Critica Sociale - XXXV - n. 20 - 16-31 ottobre 1925

270 ) CRITICA SOCIALE ma, un rapporto fra i sistemi d-i produzione e l'am– pjezza dell'azienda, per cui talora la picoola azienda agraria appare rispoudente alle esigenze tecniche ed economiche ,della produzione, e talora no. Discutere,. dunque, se, in massima, risponde meglio la piccola o la grande azienda è - a parer nostro - un perdere tempo·. Ci sembra che si~1come discutere se sia piìt rispondente ai nostri bisogni la pelliccia o un vestito di tela. Biagio Riguzzi, in un suo recente articolo apparso su queste colonne (1), afferma che nella p'iccola azienda il costo di produzione è p_iù basso che non sia nella grande azienda, e su ciò specialmente egli basa la su– periorità della prima sulla seconda. Avrebbe detto cosa più esatta se avesse affermato che - in quanto il pie~ colo coltivatore raggruppa in sè la maggior parte delle funzioni produttive, specialmente se è proprietario del , terreno che lavora - il bilancio della piccola azienda è più elastico di quello della grande (la quale è gravata, fra l'altro, della spesa fissa - elevata - della mano d'opera) e sopporta meglio le oscillazioni del reddito e i rischi dell'impresa. Ma questo vantaggi-o è tale da determinare la supe– rioritù della piccola impresa quando essa funziona in un ambiente favorevole. Se la creassimo in ambiente sfavorevole - ricordiamo il caso delle z_oneirrigù(;l ..,,... , gli svantaggi s_upererebbero questo vantaggio, e sa - rebl;_>e il fallimento (2). · · J. 0 - La concenlra:.ione pronosticata dq Marx è in via di reali::.::azione proprio nel caso delle piccole aziende. Queslo sotlotilolo - dopo che noi- abblamo tanto parlalo di -evidente t~ndenza verso il frazionamento della lerra e cli un rapporto esistente fra l'ampiezza delle aziende agTarie e i sistemi di produzione sopra cli essi adottali - sorprenderà certamente i lettori. Sia concesso affermare che :Marx resta .piuttosto icrnorato ,l:> dalla grande massa dei socialisti e che il principio della concenlraz1one della proprietà va capito non alla let-. lera, ma nel suo spirit·o . .Nou è effettivamente la pro– prietà che si concentra, ma è la p1X>dnzione in un numero sempre crescente dei suoi ra-mi. In un'azienda agraria si ha un cornpJesso cli funzioni tecniche e ali.1-– ministrative, lalune delle quafi è conveniente siano compiute _individualmente dal coltivatore. Questi, in– vece, è, e diventa sempre più, inadatto ,- col crescere dei rapporti fra l'azienda e il mercato, ool progrediré dei sistemi industriali di produzione - a compierne al!trre. . · Per esempio: la trasformazione e la conservazione lli certi prodotti (la~fo, vino, frutta, bozzoli, ecc:) non possono alldirittura essere esegt;iite nel ristretto àmbito della piccol~ azienda, sfornita di mezzi adatti, o - se csegmte qu1 - danno luogo a prodotti scadenti che il_merc'.'1-torifiuta o paga male; gli acquisti e le ven– dite che, se falle individualmente, mettono il piccolo coltivatore alla mercè cli intermediari speculatori e anche disonesti; la esecuzione di· certi lavori, oome l'a– ratura, la trebbiatura, ecc., ecc. Si tratta di funzioni im– porlantissime per le quali· la piccola azienda si presta: sempre meno. E allora essa diventa, per queste, come la cellula di_un organismo più grande: Consorzio per acquisto cli merci; latteria soc:ale · cantina sociale·· es- ' ' , (_1~ -La, So_cializza::.ionedella lerrn e i piccoli coltivatori in Lr1t1ca 'Socwle, N. 16 e 17; 1925. - , (2) H.iguzzi si è lalmenle innamoralo della sua Lesi che nel– ! art_icolo_seguen_Le(Il problema dei piccoli coltivatori e' l'or– qcm1z::.az1011e det lavoratori della ten-a), arriva a fare m 1 con– lronlo fra la conduzione unita e la conduzione divisa nel c~tso dell~ aff i_llanz~ co_llettive, che sarebbe meglio chiamare Cooperalwe d_t coltwazwne. Come se le Cooperative che con– ducono ~errem non dovessero tener conto della organizzazione d~lle az1e'!-de assm1te e_adattare ad esse la forma di .con,du– Z!one. Egh confonde ev1denle!uente la forma dei contratti che s1 deve_ adalla1:e nel _caso di_ Cooperativa di coltivazione a c?nduzwne itmta - 11 salano giornaliero fisso essendo un assurdo _voluto d'.1lle organizzazioni di resistenza - con la _ forma d1 conduzione, che è tutt'allra cosa. BibliotecaGino Bianco siccatoio cooperativo; società per la spedizione e. per la vendi la dei prodotli; società cli credito agrario; Mu– tua assicurazioni; società per l'.uso collettivo delle nrnc– chine, ecc., ecc.· E' là concentrazione ché avviene, na– turalmente, sotto la spinla del bisogno, per opera di coltivatori che preparano così il socialismo magari sen- za saperlo. · 0coorrèrà che dall'allra parte i consumatori costi– tuiscano le loro organizzazio1fi parallele perchè i due ordini di associazioni si mettano direttamente d'ac– cordo nell'interes&e comune, eliminando gli interme– dia:rì, parafssiti -'degli uni e dt'gJf altri. Non _è cosa facile e semplice; ma il solco,. tracciato dai fatti, è q ueslo. t augurabile che i socialisti si mettano a lavo- rare in questo senso. · Dott. OLINDO G0RNI. _·Sguardi in giro Gli sperperi del capitalismo· . Alle apologie del capitalismo, rioorclate in una pre– cedente rassegna, risponde m1 rècente interessante e documentato rapporto s·ugli ,,sperperi del capitali– smo», pubblicato dallo speciale Comitato d'inchiesta, nominato, nel febbraio '1922, dal National Joinl Council, che rappresen'ta le Trade Unions e il Labour Party inglesi (1). Il Comitato aveva il mandato: di . studiare l'e cause che impediscono il niassimò di pro– duzione nelle industrie e nei servizi dal punto di vista degH iùteressi della comunità e i miglioramenti nella. organizzazione e direzione dei medesimi ché potessero essere consigliati; di suggerire, per le industrie non suscettibili d'immediata nazionalizzazione, una ade– guata politica del lavoro, che tenga conto ad un -tempn dell'efficienza dell'industria, dello stato e del bei1esserc dei produtbori e degli .interessi dei oonsumatori. Il rap– porto ora pubblicato non assolve· che la prima parte del còmpito affidato al Comitato. L'occasione dell'inchiesta venne oft'erta dalla dimi– nuzione della produzione verificatasi nell'~mmediato. dopo-guerra, attribuita dagli incluslrialì al diminuito rendimento ·del lavoro, alle norme e pratiche delle Trade Unions, agli scioperi e alle vertenze, nonchè alla riduzione.delle ore di lavoro. (2). n basso livel.lo della produzione era, -insomma, inwntato · esclusiva– mente agli operai, senz·a cenno di sorta ad eventu.a'li responsabilità deg,li induslriali e della direzioae tecnica delle imprese. Il Comitato si è proposto di esaminare queste accuse e ha inveslig_àto imparzialmente, così la responsabilità degli operai come quella degli i1idu– slriali e. delle direfioni, servendosi per le sue ricerche sopratutto del ricco materiale racoullo in pubblicazioni uffic~àli, eioè nella vasta inchiesla sulla produzione dell'UfJicìo internazionale del lavoro, e nelle inchie– ste llfficiali inglesi. Il rapporto, per quanto si riferisca specifica-mente alle oondizion-i. dell'Inghilterra, ha però interesse ,e portata generale: , La campagna ·degli industriali per .il · « massimo cli produzi,qne » - nota il rapporto - 11011 è in realfà che una campagna • per « il più basso possibile costo di .produzione», che è cosa del tut~o diversa. Non il massimo totale cli produzione li interessa, ma il mas– simo di produzione per operaio. Per il Comitato, il <<- massimo ideale cli pi'Oduzione ~ dal punto di vista operaio è quello raggiunl•o a prezzi che coprano il minimo costo di .p1X>duzionecon metodi più economici, compatibile col mantenimento di un adeguato e pro– gressivo tenor. di vita dei produttori. Il Comitato si' è· proposto di determi1rnre gli ostacoli che intralciano la_strada al raggiungimento di questo ideale e dal ma- (1) Tlie waste of capitalism. Foreword ).)y A. A. Purcell. - London, Labour joint publications Departcment 1924. (2) Sulla questione delle.ore di lavoro il Comitato aveva già· pubblicato un • Interim report on hour$ •·

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