Critica Sociale - anno XLI - n. 21 - 1 novembre 1949

434 CRITICA SOCIALE se esercitarsi se nl)n su quei problemi che il Con– sialio avrebbe sottoposto al suo esame. Ma a Sb-asbur"'o, nella scorsa estate, l'Assemblea aveva cercato di forzare i vincoli entro cui era stata ri– stretta la sua attività ed era riuscita parzialmente nel suo intento, segnando pertanto l'avvio aid una situa1.ione dalla quale sarebbero potute nascere consegueme del più alto interesse. Ciò era avve– nuto perchè con coloro, in gran parte socialisti, i quali aspirarono a creare le cond'zioni propi1.ie alla cre·z:one di una Federazione europea si trovò concorde, a Strasburgo, il gruppo che fa capo a Churchill, il quale è tutt'altro che fautore di una Federazione, ma trovava in questa sollevazione dell'Assemblea contro le limita1.ioni imposte dal Consiglio alb sua attività, un mezzo per combatte. re il governo labur'sta, che pareva, e forse era effettivamente, il più accan'to nel difendere (per ragioni contingenti sulle quali avremo occasione di tornare fra poco) la sovranità degli Sta ti, e cioè dei Governi, da ogni limitazione, Per questa sitmz'one creatasi a Strasburgo, la Assemblea era riuscita a forzar la mano al Con– siglio e aveva ottenuto un ampliamento delle pro– prie possibilità di azione, che poteva essere su– scettibile di ulteriori importanti sviluppi. Ora a Par.gi si è percorso all'indietro quel cammino che si en fatto a Strasburgo. Si direbbe, come ha scritto qualche giornale, che il Comitato dei Mini– stri abbia voluto punire l'Assemblea della intra- 1 prendenza con la quale aveva cercato di allargare i suoi poteri e stabilire le premesse di ulteriori ampliamenti. Esso infatti ha escluso ogni modifica dello statuto che fissa i poteri e il funzionamento dell'Assemblea, adducendo ragioni di economia che certamente sono in gran parte un pretesto, le ha negato di mantenere in vita permanente le com– missioni tra le quali essa aveva creduto opportuno di dividere il suo lavoro e le ha anche tolto la competenza a trattare gli argomenti economici e culturali, col pretesto che essi appartengono ri– spettivamente all'O.E.C.E. e all'U.N.E.S.C.O. • • • Per quanto riguarda il problema del coordina– mento delle economie europee, è noto che la sua attuazione era stata posta sin d1 principio come condizione e fine ad un tempo degli aiuti che l'A– me_rica si apprestava a dare, a mezzo del Piano Mnshall, a tutti gli Stati europei che avessero voluto- profittarne. A parole ali Stati aderenti si dichiararono disposti a subir; quella cond'zione, ma nella realtà dei fatti si manifestarono sin da principio resistenze che era facile prevedere e che non sono certamente prive di qualche giusffica– zione. L'opera di coordinamento implica infatti una limitazione della libertà di iniziativa il cui esercizio illimitato avrebbe effetto di dete;minare afflussi eccessivi di capitali in determinati rami di produìione e afflusso insufficiente in altri 'rami e di creare condizioni per una sfrenata concorren~ za fra i diversi Stati, che ciascuno di questi cer– cherebbe di vincere collo strumento molto comodo d_eiforti dazi doganali e, in casi particolari, col ricor~o al « dumping » o ad altri simili accorgi– menti: cr~ando così una situazione nella quale ogni coordmaz1one delle diverse economie nazionali di– verrebbe. assolutamente impossibile. Le resistenze nascevano appunto dal fatto che, Biblioteca Gino Bianco nelle condizioni di difficoltà in cui si svolgeva nei singoli Stati l'opera di ricostruzione e di ricon– versione, ognuno di essi riteneva di non poter rinunziare a nessuna inizi.'.ltiva che le circostanze gli offrissero per il ragg:ungimento di un fine a cui era legata la ripresa di vita della popolazione e nessuno mostrò di rendersi conto delle conse– g1,1enzecui si sarebbe giunti. Essi hanno pertanto preparato l'aggravamento di quel male. che ave– vano l'aria di voler evitare. Gli Stati hanno in– fatti generalmente cercato di mantenere e raffor– zare la difesa della loro economia a mezzo dei dazi doganali, ragg:ungendo l'effetto cl1e era facile prevedere, che cioè era impedita quella maggiore ampiezza e intensità di scambi, senza cui nessuna economia può prosperare. E questo appunto è il pericolo che l'America ha sentito in tutta la sua graYità e contro cui ha cercato di correre ai ri– pari con la convocazione dell'O.E.C.E. L'America ha un doppio interesse a cercare di stimolare la flor:dezza economic.1 dell'Europa: 1) perchè essa ha bisogno di un mercato europeo che, salvato dal pericolo di crisi nascente dalla so– vraproduzione in alcuni settori, e posto- in condi– zioni, per la riduzione dei costi, di poter esportare in misura crescente quella parte dei suoi prodotti che è esuberante ai bisogni del consumo interno, si trovi nella possib"lità di assorbire in misura crescente quei prodotti americani, che l'Europa non potrà mai produrre in misura sufficiente ai suoi bisogni; 2) perchè un'Europa florida è la più efficace difesa contro .ogni pericolo di malcontento e di irrequietezza che offre un'altra possibilità di successo alla propaQ"anda delle quinte colonne del– l'imperialismo sovietico. Ecco perchè l'America ha intimato ora con p·iù preciso monito che si compia quell'opera di coor– dinamento posto già inizialmente come condizione alla concessione degli aiuti dell'E.R.P., subordi– nando a tale opera di coordinamento la prosecu– zione degli aiuti stessi. E' chiaro che a tal fine è necessaria anzitutto la cosiddetta liberalizzazione degli scambi, e di questa si è in particolar modo discusso nella adunanza delÌ'O.E.C.E. a Parigi. I risultati raggiunti. sembrano qui più promettenti per l'avviamento dell'unificazione europea che non quelli r?ggiunti a Parigi stessa con la delibera– zione del Consiglio europeo; ma possiamo vera– mente sperare che, a differenza di due anni ad– dietro, agli impegni assunti possa corrispondere ora la realtà dei fatti? Eppure solo per questa via è sperabile la salvezza dell'Europ1 e del mon– do, che anche in questo caso è minacciata dal ca– rattere particolaristico ed egoistico delle forze capitalistiche. • • • Un punto particolare, che crediamo ut'le illu– strare brevemente. è b posizione dell'Inghilterra di fronte ai problemi sopra trattati. E' l'Inghil– terra che ba ispirato ora in modo preminente le decisioni prese dal Consi1?lio Europeo• è l'Inghil– terra che più tenacemente res'ste pe; non sotto– porsi ai vincoli necessari ad attuare la coordina– ~ionc _d~lle economi~ europee. Comprendiamo bene 1 mot1v1 che determmano la sua condotta nell'uno e n_ell'~ltr_ocamp,°' Essa non può rinnegare, per la sohdar1eta con I Europa, la solidarietà col « Com– monwealth »; essa ha inoltre legittimo timore che

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=