Critica Sociale - anno XLI - n. 3 - 1 febbraio 1949

CRITICA SOCIALE 65 re. La tragedia della montagna, che agonizza, consiste pro– prio nell'attuale 'feroce sfruttamento della terra ,. del lavo– ro umano, donde la miseria diffusa e profonda: miseria mo– rale e materiale, che è il male antico di cui la nostra monta– gna muore. Ecco la prima occasione per cominciare a<l attuare, se si vuol fare sul serio, la. promessa riforma agraria. Si osser– verà che l'espropriazione di cospicua parte del territorio na– zionale imporrebbe allo Stato un gigantesco onere finanzia– rio, il quale, per se stesso, risulterebbe l'impedimento più efficace ad attuare, per la montagna, provvedimenti più mo– desti, invocati da tempo e da tutti riconosciuti assolutamente inderogabili. I Ma l'espropriazione dovrà essere graduale; cominciando da quei terreni montani che, sotto l'aspetto tecnico, econo– mico, sociale, saranno i più pronti a raggiungere una mag– giore produzione agraria-forestale. Alla proprietà espropria– ta potrà essere corrisposto, in un primo tempo, una quota parte del prevedibile importo di esproprio, sotto forma di un provvisorio titolo di Stato, a cui sia riconosciuto un in– teresse pari a quello del prestito per la « rico~truzione >. Così distribuito, nello spazio e nel tempo, limitando lo sbor– so di denaro ai soli interessi passivi, in attesa di addivenire a una definitiva liquidazione allorquando il mercato- dei va– lori imrrobiliari abbia assunto un'andamento più sincero e più continuo, l'impegno finanziario, da parte dello Stato, non sembra preoccupante, anche se teniamo presenti tutti gli altri formidabili impegni che riguardano altri settori della vita economica e sociale del popolo italiano. • La proprietà terriera espropriata dovrebbe essere riorga– nizzata in nuove aziende agrarie-forestali, auto-sufficienti, per la parte montana che meglio e più prontamente si pr.-– sta, mentre la restante parte dovrebbe passare all'ammini– strazione forestale per aumentare il nostro troppo modesto demanio forestale. Ogni azienda dovrebbe essere affidata a una famiglia coltivatrice, con un contratto che al lavoratori' concederà l'uso della terra, mentre 1a proprietà rimarrà sempre delf6 Stato. Con di~posizioni legislative si difende– ranno queste aziende dal pericolo della loro polverizzazio ne. Rimettere in valore la montagna che si estende per tan ta parte del territorio nazionale, e attirare su di essa ur numero sempre maggiore di lavoratori, assicura la possibi lità di alleggerire il carico unitario di mano d'opera sull'un. tà di superficie territoriale, carico che, sulle non vaste pia nure italiane, comincia a essere eccessivo, con tutte le con seguenze che ne derivano. • Il progetto Ministedale, per quanto riguarda il repart, del prodotto, · reca : art. 10) « Al mezzadro spetta una quota di reparto pari al 53% dei prodotti e degli utili del fondo. Tale quota sarà del ~ per i poderi compresi in zona di economia mon• tana>. Con questo articoletto si ribadisce una intollerabile ingiu– stizia: la ricompensa al comodo e ben redditivo lavoro sull? fertile pianura e quella al lavoro, assai faticoso, sulla diru• pata e siccitosa collina sono uguali. Assolutamente insuffi– ciente il Id% in _più a favore del coltivatore ci<'lla indeter– minata zÒna di economia montana: cinica irrisione a una vita di lavoro, non di rado bestiale, che avvilisce e nor sfama. E' augurabile che la commissione parlamenta~e rimandi al Ministero competente il non felice progetto sui contratf agrari e, per poco sia possibile, proponga di ritornare alla sua sede naturale, quella sitidacale, lo studio della compila zione di un nuovo progetto da discutersi e approvarsi dalle parti interessate, piuttosto che il voto della obbediente mag– gioranza parlamentare imponga la risoluzione equivoca e · pericolosa di un problema che è fondamentale per la vita del p,;)p()loitaliano. Ma occorre far presto. Bisogna evitare che sia inter– rotta, per l'incertezza sulla propria sorte che grava sulle aziende medie e grandi, l'opera di miglioramento, di manu– tenzione e di conservazione fondiaria della terra italiana, per non deprimere e per aumentare invece la produzione agraria necessaria all'alimentazione del popolo italiano. GIUSEPPF. MAMI iblioteca_GinoBianco Queste povere Provincie (Lettera aperta al Sen. Boeri) Caro Boeri, Ho letto con molto interesse e, vorrei aggiungere, con commozione, il tuo articolo « Queste povere Provincie>, sul Corriere della Sera de! 4 gennaio; commozione che deriva dal ricordo di un'attività politico-tecnica wolta insieme, in un recente passato; interesse che attiene alla soddisfazione di vedere giustamente e precisamente criticato ur, progetto di legge, che, se approvato, potrebbe segnare la morte riel– l'Ente Provincia, cui, come tu sai, sono profondamente af– fezionato per antica tradizione e per intima convinzione. Tu sei stato preciso e completo, come sempre, in quel succoso articolo, e io mi sono rallegrato al pen~iero che, in Senato almeno, troveremo sicuramente, ,wi provinciali– sti, un alleato prezioso nella difesa della Provincia, il che è particolarmente rilevabile, in quanto si tratta di un mem– bro autorevole di quella Assemblea, e, per di più, di un ap– partenente al Partito Repubblicano, i cui aderenti non fu-, rono in generale, tranne forse Giovanni Conti, molto tene– ri per la Provincia, quando si discusse della sua conserva– zione o IIT'enonel nuovo ordinamento dello Stato italiano, approvato d~ll'Assemblea Costituente. E, nell'euforia che deriva da quella certezza, mi permet– to di sottoporre alla tua considerazione alcune osservazioni, che, mi pare, potrebbero costituire complemento, pur secon• dario, alle critiche da te formulate. · Per non annoiarti troppo te forse tu dirai che si tratta di verità lapalissiane) mi limito ad enunciare tre interro– gativi. 1) Non potrebbe sorgere il dubbio che la soluzione ac- 'colta dal progetto N. 212 per la composizione degli organi elettivi delle Amministrazioni provinciali sia anticostituzio– nale? Dice la relaziont: ministeriale al progetto che « il se– « condo titolo, relativo alla elezione delle Deputazioni pro– « rvinciali stabilisce che, fi110 a/l'entrata in vigore di 11uove e norme sulla costit1tzione delle Amministrazioni frovinciali, « -le funzioni a queste demandate sono esercitate in ciascuna « Provincia da una Deputazione composta di 8 membri nelle « Provincie con popolazione fino a 500.000 abitanti, di 10 « nelle Provincie con popclazione fino a 1.000.000 e di 14 « nelle altre». E' dunque evidente che, come tu hai naturalmente notato, la soluzione proposta ha carattere di PrO'll'l/isorietà, ma, a prescindere che, per ripetere quanto tu hai detto, « non vi è nulla di più stabile del provvisorio>, è da consi~erare che, in questo caso,. si tratta di « un provvisorio» che si in:1e– sta su di un altro «provvisorio», perchè come tu ben ~ai, le Provincie sono, dal 1944, amministrate da Deputazioni provinciali, nominate - sia pure su designazion~ dei C.L. N. - dai Prefetti, in attesa - disse allora -il legislatore - delle « elezioni amministrative>. E se, oggi, le Provincie so– no ancora amministrative dalle dette Deputazioni Provincia– li di nomina prefettizia, questo è avvenuto perchè non si ri tenne, nel 1946, di emanare una legge elettorale per le Pro– vincie, come avvenne invece per i Comuni, nei quali per– tanto le Giunte Comunali provvisorie, pure nominate <la, Prefetti in forza del Decreto legislativo del 1944, furono sostituite dai Consigli Comunali, democraticamente eletti a suffragio universale. Ma se, in quel momento, la differen– za di trattamento tra il Comune e la Provincia si spiegò con l'incertezza che allora sussisteva circa la ~orte dell'En– te Provincia, che tutti davano per spacciato, come si può giustificare oggi la previsione di un altro «provvisorio> o, se vuolsi, il prolungamento del «provvisorio>, <,uando la Costituzione ha detto che « La Repubblica si riparte in Re– gioni, Provincie e Comuni> (art. 114) e che « le Provincie e i Comuni sono Enti autonomi nell'ambito dei principi fis– sati da leggi generali della Repubblica che ne determinano le funzioni> (art. 128)? Ed è evidente che il progetto di legge n. 212 proprio a quest'ultima norma si è voluto riferire, quando ha detto che il sistema proposto dovrebbe valere « fino all'entrata in v,-

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