donne chiesa mondo - n. 22 - aprile 2014

L’OSSERVATORE ROMANO aprile 2014 numero 22 Sua madre confrontava tutte queste cose nel suo cuore donne chiesa mondo Nuovi ruoli, nuovi compiti È aperta da tempo fra le donne della Chiesa una riflessione sul loro ruolo e su possibili nuovi compiti che valorizzino la presenza femminile. Papa Francesco — che, nel primo anno di pontificato, ha stupito il mondo con la sua parola e i suoi gesti — ha annunciato un passo avanti anche su questo punto. Alla riflessione, importante e non più rinviabile, partecipa anche «donne chiesa mondo». Questo foglio sta cercando e cercherà nei prossimi mesi di rendere questo momento di riflessione il più possibile fecondo, ricco di idee, di pensieri e di fantasia. La nostra presenza in questi anni si è fondata su un’idea molto semplice: la Chiesa, composta in grandissima parte da donne, deve dare posto alle loro capacità e al loro contributo. «Pensiamo alla Madonna — ha detto di recente il Pontefice — nella Chiesa crea qualcosa che non possono fare né vescovi né Papi. È lei il genio femminile». La scelta di una pagina sulla teologia della donna ha rafforzato l’idea originaria. In questo numero padre GianPaolo Salvini precisa: «Non si tratta di clericalizzare le donne, come alle volte sembra venir proposto da certe soluzioni, ma di trovare gli spazi adatti in cui il carisma femminile possa esprimersi e venire valorizzato anche in termini di capacità decisionali e di autorità, o, come sarebbe più consono nella vita della Chiesa, di servizio autorevole all’intero popolo di Dio». Il cammino finora è stato difficile. Per questo, oltre che di una vera discussione, c’è bisogno di molta speranza e di molta fede. E quasi di un miracolo. «Nella Chiesa, come nella società, questa rivoluzione culturale esige dagli uomini e dalle donne l’umile riconoscimento del terreno troppo occupato dagli uni o lasciato inoccupato dagli altri» afferma nel suo articolo Dorothée Bauschke. E non si può non condividere. ( r.a. ) Intellettuale collettivo Intervista a Dominique Quinio, prima donna a dirigere un quotidiano in Francia di C ATHERINE A UBIN «Un quotidiano come il nostro è un col- lettivo. Anzi, è un “intellettuale colletti- vo”, meravigliosa espressione che ho eredi- tato da Alain Rémond, autore del billet sull’ultima pagina di «La Croix», e che condivido appieno. Non siamo un gruppo d’individui intellettualmente molto dotati, ma, piuttosto, è insieme che costruiamo qualcosa». È sicura Dominique Quinio, primo direttore donna del quotidiano cat- tolico francese «La Croix», incarico che ricopre ormai da otto anni. Ci presenta il “suo” giornale? Ciò a cui guardano i nostri lettori è il giornale nel suo insieme e la loro storia con «La Croix» va ben al di là degli ulti- mi otto anni; si tratta di vecchi rapporti di fedeltà, dal 1975. Perché la mia carriera l’ho fatta soprattutto a «La Croix», e la ricchezza di questo rapporto di fedeltà e di scoperte è che, come qualsiasi altro rap- porto, si evolve nel corso degli anni e del- le funzioni che si esercitano, quando si è all’inizio della carriera, quando si è un ele- mento tra gli altri, e poi dopo, quando si assumono responsabilità. So che «La Croix» esisteva molto prima di me e so che esisterà molto dopo di me. Natural- mente, quando si dirige un giornale e bi- sogna scrivere molti dei suoi editoriali, inevitabilmente dall’esterno si viene identi- ficati con esso, forse un po’ più degli altri giornalisti. Ma io sono solo “una” in una catena. Il mio lavoro è proprio quello di passare il testimone e di far muovere que- sta “vecchia signora” ultracentenaria («La Croix» esiste da centotrent’anni), di co- gliere le nuove opportunità, comprese quelle tecniche (internet) così come l’evol- versi della società, della Chiesa. Significa essere traghettatori da una generazione all’altra. Leggendo «La Croix» si percepisce una grande attenzione per la qualità delle relazio- ni tra i lettori e il giornale. Sì, ed è una cosa formidabile. La pre- senza del Courrier des Lecteurs (Lettere al direttore) è fondamentale per la ricchezza del giornale e per comprendere quel che dobbiamo fare: cogliere l’evolversi del pensiero è indispensabile. Gestisco perso- tori non hanno sempre ragione: chiara- mente, occorre anche fare una scelta in co- scienza tra ciò che è importante e ciò che non lo è. Non dobbiamo forzatamente piegarci a una sorta di consenso del letto- rato, ma è importante ascoltare la sua vo- ce perché nella Chiesa cattolica non ci so- no molti spazi di dibattito pubblico dove poter far crescere una sorta di opinione pubblica. Io sono estremamente fiera che qui, da noi, questo spazio di espressione esista. Che tipo di giornale siete? «La Croix» è un giornale di idee, non un giornale di parte. Possiamo affermare ciò in cui crediamo, oppure esprimere un giudizio — su un cambiamento sociale per esempio — e comunque rispettare le perso- ne che non la pensano allo stesso modo. Cerchiamo di fornire gli elementi per comprendere una situazione, di far parlare la gente che può trovarsi al margine della società o della Chiesa, e di mantenere la calma nelle tempeste dove i divari sono talvolta molto consistenti. Tentiamo di es- sere fermento di pace e non un luogo d’inasprimento di conflitti. Vogliamo esse- re ponti e mediatori tra la Chiesa e la so- cietà, tra gli stessi cristiani, tra i cristiani e gli altri credenti e quanti non credono. Il nostro è uno spazio di dialogo che pre- suppone l’essere saldi nella propria identi- tà: siamo un giornale cattolico che appar- tiene a una congregazione religiosa, dun- que facciamo riferimento ai valori del Vangelo, il che non ci impedisce affatto di essere attenti a quel che si vive altrove. Sappiamo che ciò che il nostro giornale dice e scrive viene recepito dai suoi lettori e, attraverso il sito internet, da un pubbli- co molto più vasto, ossia “dalle periferie”, come direbbe Papa Francesco. C’è un grande interesse nei nostri confronti anche da parte del mondo mediatico circostante che, sapendo che siamo un quotidiano di qualità, è interessato a scoprire come su quali argomenti un giornale come «La Croix» prende posizione. Siamo molto di- versi dagli altri giornali. In cosa siete diversi? Nella gerarchia dell’attualità. La nostra ragion d’essere è l’attualità ed è essa a gui- darci. Ma in questa abbondante attualità che “rimbalza” continuamente su di noi, facciamo ovviamente una selezione: tra ciò che è futile e ciò che è importante, tra ciò che ha gravi conseguenze per gli uomini del nostro tempo e ciò che invece è secon- dario. Vi sono argomenti che approfondia- mo maggiormente, per esempio le questio- ni che riguardano l’etica, la società, la fa- miglia o la solidarietà sociale. Quello che cerchiamo di fare — e che non è tanto fre- quente tra i nostri colleghi — è di dare ai lettori, nella situazione attuale spesso mol- to dura e triste, motivi per sperare. Vale a dire ricercare in questa attualità sprazzi di luce, persone luminose, persone che agi- scono e infondono nei lettori la voglia d’impegnarsi. Ciò che vi interessa, dunque, non è solo l’evento ma anche l’aspetto umano dell’e- vento? Assolutamente sì! Il cardinale Etchegar- ray ha invitato i giornalisti a guardare ovunque vi sia un uomo. E Noël Copain diceva che trattiamo questioni dove a esse- re in gioco è il destino dell’uomo. A noi non importa la superficie delle cose, ma piuttosto tutto ciò che ha conseguenze fe- lici o meno felici sulla vita degli uomini del nostro tempo. Lei ha scritto: «Si deve guardare agli eventi da un'altra angolatura»: non è proprio que- sta la particolarità di «La Croix»? La cosa importante è capire le motiva- zioni delle persone. Ebbene, i temi legati al matrimonio, alla fine della vita, sono te- mi eminentemente politici che dovrebbero essere al centro delle riflessioni degli uo- mini politici. Lei è stata la prima donna a dirigere un quotidiano in Francia. Come vive il fatto di essere donna in mezzo a una novantina di giornalisti che sono in gran maggioranza uo- mini? Il mio primo incarico come giornalista è stato quello che oggi viene chiamato se- gretario di redazione. Ciò vuol dire che mi trovavo alla fine di tutto il lavoro e alla messa a punto del lavoro altrui; tra la ri- lettura, la scelta dei titoli, l’impaginazione, dunque ero al servizio del lavoro altrui. Amavo farlo: amo far emergere idee, mi piace che le persone portino a termine le proprie idee, mi considero una levatrice del lavoro altrui. È femminile come modo di procedere? Indubbiamente sì! Le sue sfide? Una certa fermezza nell’apertura per continuare a far sì che «La Croix» sia un luogo di pace rivolto a favorire il dialogo tra le persone. Io stessa sono quasi al ter- mine della mia carriera professionale e spero di avere molti, molti eredi. Amo far emergere le idee e mi considero una levatrice del lavoro altrui È femminile come modo di procedere? Indubbiamente sì! Dopo la laurea in lettere e il diploma presso il Centro di formazione dei giornalisti di Parigi, Dominique Quinio inizia la sua carriera di giornalista a «La Charente Libre»: è il 1974. L’anno dopo entra a «La Croix», dove sarà, nell’ordine, segretario di redazione, redattrice, responsabile del servizio “societé”, redattrice capo, vice direttrice nel 2000 e, dal 2006, direttrice. Sposata e madre di quattro figli, Quinio è stata revisore dell’Institut des Hautes Études de Défense Nationale (Ihedn), membro del comitato di redazione della rivista «Études» e dell’Alto Consiglio della popolazione e della famiglia. È anche membro del Comitato delle settimane sociali. donne chiesa mondo I corridoi della scuola-convento sono troppo lunghi: per spostarsi, dunque, la madre superiora, suor Mary Angela, usa un monopattino azionato da un motore a batterie (Chicago, 1970) nalmente, insieme a una équipe, il Cour- rier des Lecteurs perché lo considero un elemento fondamentale, da un lato per in- dividuare la soddisfazione o l’incompren- sione rispetto alle cose che abbiamo fatto, e dall’altro per vedere quali sono gli argo- menti che preoccupano i lettori. Ma i let- Isabella Ducrot, «Primavera» (2014)

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