Critica Sociale - anno XLI - n. 8 - 15 aprile 1949

Critica Sociale ~ lllVb"'7 A ar,mmers if'LB DEI. SOCJ tf'f.lSMO badat. de lllll!PPO TUR.ATJ In Italia: Anno t. 1500 (Abbon. sostel'litore L. 3000) Semestre L. 800 Trimestre L. 425 Estero » » 2500 » » » 4000 » » 1300 » » 700 DIREZIONE E AMMINISTR.: Milano, Piazze Dlaz, 5 - Tel. 16,319. C. C. post. per abbonati n. 3-8225 • Spedizione In abbonamento postale: gruppo 2• Anno XLI • N. 8 Un numero separato L. 70, Milena, 15 Aprile 1949 SOMMARIO Politica ed attualità A che punto· s,iamo? (U. G. M.) Per -la difesa della democrazia (G1uitANo PxsCHEL) J gior,ani non sono fascisti (Pmao CA'I,EFFI) Democra!Zia e sociaU .s.mo (ALFREDO PoGQI) Problemi economici e sociali A pil'O.posito della Lega nazionale delle coo,perative: Do,po il convegno dei coopero.tori del P.C.I. (GIULIO PULITI) - Per l'fodipendema della cooperazione (GIULIO JERMINI) • La Lega delle cooperative (MARIO CASAUNI) La rtforma agraria (-FRANCESCO SAJA) Nota ~ul latifondo (ALDO PAGANI) Storia, filosofia, varie,tà La Repubblica romana del 1•849 e la sua Costitu'ente (conti- nuazione e fh;1e) (GIULIO CASALIN'I) _ Le forze economico-sociali e la pre,parazione del 1848 nel Lombardo-V1eneto (continua) (Gurno QuAZZA) La pratica della cremazfone (Stcoa) 'Fatti e commenti della stampa italian·a ed estera (rp.ga e f.p.) Ciò che <Sista,mpa: BRUNO REVEL, La Co-mu:ne (Piero Gallardo). A che punto siamo? Fu data giustamente lode al governo (e anche ' noi ci associammo) per non aver posto la restitu– zione delle colonie, o altro simile vantaggio, come. condizione per la nostra adesione al Patto Atlan– tico, perchè il porre una simile condizione avrebbe reso anche più pesante la Hmitazione Idi libertà che potrebbe derivarci dalla nostra adesionè. Pro– babilmente, del resto, non era possibile· chiedere nessun compenso, perchè era stata la diplomazia italiana che aveva sollecitato l'invito affinchè an– che il nostro Paese apparisse tra i pr0motori del Patto Atlan tico. E' certo tuttavia che, se anche la restituzio.ne delle colonie non fu posta come condi– zione per l 'adesione, si sperava che essa dovesse conseguirne come effetto._Le ultime notizie ci dico– no invece che, se anche Sforza è riuscito a W a– shington ad impedire che l'Inghilterra possa sin dalla prima votazione avere il numero di voti suffi_ ciente per fare accogliere il suo· programma relati– vo alle colonie italiane, è tuttavia ben lontano dal– l'essersi accaparrato tale numero di adesioni da poter ottenere che anche una parte della Libia e della Eritrea sia assegnata all'Italia. All'ultimo momento è anzi venutQ fuori un altro pro-getto, quello del rappresentante dell'Inldia, ·che ci con– tende il possesso anche della Somalia. Il risultato sar~ probabilmente o una nuova pro;oga della so– luz10ne, o una soluzione di compromesso, certa– men'te molto vicina alla proposta inglese. Dichiariamo subito che non ci sentiamo affatto disposti ad associarci. alla disperazione o alla pro. testa cui tanti si aJbbandoneranno nel caso che le colonie non ci siano rese. Saremmo anzi disposti a vedere un aspetto utile di questa · certamente in– giusta, soluzione, qualora Inghilt~rrà e America negandoci la restituzione ,delle colonie, si servisse'. ro deNe coste del territorio della Libia per le loro basi navali ed aeree, evitando di stabilirne troppe nell'Italia meridionale e nelle isole e di espoÌ'le nel caso di conflitto, a ro-vine eh; è facile sup'.'' porre. E' vero però che le· fatiche con cui i conta– dini nostri hanno dissodato le terre della Libia e cavati i primi frutti da un suo'1o che aveva il carattere dì deserto, ris.chiano di andar perdute. Ciò nonostante, se Inghiltena e America si ren– dessero conto che l'eccesso di popolazione italiana ha bisogno di trovar sbocco dovunque questo sia possibile e fornissero esse i capitali necessari pllr un'opera di colonizzazione più ampia di quella che è stata fatta in Libia nel periodo fascista, po– trebbe uscirne una soluzione accettabile anche per noi, se anche non sia cosa allegra che noi offriamo materiale umano in quell'impresa in cui gli altri portano il contributo dei capitale. Ma questo deri– va da- .l}na nostra esuberanza di uomini che han bis0gno di andare a cercar lavoro fuori dai confi– ni della patria, e dalla scarsità nostra di capitali, che non sono sufficienti neppure alle urgenti ne– cessità cui dobbiamo provvedere nel nostro teTri– torio nazionale. Il guaio è che l'Inghilterra; la quale rivendica per sè la parte migliore della Libia, 'da lungo tem– po ha perduto l'a;bitudine di considerare le, colonie come estensioni di terra da porre a coltura più razionale che gli indigeni non sappiano e non pos– sano fare. Soltanto i primissimi emigranti inglesi in America si sono dati all'agricoltura e i primis– simi emigranti in Australia aUa pastorizia; e ap– pena ebbero formato i primi capitali aècaparra– rqno terre per la massima estensione possibile, ma le fecero lavorare dagli schiavi («tratta dei ne– gri ») o dettero incarico ai deportati in Australia di custodire le greggi che vi erano allevate per conto •loro. Superate le prime fasi della coloniz– zazione, le colonie divennero apprezzabiii per l'In– ghilterra soltanto per la possibilità di porvi basi navali, o come mercati di rifornimento delle ma– terie prime o di vendita dei prodotti. Incoraggia– mento allo sviluppo agricolo non dettero se non in quanto la richiesta da parte loro di certi pro-

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