Cultura e realtà - anno I - n. 2 - luglio-agosto 1950

46 NOTE mai. E scrivere, sia pure combattendo, vuol dire esser felice. Lo scrittore che non si contenta del suo lavoro nei giorni che gli è toccato di vivere, non è uno scrittore. E siamo certi che non lo sarà nemmeno nel sospirato giorno in cui la società finalmente socialista gli offrirà i più impeccabili modelli di civismo. Allora troverà che il mondo non è ancora comunista. E così via. La poesia (anche quella dei neorealisti) non ha nulla a che fare con queste velleità, con queste scappatoie. La poesia è l'immagine «chiara» di ciò che nell'esperienza ci è parso «oscuro», «misterioso», «problematico». in qualunque esperienza. E in qualunque momento storico ci tocchi di vivere.. Cesare Pavese CRITICA E CRITICI Nelle Proposte per una critica d'arte («Paragone», gennaio 1950) il Longhi ha di recente espresso la sua dichiarazione teorica in sede di critica d'arte figurativa, nella presa di posizione contro l'impostazione fondamen– tale della Storia della critica d'arte di Lionello Venturi. Nel disegno generale della sua Storia della critica d'arte, il Venturi ave– va tentato la convergenza, per l'illuminazione storica di un atteggiamento critico, non solo dell'esperienza vissuta dell'arte, ma dei presupposti filosofici– estetici, assunti più nel senso di Weltanschauung, orientamento, dinamica di un'attenzione, di un gusto, che di inflessibili imperativi. Ché se nella teoria estetica non può esaurirsi la critica d'arte, questa, come neppure può assolversi nel momento analitico del gusto senza riuscire alla complessità di un giudizio con pretesa di universalità, richiedeva tut– tavia di tener conto di come il « fattore ideale » (« dato dalle idee estetiche del critico, e in genere, dalle idee filosofiche e dai bisogni morali di lui, insomma dalla civiltà cui egli aderisce e che egli contribuisce a formare », Venturi, Storia della critica d'arte, pag. 47) si muovesse come possibilità for– mativa, orientante il giudizio critico stesso. Il Longhi, pur sostenendo uno sbocco di « validità universale » alla cri– tica, tiene fermo il punto che la vera critica, articolandosi sulle facoltà più immediate e sensibili, proceda empiricamente cioè indipendentemente dalle dottrine, il cui difetto fondamentale è di operare grandi schieramenti di princìpi in assenza delle opere. Gli universali filosofici sono quasi sempre stati ostili all'arte, incalza Biblioteca Gino Bianco

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