei ha sentito: «Sono lo Spirito santo, sono la madre che è in Dio». Certo, l’identificazione dello Spirito con la componente materna di Dio ha dei pre- cedenti nei Padri orientali, che lo associa- vano alla sophìa , la Sapienza divina e inol- tre in ebraico ruah è femminile. È giunto il momento in cui l’umanità percepisca Dio come una presenza amorosa, non più giudicante. La condanna ce la diamo noi, non Dio. Ed è proprio questo che dice Pa- pa Francesco, che punta a risvegliare i cuori, le coscienze, per renderli più aperti all’amore. Il momento che viviamo ci ap- pare tenebroso, ma è in atto una grande espansione spirituale che può riconciliare l’umanità a se stessa. Se ci apriamo all’amore, diveniamo strumenti dell’opera dello Spirito santo, crescerà la comunione tra Dio e l’umanità, tra tutti gli esseri vi- venti. La relazione di amore accoglie, so- stiene. Quella che lei pratica è una maternità spiri- tuale, la stessa che ha visto come caratteristi- ca dello Spirito santo. Nel suo libro parla di un nuovo tempo che si sta aprendo per l’umanità, un’era della madre. Oggi siamo in un momento di grande prova. Tutte le resistenze che ostacolano l’opera dello Spirito sono come uscite allo scoperto. Satana, in ebraico “avversario”, sta tirando fuori tutte le sue forze. Lo ve- diamo dalla crisi della maternità. Le don- ne, che sono al cuore dell’amore, stanno perdendo il senso materno, la capacità di accogliere e di amare. Ma oggi assistiamo alla riscoperta di Maria da parte di tante donne che se ne erano discostate: così vie- ne riconosciuto un nuovo modello femmi- nile che chiede di essere incarnato sempre più universalmente. C’è un aspetto nella maternità divina che mi commuove pro- fondamente: i figli, aprendosi al materno amore, scoprono che la madre portava nel suo cuore le pene che essi non volevano sentire. «Sono la madre di una umanità ferita che sanguina per quanto si è allon- tanata da me» dice lo Spirito santo. Ma la nuova era, quella dell’amore materno, si sta avvicinando: l’umanità comprenderà, non potrà più credere di bastare a se stessa. Quali sono i suoi progetti per il futuro? Sento che è venuto il momento di apri- re una pustinia , un luogo dove ospitare le persone che hanno bisogno di silenzio e di ascolto. Affido questa intuizione allo Spirito. Un’altra iniziativa significativa è portata avanti dal Tempio per la pace, che frequento da molto tempo. È un’associa- zione laica sorta a Firenze che raccoglie persone di diverse religioni e non credenti. L’idea sarebbe quella di ottenere dal co- mune di Firenze uno spazio permanente per il silenzio come è stato fatto a Ber- lino». Ci si allontana con dispiacere da questa fragile figura femminile che sa irradiare tanto amore, che sa vivere in ogni momen- to la maternità spirituale. Ma sapere che Antonella Lumini vive nel mezzo di una città, mescolata alla vita affannata e tesa di ogni giorno, riempie di speranza. Io mi metto in ascolto, accolgo e scrivo Finito il tempo delle mediazioni oggi dobbiamo ascoltare direttamente la voce dello Spirito Ora sono le donne a dover parlare perché le donne sono più ricettive Sanno riconoscere la tenerezza di Dio sanno trasmetterla e raccontarla Da oltre trent’anni un forte richiamo al silenzio e alla solitudine ha spinto Antonella Lumini (Firenze, 1952) a condurre una vita di nascondimento nel mondo. La sua unica regola consiste nella ricerca di un equilibrio fra dentro e fuori, fra ascolto di Dio e ascolto delle persone, fra ricerca interiore e immersione nella realtà. Dopo studi filosofici, si è dedicata allo studio della Scrittura e di testi spirituali frequentando corsi di filologia biblica. Lavora a tempo parziale alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dove è responsabile del Settore dei libri antichi. Tiene incontri di spiritualità e meditazione. Tra i suoi libri più recenti, Memoria profonda e risveglio (2008); Dio è madre (2013). donne chiesa mondo Jean Guitton, «Florence» (1920) Dipinto sul soffitto della chiesa Debre Berhan Selassie a Gondar, in Etiopia (foto Gerster) contri a volte sono organizzati dalla Chie- sa locale, altri da gruppi che chiedono so- lo un avvicinamento alla spiritualità. Ci sono persone che chiedono ascolto, collo- qui individuali. Alcune solo per depositare

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