Critica Sociale - anno XLI - n. 19 - 1 ottobre 1949

402 CRITICA SOCIALE Non ci attentiamo a far pronostici ,per conto no– stro. Sono tante le forze in giuoco che non è facile fare previsioni che abbiano un certo e-rado di sirn– rezza. E' tuttavia prevedibile che, dopo un br~ve periodo di sospensione, g-li Stati sentiranno il bi– sogno di affrettare i loro preparativi di guerra, è presumibile che nei gabinetti scientifici di tutti i paesi le menti dei ricercatori si aguzzeranno Lella · ricerca di qualche nuova forza distruttiva; che per– tanto, dopo un breve periodo di tempo in cui rimar– •ranno sospese in aria le speranze di veder sorgere dal nuovo avvenimento una qualche distensione nei rapporti internazionali, si farà più densa l'atmosfe– ra di sospetti e di ansie, la psicosi bellica. Una cosa risulta chiara da tutto quel che avviene in questi giorni: che l'Europa (intendiamo parlare di quella che è di qua dalla cortina di ferro) potreb– be avere nella situazione presente un'azione vera– mente efficace, e non l'ha. Sempre più turbata dal timore di que_lche avviene in Oriente e preoccupat;i delle improvvise turbolenze che possono esserci pro– curate <!l.'all'azionedel Cominform, turbata og,gi i!1 grado anche maggiore dal pensiero che la Russia, facendosi precedere dallo sganciamento di qualche bomba atomica nei centri più vitali d'Europa, po– trebbe in poche settimane avanzare fino ali'Atlanti co, senza trovare sensibili resistenze fuorchè di altre bombe sganciate da altri apparecchi immediatamen– te sopravvenuti da oltre oceano; l'Europa sente cli dover affidarsi tutta nelle mani dell'America e va sempre .più perdendo la sua autonomia. Fra breve, se continuiamo su questa via e di questo passo, i:r,n ci sarà atto importante della vita pubblica delle na– zioni democratiche europee per cui non sentire'::.10 di dover dipendere dal beneplacito americano. Non facciamo colpa. di questo affAmerica, la qna– le, se accett-1 e cerca di consolidare questa sua iun · zione di :irbitra, anzi di domìna della vita eurcpea, fin qui non ne ha abusato, anzi in compenso ci ha aiutato e ci aiuta a risorgere e a vivere, almeno ma– terialmente. La colpa è nostra. di noi Stati e popoli europei. Come si è attuato infatti il piano di coordi– namento che era stato posto come condizione del– l'attuazione dell'ERP e che doveva creare una più intima fusione di vita economica, e quindi anche pQ– litica e spirituale, fra le diverse nazioni europee? Come funziona l'OECE? Qmli 'segni seri e promet– tenti hanno dato a Strasburgo i rappresentanti dei Governi e dei Parlamenti europei di voler preparare quella· più intima unione che sola potrà fare dell'Eu– ropa una effettiva unità e senza cui questo vecchio continente dovrà adattarsi sempre più ad una condi– zione di sudditanza mortificànte e dannosa? L'Inghilterra è certamente quel.!a tra le nazioni europee che ha colpa ,preminente di questo stato di cose e sarà forse quella che ne sopporterà i danni maggiori. Essa ha bensì sentito che il periodo della splendid isobc,;tion era finito per sempre, inesorabil– mente, e si è perciò interessata dei problemi continen– tali europei, considerandoli come problemi della sua vita stessa, ma non si è -resa conto che bisognava offrisse anch'essa la sua porzione di sacrifizio sul– l'altare dell'unione ,perchè questa si compiesse con vantaggio di tutti, e perciò anche suo. Il suo conte– gno in materia coloniale è il segno più eloquente e più visibile dell:i sua incomprensione. Se anche esso ·fu determinato dalla persistente prevalenza del vec– chio elemento burocratico e •diplomatico che ancora domina nel Foreign Offiae e al cui influsso Bevin e BibliotecaGino Bianco i suoi collaboratori non son riusciti a· sottrarsi, non si nega tuttavia che anche agli intenti della politica laburista fosse nece~sario che l'organismo imperiale dell'Inghilterra non si sfasdasse tutto ad un tratto in modo che sarebbe certamente dannoso non soltan– fo al suo prestigio politico ma anche alla vitalità del suo commercio e alla sua floridezza economica. Ma si trattava di valutare se il sacrificio che l'Inghilter~ ra poteva fare non lasciandosi guidare da esclusive preoccupazioni egoistiche nella soluzione del proble– ma coloniale mediterraneo non potesse esser larga– mente compensato dai benefici di una ,più intima s~ Jidarietà con altri popoli, che avrebbe potuto, con una diversa politica, ass'icurarsi. II calcolo o non è stato fatto o ha condotto a conclusioni diverse da quelle che noi (non solo come italiani, ma anche, e soprattutto, come europeisti ed europei) avremmo potuto desiderare. Ma non c'è la sola questione delle colonie che at– testa quello che noi giudichiamo erroneo atteggia– mento dell'Inghilterra: ci sono altri segni, tra i qua– li ha preminente importanza l'atteggiamento di as– soluta indifferenza o avversione, già più volte rile– vata, che l'Inghilterra ha assunto di fronte al pro– blema della Federazione Europea. Sì, lo sappiamo, che, avendo da svolgere un piano di trasformazione economica che ha una portata veramente rivoluzio– naria e che non poteva e non potrebbe certamente avtre il consenso della maggior parte dei governi l\e– gli altri paesi europei, i'Inghilterra aveva bisogno di non pregiudicare la sua libertà di decisione e di a– zione e doveva quindi rimanere esitante di fronte ad uria proposta -che necessariamente include una par– ziale rinunzia di sovranità dei singoli Stati, senza cui, come abbiamo ripetuto più volte, nessuna pos– sibilità di organizzazione federale può immaginarsi. Ma anche qui si trattava di valutare, di fronte ai danni, anche i benefici che all'Inghilterra possono derivare dalla sua adesione ad una federazione c'.1- ropea, la cui costituzione è impossibile senza tait ade– sione, e da questa sarebbe invece fortemente agevo– lata e affrettata. l'er fare una siffatta valutazion,e occorre tener conto che l'idea del social:smo in un solo ,paese ap– pare semp~e assai lontana dalla realtà, in un'econo– mia intrecciata come quella che lega i paesi di tutto il mondo_ gli europei in ispecie. Nè è da pensare che la limitazione di wvranità connessa al vincolo fede– rale possa togliere qll'Inghilterra la libertà di quelle -riforme di struttura che essa va compiendo. Oppure quelle limitazioni che essa eventualmente potesse su– bire avrebbero il corrispettivo di un reciproeo im– pegno da parte degli altri paesi. Ci avvieremmo così veramente a quella pianificazione economica intern:it– zionalmente coord'nata, ,che segnerebbe b ,possibilità di un riscatto dell'Europa da quello stato di suddi– tanza verso cui essa appare, come abbiamo detto so– pra, sempre più avviata. E nell;i lotta fra sterlina e dol!aro, che non è sol– tanto lotta di direttive nella politica economica-so– ciale, ma è certamente anche questa, l'Inghilterra avrebbe forse potuto contare su qmlche appoggio che ora, per il suo isolamento, le è mancato. U.G.M. Le~gete e diffondete il quotidiano del P. S. L. I. L'UMANITA'

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