Critica Sociale - anno XL - n. 14 - 16 luglio 1948

326 CRITICA SOCIALE La leggenda dell'anno duemila lo penso che sia estremamente difficile convince– re gli uomini che ess_ivivono in 1:n'el!oca str:aordi– naria. Appunto perche lo « slmordrnarzo » - rn rap– porto alla storia e alle immani vicende che ci han– no preceduti - si riduce, chi ben guardi, a un dop– pio ordine di falli assai semplici: alla rapidità con cui le situazioni mutano e alla ine$plicabile conver– genza, che sembra dominala da un presenlif1!enlo {alale, di ogni molo storico verso soluzioni nichi– listiche. Parlo di «convergenza», non di « tendenza». Ten– . denzialmenle, ogni processo che s'inizia reca un ap– 'porlo cosil'uttivo. Ma l'irregolarità del suo sviluppo rivela ben p1·esto una serie di fondamela/i de,viazio– ni. Tulle queste deviazioni, che l'illusione colletti– va seguila a vedere sollo l'aspello di un'unica stra– da maeslm, da percorrere senza dubbi fino in fon– do, hanno pu naturale sbocco un mare oscuro, il cui rumoreggiare perviene distintamente al nostro spirito ogni volta che spingiamo in profondità l'in– dagine dei falli stori-ci in cui siamo, a turno, trion– fattori e vittime, protagonisti sempre, e ci colpisce l'intuizione doloroka df ciò che può accadere do– mani -- non singolarmente alle nostre persone fi– siche ma alla civiltà nel suo complesso, e alle più direlle e concrete manifestazioni del nostro mondo inlei-iore in particolare. Va lucida prescienza di un futuro catastrofico, contrassegnalo da distruzioni apocalittiche, che rap– presenta da un quarto di secolo il limite insuperabi– le di tanta parie dell'intelligenza contempomnea, venne fulmineamente s11scilala nei più ignari, nei meno allenti, nelle folle in cui la recezione avvie– ne di solito per lente gmdazioni successive, dalle clamorose esplosioni atomiche del periodo bellico e posi-bellico. In silenziò, si compì allora una decisi– va rivoluzione per cui, in quel punto preciso, Ira il pensiero più avanzato e la coscienza collelliva non vi furono più forti ·dislivelli, e con l'estendersi del perturbamento finirono per scomparire del tutto. S'è stabilito ora un circolo vizioso tra élite e massa, individuo e società, movimento e fine, un sistema rigido di vasi comunicanti in cui la spinta verso l'alto è data, con una chiarezza di visione che sgo– menta, dalla stessa aberrante certezza dell'inevila- · bilità di una sconfilla totale dell'umanità ad una scadenza fissala nei decenni futuri, e contempora– neamente da 1 una netta sfiducia nei mezzi <;he la ragione disperatamente suggeI"isce pe1· impedirla. (Ciò spiega il predominio,- inconlrast-ato quasi dap– pe1·tullo, di forme di crudo egoismo, l'edonismo mor– finomrme in cui molti tentano di annegare le 0.ngo– sce terribili dell'attesa). Ecco alcuni parallelismi impressionanti. Il gio– vane scienziato atomico Harrison Brown, a conclu– sione di un libro che ha fatto. il giro del mondo ed è, giova dfrlo, per buona parie aperto alla speranza (« Must destruction be our destiny? ») scrive: ,< Io temo che le nostre vanità e i nostri feticismi peri– ranno soltanto quando periremo noi stessi, per una applicazione sbagliala del no.çlro genio». Il senso profondo dell'angoscia d'im mondo in pericolo non si allenua se alla vibrante concitazione di Brown subentra l'amara pacatezza della parola altissima di un Croce (« La fine della civiltà»): « / rappresen– lantt della civiltà sono posti in condizioni d'infe– riorità e d'impotenza, come chi si vede privo di mezzi pratici del suo fare, e deve ripiegarsi, dispe– rando, su se stesso, in un modo di vivere che è sem– plice· attesa della morie. Di ciò gli ·esempi non oc– corre cercarli nelle 1$.lorieremote, perchè li offro– no quelle dei giorni nostri in tanta copia, che per– fino se n'è in noi attutilo l'orrore». L'uomo comu– ne nella sua risposta agli eventi che lo minacciano, raggiunge una concisione ancora maggiore; dice: non ci posso far nulla. Ma la conclusione ultima è la medesima, e non potrebbe essere più sconfortante. Man mano che l'acqua sale nei 'Qasi, si assiste al doloroso fenomeno di decomposizione delle ultime BibliotecaGino Bianco pertinaci speranze, nellé « magnifiche sorti e pro– gressive», infelice residuo dello scientismo positivi– stico, e a realizzazioni pratiche mostruose - in cui vediamo all'opera attivissime e potentissime forze dissolutrici - di teorie rimaste stranamente e ana– cronisticamente attaccate a quelle speranze. Con la anticipazione di qualche decennio, io vedo nascere· e diramare sul mondo le sue malefiche braccia la leggenda dell'anno Duemila. Vedo gli uomini proce– deI"e consapevolmente verso l'abisso. Forse alle so– glie della morte il panico s'impadronirà di loro, e questo sarà uno spettacolo indecoroso - anche se umanamente giustificato - al pari di quello offerto dai loro terrificali antenati alle soglie dell'anno Mille. Ma per ora gli accadimenti più drammatici ed imprevisti non riescono a soi:_prenderli imprepa– rati, e non provocano che reazioni «estetiche» in qualche neurotico di genio. Essi hanno già bell'e pronta la facile filosofia della rassegnazione passi– va, dei vinli senza lotta, /a· filosofia del « non ci posso far nulla», da cui è difficile scuoterli, com'è difficile convincerli che ciò che avviene sollo i loro occhi, è nell'ordine normale delle cose, non è m– ~ionale che nell'apparenza, non lo è hegelianamente che nella sua realtà esteriore e approssimativa. La leggenda dell'anno Duemila consiste in un progressivo e quieto diffondersi, fra le genti del– l'Occidente, . di una coscienza nichilistica. Nichili– smo, .modernamente inteso, vuol dire crisi senza superamento, suggellata da un totale sterminio. Ma lo sterminio, che si prepara, non è ancora attuale. Non è storia, è leggenda, e i rapporti degli scien– ziati sembrano fruito di elucubmzioni fantastiche. Favole senza poesia: psicosi. E' la rivincita di Giu– lio Verne, che taluno insiste a ritenere definitiva– mente spodestato. Giulio Verne parla al cuore dei nostri ragazzi; Hiroshima e Nagasaki non sono per essi che titoli enormi e chiassosi su giòrnali sco– nosciuti. Nemo, Halteras, Cyrus Smilh alimentano i sogni dei fanciulli; la bomba atomica gl'incubi degli adulti. Qualitativamente poi, la leggenda del Duemila è inferiore a qualsiasi paurosa superstizio– ne collettiva - mancando. della potenza suggestiva che promana da ogni grande fenomeno superstizioso - ed a quella, tutta dominata da medievale furo– re religioso, che, scaturita da un'oscura profezia, sconvolse l'Occidente alla fine del primo millennio dell'era cristiana. La leggenda dell'anno Duemila, nessuno può negarlo, è senza Dio. Non ha scaturigi– ni-religiose, ma tecnologiche 2 politiche. Essa non turba le menti. le impietra; induce gli uomini nella più stupida rassegnazione; li spoglia della pietà; ne fa secchi scheletri ai margini di un campo sconvol– to, dove le esplosioni Iwn bucalo la terra fino a sco– prirne le viscere. Oh il nostro « sano realismo·» che ci mette in boe-· ca le parole destinate, nella sconfinata presunzione dell'uomo « di buon senso », a chiarire ogni equi– voco e a mostrare, documentazioni alla mano, che quei terreno sconvolto e popolalo di scheletri - no– nostante i precedenti orrori - è semplicemente fruito di un'allucinazione! Cerio, ogni cosa, passala la grande bufera, sembra rifluire col suo ritmo nor– male. La Sprea scorre tra gli spettri rossicci di quel– la che fu la grande Berlino, la Senna e il Tevere riflettono· l'immagine intensamente viva di due ca– pitali europee materialmente intat1e ... Ma tra gli spettri di .Berlino non si ordiscono forse nuove tra– me, questa volta per conio di , diversi padroni, il cui fine è identicamente distruttivo, identicamente criminoso? Rovine inquiete, quelle d'Europa. E già dimenti-cale, poichè ci si avvia con suprema indif– ferenza a crearne di nuove. Parigi e Roma, Madrid e New York, non furono dunque risparmiate per il futuro, secondo una misteriosa assegnazione del me– desimo destino di morte? i-comunisti dicono che il nichilismo è la carat– teristica spirituale della società borghese al tramon– to. Nulla di più esatto (eccetto che in sede estetica), ma ,per i comunisti il problema si esaurisce qui. E~– si non sanno di sostituire al nichilismo borghese· un altro nichilismo:· il proprio, che nessun profu- . malo opuscoletto e nessuna foto di sorridenti « udar– niki » e di gagliarde kolcosiane in parata riesce a smentire:- L'Unione Sovietica e i partiti COJ11unisti di tutto il mondo, nel loro febbrile sforzo di prepa-

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