Critica Sociale - XXXVI - n. 12 - 16-30 giugno 1926

"~-"---'-"--=----'"'-=---=--"'--'--.,__~----=C=-R:..:...IT=-=· I::. ::C:.:....::A~S=-=0:....:C:.:..:I A:.:..::t -::E:::_---'-~'-"~'--'-'--'"~-~~-...:::.1::::::.::::83 cfalismo si F-ealizzerà lo ·stesso e ·nessuno potrà sot– trarsi all'efficacia del suo successo. Si capisce adesso. perchè l'anticritica marxistica si è tanto affannata intorno a codeste « tesi catastrofiche». Lo s<;opo, che essa si proponeva, era appunto sottrarsi a)l'incubo dell'« inevitabilità» del socialismo. La revi .. s\~ne delle tesi catastrofiche non aveva per essa un ~uro carattere accademico. La scienza economica ha •cessato da un pezzo di essere un pu·rò fatto dottrihale · essa oramai è parte integrante della polemica social~ ( 10); e perciò si è affannata a fornire ai partiti. poli;-· lici del capitalismo tutte -le armi delle quali essa. po– teva disporre per combattere il socialismo. Le tesi ca– tastrofiche sono state soHoposte alle più complesse indagini razionali e statistiche. Non c'è stato ~ eco– nomista » 'o « statistico » di qualunque parte del lllOndo che non abbia voluto dire la sua. E, quando l'inda– gine quantitativa è parsa giustificare un dubbio o una certez2la contro la validità delle tesi, c'è stato un ve1•0 grido di giubilo sulla «·morte del marxismo». (Oonti'TIIUa) ARTURO LABRiòLA. mento, dovette poi sostenere contro la Prussia una lunga . resistenza, dalla quale uscì con la mutilJ.- , zione. di un terzo del suo territorio, e si trovò ad es– sere un Paese · ·squattrinato, impoverito d'uomini-, disperato, senza carbone, senza ferro, senza pietrcl da costruzione; con un'agricoltura misera, arretrata, senza allevamenti, senza buona tecnica di produzione. ' Per uscire da questa situaz:one, i Danesi non pen– sarono affatto a, ricorrere a misure protettive, .i . dazii dog~nali sui prodotti agricoli, nè pretesero ·di continuare ad essere esportatori di grano. Tullo , 'all'opposto: essi mirarono a fare delle loro fatto1:ic : altrettanti opifici, ad aumentare la quantità cli la– voro, cioè, di mano d'opera occupata nella colt:– vazione della terra e nella industrializzazione dcl- tagricoltura. . Tullo ciò che ricavano dai campi - cereali, radici, tuberi - essi lo mangiano e lo danno eia mangiare al loro, bestiame grosso e min uto, anzi. nt' comprano di fuori. Da esportatori cli g113.no sono ,er"la t!K8 i [~i lalavora" inDanimana · clivenlati importatori; trasformano tulto il grano così disponibile, in burro, in lardo ccl in uova; l[Uesti prodotti finiti espo_rtano a prezzi che assicurano loro un guadagno quale non avrebbero mai "-U- I 1. - La trasformazione ·avvenuta in cinquant'anni Se rinascesse il personaggio di Sakespeare; non certo potrebbe ripetere che « c'è del putrido ii\ Da– rlimarca ». Nessun paese metila meno quel giudizio, çhe dovrebbe ess.er rovesciato nel· suo contrario: • in D.animarca c'è veramente del bu0no ». Questo « buono » può essere schematicamente in– dicato così: 1. 0 la mortalità (11 per mille) è più bass~ che ib qualsiasi altro Paese; 2. 0 i suicidii sono diminuiti; 3.o il consumo delle bevande alcooliche s'è ab– bassato; -t. 0 la tubercolosi e le altre forme di m~lattie contagiose sono molto meno diffuse (1); 5.o le ore lavorative urbane sono •scese ad 8 nei turni diurni e notturni, e la giornata di 8 ore, giù in · applkazione in parecchie industrie per recipro– co accordo, è ora proposta come regola generai'e (2). La giornata media del contadino è di ore 9,33; 6.o il livello dell'educazione è alto; 7.o larghe provvidenze ausiliano la disoccupa– zione, la ma~attia e la vecchiaia; 8.o circa il 6 per cento delle entrate dello ·Stato è speso in provvedimenti sociali ed igienici (3). Queste condizioni sono tanto più apprezzabili, non solo nei confronti internazionali, ma in quanto si rievochi la condizione della Danimarca dopo l'era napoleonica, allorchè, rimasta in islato di falli- (1) La Danimarca ha fallo diminuire la mortalità 111- bercolare più di ogni allro Paese del rnond_o: dal 20 al 9 per 10.000 abitanti in 20 anni; dispone d1 un letto per tubercoloso ogni 980 abitanti. (L'Italia ne ha uno pe1: 485:i abitanti); ogni estate mancia il 40 per cento _dei suoi scolari al mare; lo Stato spende per la lotta anhtn– bercolare 15 .volte più che l'Italia circa. (Prof. Arluro Cam– pani: Lo staio attuale della lotta antitubercolare in Italia; Roma, 1924). (2) Riguardo alle con1izioni cJel_l'operaio. urbaf!-?, con– viene ricordare che, fra li 1882 e 11 1914, 1 salaru a -Co– penaghen so~o rad~oppiati; mentre i prezzi al . ,minut~ dei generi a~1n:ie;ntan erano nel 19~4 un poco _p1~1bassi del periodo 1mz1ale; dal 1914 al gmgno 1924 s1 e avuto ul'l allro rialzo del salario reale giornaliero, e simultanea• Bibliot~t~ta t'.3i?fo ~i~nco nell'induslria sono discese prima gnalo di ricavare dalle materie prime grezze. Così, oggi, sopra una popolazione di 3 milioni r mezzo di abitanti, un terzo è occupalo nell'agricol– tura, e un terzo nelle industrie che ne dipendono. Talchè, mentre\ in un certo momento della slorin danese, si emigl'ava. per mancanza cli lavo1'0, ogf!i la mano d'opera disponibile non è più sufficieenlr, ed ogni anno immigrano in Danimarca cla 6000 a 6400 tra Polacchi e Galiz:ani. Per dare un esempio dell'assorbimento cli lavoro umano che la terra com– porta, si può citare. un podere cli 14 Ettari dove lavorano, oltre al. proprielario che si calcola lavori per un quarto d'uomo, .Ire uomini, 1111 bov~ro colla moglie, una ragazza adibila alla mungitura delle vaicche e un operaio giornaliero per 2 a 6 mesi al– l'anno, 1 In meno di cinquant'anni la Danimarca ha accre– sciuto la sua produzione di grano, cli orzo ed avena; è diventato il Paese che ha, proporzionalmente, la più vasta superficie coltivala a radici· mangerecce, (rools), a. cui ha aggiunto una enorme quantit·à di pastone oleo:;o o pannello (oil kake) fra importato e prodotto in Paese (22.000 tonnellate nel 1888, P 491.000 nel 1921); è diventato, inoltre il. Paese che alleva, in proporzione degli abitanti, il ma~gior nu– mero di capi di bestiame (sino a 47 mucche per abitante nel 1910, contro 33 nella Svezia, 18 nel– l'Olanda e nella Francia, 16 nella Germania; e 88 maiali per abitante nel 1914, cli fronte a 22 in Olanda, e nel Belgio, 33 in Germania) ed ha, così, accresciuta enormemente la esportazione dei suoi prndolti agricoli lavornli. da 10 e 11 nel 1872 a circa 9 e mezzo nel 1914, rd a- R ore dal 1920 in aYanli. (3) La spesa totale per istituzioni di carattere sociale era, nel 1923-24 e negli anni irnmediatamenle precedenti, di 200 milioni cli corone danesi (al cambio attuale di L. 7 1 36, pari a 147,2 milioni di lire nostre), di cui G:5 milioni ( = il. L. 478.400.000) per le pensioni di vec– chiaia; ( 36 = 264.960.000) per la malaltia, 2i ( = I!l8.720). per la disoccupazione, 33 ( = 242.880.000) per fas– sistenza, ecc. ecc. Aggitmgendo 50 milioni di come ( = 368 mil:oi1i L. it.) spese per gli Ospedali e p€r altre provvidenze, si tocca un totl,\le. di 250. milioni di corone, pari al cambio odierno a nn miliardo 840 milioni di nostre lire. A queste '..,pese lo Stato concorse pel 31 per 100 i Comuni col 45 per 100, gli operai assicurati e le Società col 16 poc 100 e i pac)roni coll'8 per 100.

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