Critica Sociale - anno XL - n. 6 - 16 marzo 1948

--~----------__;:C.::..R.::..IT..:...ICA SOCIALE 125 Politica • Socialismo economica e · Riportiamo, qua:si integralmente, il discorso che il com'pa– gno on. Roberto Tremelloni, Ministro dell'Industria e Com– mercio, ho tenuto a Padova il 6 marzo, aprendo la campa- gna elettorale. ✓ Voi stupirete certo di, ascoltare da me non °un discorso ricco di promesse, che nella miserevole concorrenza consue– ta delle vigilie elettorali costano poco e rendono molto ma 11:1 çliscorso che vi prega di app.oggiare i piedi per te;ra e d1 t~~re la testa fredda. So che sarebbe più bello vendere dolctss1me speranz~ al costo più basso e ai prezzi più alti, ma sarete concordi con me che sarebbe poco coraggioso e poco onesto speculare in questo, che è il più ignobile e il più vile dei mercati neri. · Le esigenze fondamentali. · . Noi abbiamo ire compiti immediati: evitare il frantwmar– si del nostro congegno democratico, evitare la guerra evita– re la miseria. Cioè, in senso positivo, lavorare pe;chè la democrazia sia effettiva e possa far trionfare le nostre, i– d~ s9cia,li, lavor~r,_eperchè la pace· non resti una parola rettorica e _vuot~ d1 conte?;1toi lavorare yerchè il livello del. be.nessere sia p!U alto, e p!U diffuso. Io mi soffermerò sul– l'aspetto economico dì qtJesto compito, perchè la democrazia e la pace saranpo fatalmente distrutte, s<1dovremo poggiar– le su una perdurante miseria del nostro Paese; perchè la struttura economica italiana è fatalmente e congenitamente predisposta alle dittature - e quindi alle guerre - se es- sa non sarà raffcfrzata al più presto. . ' . Cosa possiamo 'fare in questo prossimo quadriennio dopo essere usciti da un dis!,esto che ci ha ridotto. a tre q~arti o · ~ue ter,zi il ~ostro reddito e il nostro patrimonio? Cosa pos– siamo fare m un Paese che ha un reddito medio di mezzo dollaro al giorno per abitante - dieci o dodici voite meno del cittadino americano - ; che ha un vano d'abitazione al posto di tre occorrenti per un minimo di ci<\riltà; che ha ancora un quarto dei suoi abitanti analfabeti; che è in coda, o quasi, tra gli europei nel consumo delle carni, dello zucchero, dei grassi ; che ha perso, in due guerre mondiali e in guerrn. coloniali, trentacinque anni di progresso econo– mico, perchè il suo reddito medio è al disotto di quello riel 1913; che ha visto scendere la propria disponibilità di s,-.. stanze nutritive per abitante dalle quasi tremila calorie .rag– giunte nel 1926-30 a circa due terzi? Cosa possiamo fare in un Paese che deve trarre dalle proprie rocce e dai pro– prf arenili, e da poca terra no11montuosa, modo e mezzi di vita p,er quasi 150 abitanti ogni Km'? Si ,possono fare allegramente programmi per gli elettori creduloni ; ma il mio. pareri; è che bisogna dire al popolo la verità, metterlo in condizione di distinguere le cose e gli uomini, farlo uscire dal paternalismo e avviarlo veramente all'emancipazione. - La verità è - o a rrie pare· che si'a - che il problema economico italiano non si può risolvere coi miracoli, nè in una generazione, che, frattanto, noi dobbiamo fare quanto sta in noi oer elevare rapidamente il nostro dividendo èoliet– tivo, per offrire un massimo di condizioni obiettive per tutti; per evitare che .anche un solo cittadino scenda al disotto del minimo vitale, per preparare costantemente le condizioni af– finchè si esca al più presto da questa eredità· fallimentare, per porre tutti su posizioni iniziali non sperequate, per va– lorizzare la fatica umana, - per render meno gravi le sof- ferenze. _ La gente è solita più à trovarsi d'accordi! su un program– ma negativo - che è più facile di un programma positivo - ; ama più i punti di disaccordo che quelli di accordo, è abituata agli slogans abili della propaganda, .si fevma sulle parole più che sulle cose. Anche i capi dittatoriali l1ànno avuto ed hanno questa diabolica abilità: il requisito indi– spensabile del loro armamentario èra ed è il nemico, di fuori o di dentro; e le belle frasi, gli sloga11s ingannatori erano e pratico funzionamento del nuovo organo, dalla sua possibilità di funzionare come organo tecnico e non come organo mascherante interessi politici o di classe, dalla :sua capacità e competenza, il decidere successivamente se sia o meno il caso di attuare utilmente questa confluenza. GIULIANO PISCHEL o.Btànco so~o uno ~trumento man~ggiato con mefistofelica imp.ostura; e I fattori irnlevanh diventavano e diventano abihnente i fattori principali. Ora, noi dobbiamo uscire al più presto da ques,te forme medievali e deteriori di propaganda, se vera– mente stimiamo il proletariato moderno capace di scegliersi una strada non regressiva. · ' Valorizzare il lavoratore italiano. Il problema: italiano è per quattro quinti nella !ronica e ormai notissima sprop0rzione tra strumenti e lavoro ad essi app!icato. La sproporzione è stata accentuata, negli ultimi anm, non soltanto dal fatto che la riccl\tzza in Italia cresce con ritmo assai più lento di quanto cresca la popolazione ma anche dall'evoluzione della tecnica moderna· ed è stat~ rincrudita durante il periodo autarchico e bellico'. Noi ci tro– viamo, insomma, con 46 milioni di bocche' da sfamare e applichiamo il lavoro con rendimtnti fatalmente decresc;nti .per mancanza di q1pitali. · Si P?ngo?~ dunque due soluzioni:, o aumentare il capita– le-a ·.d1sposmone del Paese, e attivare una maggiore .indu– strializzazione ed un migliore sfruttamento delle risorse a– gricole, oppure far agire la valvola migrato~ia. Le due ~oluzioni non sono alternative, ma debbono essere forzata– mente concomitanti. Si è calcolato che, in o~i caso, delle 35_0.000unità lavorative che si riferiscono alla cifra di 450 mila eccedenze annuali di nascite sui decessi, 100 mila unità al massimo possono essere assorbite da un ragionevole pro– cesso di industrializzazione, spinto ai limiti prevedibili delle possibilità concrete. Resta, oltre all'eccesso attuale di risorse , lavorative, un supero di 250 mila unità annue da collocare: e non si può che provvedere con una saggia emigrazione. N~ssuno pensa che in queste poche settimane di Governo si possa risolvere un problema che ci assilla da molte gene– razioni, nè che si possano t©gliere con estrema rapidità tut– te le incrostazi0ni e le melme che si sono venute formando in questa gran macchina ili questi ultimi decenni di una troppo nota politica economica ed un dopoguerra senza po– litica economica. Ma dobbiamo orientarci, nelle nostre quo– tidiane decisioni, verso linee direttrici non contrastanti, ma armonizzanti, con quelle· delle soluzioni definitive. Ecco per– chè io penso che bisògna anzitutto valorizzare con ogni sforzo e .rendere palesi le qualità latenti del nostro lavora– tore, attraverso un organico programma di educazione prÒ– fes•sionale, attraverso la messa in efficienza di queste, che spesso sono oggi larve umane immobilizzate ; bisogna dare al lavoratore una posizione iniziale superiore a qut!lla mor– tificante che ha attualmente, una pedana di "lancio meno sperequata di fronte agli altri. Bisogna conferire a questi miliimi di macchine produttive la loro piena capacità, come, si conviene al primo dei fattori della produzione. Se fossimo alla vigilia di una guerra _: non lo siamo, a mio avviso, e qui le speranze si confondono con la mia obiettiva convin– zione -, non ci spaventeremmo delle moite centinaia di mi– liardi da s.pendere in carl'Ì armati ed in corazzate: non pos– siamo nè dobbiamo spaventarci, _oggi, 'qualunque sacrificio ci si chieda, di fronte al generoso obiettivo (ben più alto che non quello di difendere la--cosidetta «dignità:,> nazionale coh le armi), di mettere tutti gli uomini in condizione di u– tilizzare il meglio possibile le loro energie, di valorizzare il patrimonio umano; di non degradare la fatica con stru– menti inadatti. Questo è il primo, il più urgente, il più uma– no dei nostri obiettivi. Deficienza di capitali. L'imponenza tragica della sproporzione tra' risparmio di– sponibile e esigenze di capitali è un altro dei quesiti che si pongono, e che spesso il Paese sòttovaluta. L'apparato pro– duttivo italiano è pJJ-ragonabile ad un terreno, dove manchino da deéenni le macchine e ogni fertilizzante: è un terreno depauperato, arido, «stanco», come dicono gli agronomi, dove nascono a gran fatica piantine rachitiche, e dove il su– dQre del contadino non basta a sostituire gli elementi nat\1- rali mancanti. Bisogna irrorare abbondantemente questo ter– reno, !>isogna immettere fertilizzanti a josa, e solò allora l'arte e la volontà del coltìvatore potranno rendere quanto sono capaci. Questa arsura di capitali non si placa con il cucchiaino dei nostri risparmi: nè durevolmente si risolve con le facilonerie degli inflazionisti. A buon diritto abbia– mo tutti 'concordemente, or fa un semestre, 'dato il grido

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