Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

170 CRITICA SOCIALE dotti poteva dare impulso ad un maggior sforzo di produzione da parte dell'elemento indigeno. Ma in Libia, dove è ancora necessario fare o rifare tanti lavori pubblici che son premessa ad un van– taggioso sfruttamento della terra, dove è neces– sario pertanto spendere tanti capitali per dare fer– tilità a quei territori, non è da sperare che l'opera degli Inglesi riesca rispondente alle necessità del– la nostra colonizzazione. Forse qualche maggior risultato è lecito attendersi dalla iniziativa ameri– cana, eccetto che, come da alcuno si sussurra, es,n non sia restìa a iµtrodurre mano d'opera itaiiana per il timore che tra essa si costituisca una quinta colonna. Certo è ad ogni modo che se, come è pro– babile, la speranza di restituzione delle colonie andrà fallita, l'opera del governo italiano dovrà esser rivolta soprattutto ad assicurare il colloca– ménto della nostra mano d'opera, specialmente contadina, in quei territori che saranno stati sot– tratti al nostro dominio . • • • Mentre questa discussione si dibatte davanti al- 1'O.N.U., il Patto Atlantico può ormai considerarsi un fatto compiuto. Presto il testo del trattato ver– rà in discussione davanti ai Parlamenti europei. la cui approvazione può ritenersi sin d'ora fuori di discussione. Questo serve a delineare sempre meglio il carattere del « comiz10» internazionale per la pace che si va in questi- giorni raccogliendo a Parigi. Esso non può esser destinato ad altro che ad accumulare nuove difficoltà sul cammino che debbono percorrere i Paesi dell'Europa occiden– tale. Gli avvenimenti di Bulgaria aggiungono in questi giorni nuovi elementi per fornirci una im– magine anche più precisa di quel che. sono le « de– mocrazie popolari» e dell'attitudine che esse han– no a stabilire nel mondo un regime di pace inter– na ed f:)Sterna.Noj che prendemmo posizione con– traria al Patto Atlantico, sentiamo di poter parla– re più liberamente e con maggiore autorità, di– chiarando che non sono mossi da alcun desiderio di pace coloro che hanno organfazato il comizio mondiale di Parigi e che vogliono atteggiarsi a salvatori dell'Europa e del mondo dal pericolo di , nuove guerre. Queste manifestazioni, che dimo– strano una pervicace attività· delle quinte colonne e accrescono perciò il sospetto di pericoli che in– combono su paesi in cui esse esercitano l'opera loro, non sono 1 certo i mezzi più adatti a promuo– vere ·quella distensione dalla quale soltanto potrà venire una maggiore garanzia di pace. Certo, co– loro che hanno preso posizione contro il Patto Atlantico non debbono arrendersi per il fatto che, come abbiamo detto, esso pl!IÒconsiderarsi ormat come un fatto compiuto. C'è da vigilare con molta ;ittenzione perchè esso rimanga sempre nell'ambi– to di uno strumento di difesa ; perchè non costitni– sca un rafforzamento di quello spirito militaresco che tende a generare· anche un più aspro spirito reazionario .nella politica interna dei vari Paesi; perchè. infine si cerchi di avviare l'Europa verso quell'ordinamento· federativo, nel quale soltanto potrà trovare il mezzo per la ricostituzione di una sua piena autonomia e per la· conquista di una pa– ce più sicura. Ma al raggiungimento di questi fini non giovano, certamente clamoro!!e manifestazioni come quella di Parigi, la quale non può avere al– tro effetto che ·di accrescere la tensione ; all;i. quale Biblrote a Gino Bianco pertanto fa meraviglia ·che abbiano inviato la loro . adesione uomini che non paiono disposti ad in– dulgere a nessuna forma di demagogia o di siste– mi agitatorii. • • • Intanto in casa nostra, per dimostrare la sua buona volontà e capacità di compiere riforme au– daci, il governo ha, per bocca del suo Presidente, dato il primo annunzio del progetto, redatto dal ministro Segni, di riforma fondiaria. Veramente dalle comunicazioni fatte appariscono molto chia– re le linee direttive del progetto, come hanno os~ servato non solo il nostro Pagani, ma anche altri studiosi che hanno espresso le loro prime impres– sioni su giornali conservatori e ministeriali. Pare tuttavia che anche questo nuovo progetto miri soprattutto alla creazione artificale di un gran numero di piccole proprietà ,seconào la concezio– ne democristiana che era evidente anche nell'altro progetto Segni, ancora davànti al Parlamento, sui contratti agrari. Ora è superfluo dire che non è questo il fine a cui noi miriamo e non è neppure il termine verso cui muove la spontanea evoluzio– ne del nostro ordinamento economico. Come sa– rebbe assurdo voler far risorgere· le anticlìe bot– teghe artigiane al posto delle grandi aziende in– dustriali, è pure assurdo (se anche in grado infini– tamente minore) voler distruggere il benefizio che nasce dalla esistenza di grandi aziende agricole, nelle quali è possibile una oculata direzione tec– nica, l'impiego razio:n~e degli strumenti più per– fetti, una razionale distribuzione deUe colture se– condo la natura dei terreni, ed altri benefici che riescono a vantaggio non solo dei proprietari delle aziende, ma anche della società, in quanto costitui– scono -an mezzo per l'accrescimento della produ– zione. Costituire delle piccole proprietà significa, nella maggior parte dei casi, dare piccoli app~z– zamenti di terra a gente che, per risparmiare le spese della produzione, 'rifiuta ogni intervento di tecnici, cerca di disfarsi della mano d'opera di braccianti accresceµdo così la disoccupazione e -~diminuendo il prodotto lordo, e così via. La costi– tuzione delle piccole proprietà può servire, nell:i, · concezione democristiana, a creare una classe di •gente soddisfatta, che diventa un saldo elemento di conservazione sociale ; la promessa di esse può servire, neli'intento dei comunisti, a creare un nuovo fomite di ~gitazione e il mezzo per accapar– rarsi un certo sèguito, che si traduca anche in aumento del numero dei voti; ma la società, nel suo complesso, non ha interesse a che queste pic– cole proprietà si diffondano in un momento in cui i progressi dei sistemi di coltura richiedono anzi un processo inverso per quel che riguarda la pro– prietà della terra. Ma poichè evidentemente c'è anche un aspetto sociale cui bisogna provvedere, sottraendo a un piccolo numero di proprietari il possesso di una parte troppo notevole della ricchezza fondiaria, una riforma in questo campo è certamente neces– saria. La soluzione finale a cui noi miriamo è, CO• me è noto, il passaggio dalla proprietà individuale alla proprietà collettiva anche della terra, come degli altri mezzi 'di produzione. Oggi, se si vucl risolvere l'aspetto sociale <lel problema fondiario, seconda aspirazioni di giustizia e in modo confor– me alle esige:nze della produziòne, non vi ~ altra

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