Critica Sociale - anno XXXV - n. 13 - 1-15 luglio 1925

154 CR1'1'1CA SOCìAtJt In altri· termini, io accetto l'intransigenza: l'intransi– genza socialista io l'ho difesa, anche su queste colonne; intransigenza aspra, eroica, inflessibile, intransigenza attiva, intesa come educazione di coscienze, come crea– zione di una più alta realtà. Ma per temprare il carat– tere all'intransigenza, per conquistare questa superio– rità, bisogna pure lottare continuamente contro l'av– versario, non già eliminarlo. Seguendo l'intolleranza di Calvino e di Knox, si finisce col riabilitare Domenico e Ignazio. E si giustifica l'intolleranza di cui sta dando prova il protestantesimo americano (vedi processo di Dayton), che a noi ricorda un po' troppo il dilemma di Omar. *** Da quanto s'è visto circa la concezione generale del · Gangale, si possono trarre alcune conseguenze in ri– guardo specialmente all'Italia, di cui egli si occupa dif– fusamente., Non possiamo accettare in primo luogo la sua affermazione (nella quale è racchiuso un errore di prospettiva) che la causa dei mali italiani sia la man– canza di una Riforma. La Riforma in Italia 'è mancata, non per un capriccio del caso, ma perchè le condizioni dell'Italia d'allora non la consentivano .. Si tratta quindi. di veçlere quali erano quelle condizioni, e se tuttavia. permangono. E se non permangono, diuyedere come si sono venute modificando. La qual disamina. ci con– sentirà anche di dare un giudizio sulla possibilità di una rivoluzione protestante in Italia, intesa- non già nel senso metafisico (chè, come tale, si compie, sia pure insensibilmente, ogni giorno nella reazione al fasci– smo), ma come Riforma religiosa nella comune acce– zione. 11 cattolicismo, s'è visto, è negazione della religio– sità; e pertanto può benissimo essere sostituito, senza che si compia una vera rivoluzione, da un'altra men– talità irreli&ios? come è avvenuto precisamente nel– l'Italia settentrionale, in seguito al sostituirsi, alle con– dizioni italiane dell'epoca della Riforma di una nuova civiltà d'importazione (il non essere st~ta essa creata e vissuta da noi .è la nostra mancata rivoluzione). E questa mentalità può benissimo essere rivoluzion 1ta senza che sia pe.r questo necessario assumere le form~ d'una Chiesa più o meno organizzata. In altri termini la sua religiosità può benissimo essere marxistica' senza essere _stata prima calvinislica o luterana:. Per~ chè non è vero che « in terra cattolica non si diano che mezze rivoluzioni». In terra cattolica in quanto permanga il passivo spirito cattolico, no~ si dànno rivoluzioni di sorta. -Ma se le rivoluzioni si fanno segno è che la mentalità cattolica è già superata: al po~ stutlo 1 anche la Riforma protestante nacque in terra cattohca. La frase accennata del Gangale, dunque per avere un senso, doYrebbe significare che il perdJrare della m_entali~à cattorica quietista ostacola lo sviluppo d_ella R1voluz1one; e questo è vero, ma è una tautolo– grn. In una terra cattolica quindi, cattolica di mentalità se no? d! religio~e (religioi:ie nel_ sensQ volgare), può comp1ers1 ~ernss1mo una r1voluz1one vera e propria, la qua~e, ripeto, per essere il paesè cattolico solo di m~ntalllà e n~rn di religione, può essere solo marxi– stica. e. non già luterana o calvinistica. E questo è ap– punto il caso delle masse. operaie dell'Italia setten– triona,le. Quanto _alle masse organizzale nel Parlito Popolare, esse, per 11solo fatto della loro organizzazione (lo ri– conosce anche il Gangale), hanno già conquistato una loro autonomia. E in quanto lottano e strenuamente lottano per _il_ trionfo dei loro principi'. hanno già supe– rato la posmone cattolica. Perciò il Parlito Popolare se saprà uscire dalla contraddizione che ancora 1~ stringe, se saprà essere veramente partito di masse e aderente alle -masse, potrà compiere pur esso un'utile. .c~volu~ione. Non ~i s',opponga_il _p~tto Gentiloni: dopo d allo1 a è venuto 11 veto a G1ohtt1. Per quanto con– cern~ ~nv~ce 1'~tali3: meridionale, ove permangono le cond1z1om med1evah., concordo sostanzialmente con la criti~a del. G_angale: il giorno_ che laggiù arderà un in– cend10 rehg1oso, potremo dire che il Mezzogiorno è sulla via della propria redenzione. PROMETEO FILODEMO. Abbonatevi e sottoscrivete alla · Giustizia · BibliotecaGino Bianco r rnnomia or~anillata ei ernnomia or 1ani[a Il sistema social • politico di É. Abbe (DaUa Europiitische ReV1ie) Ernesto Abbc. il celebre fondatore dell'Istituto Zeiss in Jena, definisce nei suoi scritti economici l'economia capita– listica come un'economia organizzala; come una forma di . produzione di beni, che, mediante una metodica scomposi– zione e combinazione, ripartizione ed associazione del pro– cesso di lavoro, raggiunge un più alto grado di efficienza di quello che si raggiungerebbe senza un simile metodo. Se dunque l'economia capitalistica non è altro che una economia organizzata, qual'è il carattere essenziale che la · solleva sop'ra le altre forme economiche? Certo è questo, che qui la singola forza di lavoro, in grazia della sua in• corporazione nella organizzazione, dà un rendi.mento più ele– valo di quello che darebbe fuori della organizzazione. Mentre dunque Cariò Marx sosteneva che nella produzione di beni economici molte forze di lavoro coniano sempre soltanto come • molti singoli•, l'Abbe al contrario pretende che nel– l'azienda organizzata ogni singola forza vale molte volte quello eh-e varrebbe da sola fuori di quell'azienda, e produce molto maggior copia di beni che col lavoro non organizzato. È caralleristica la circostanza che l' Abbe, per questa sua concezione, si richiama esclusivamente alla natura organica, alla vita intesa nel senso biologico. « Come nell'organismo vivente• - scrive l'Abbe - • le cel– lule, in grazia della loro connessione con milioni di altre cellu– le, e della influenza reciprocamente esercitata, adempiono fun– zioni che da sole non potrebbero adempiere, cosi nella or– ganizzata società umana la forza di lavoro del singolo, come elemento della forza di lavoro nazionale, acquista capacità e funzioni. che da sola non detiene ». L'organizzazione come tale influisce sul processo del lavoro nel senso che, per esempio, dieci operai 01-ganizzati producono non soltanto dieci volte quanto un singolo operaio, ma molte volte di più. Mentre il complessivo lavoro di ogni singolo viene suddi– viso, secondo i bisogni tecnici, economici, meccanici, in una serie di manipolazioni, invece ogni membro dell'organizza– zione assume una specifica opera manuale, in cui diventa rapidamente espertissimo. Quindi il prodigioso sviluppo del– l'efficienza dell'attività economica, che è cominciàto con l'i– nizio dell'epoca manifatturiera in Europa, epoca che si trova ora nel suo pieno fiore. Attualmente, gli industriali si sfor– zano di organizzare il lavoro, non più soltanto ad ogni sin– gola azienda, ma fra azienda e azienda, fra industria e in– dustria, Ira continente e continente. Il lenlalivo, a cui assi– stiamo, di associare organicamente il carbone tedesco e il ferro francese, non è che un esempio di ciò che sarà domani una realtà. Giungerà forse un giorno in cui il complessivo lavoro di lutli i popoli della terra, fino all'ultimo villaggio negro nella foresta africana, sarà organizzato in questo senso, così che ogni prodotto venga crel,\tO col minimo sperpero di Javoro e nella forma più adatta al suo scopo; un gio.rno in cui l'idea capitalistica e quella socialista compenetrino un mondo sislematicamenle organizzalo. Da questo remoto ideale scendendo al problema dell'ora presente, osserviamo che l'organizzazione del pro.cesso di lavoro influisce non soltanto sull'econo.mia, ma, anche più, sull'• uomo economico •· Da uu lalo vediamo le possibilità di produzione aumentate e molliplicate meravigliosamente per il fallo delrorganizzazione del lavoro: certi prodolli della tec– nica moderna rappresentano non solo la collettiva fornitura di lavoro delle aziende organizzate da cui escono, ma il ri– sullato del lavoro dei secoli passati, di intere civiltà e cul– ture. Ma dall'altro lato è manifesto che l'economia orga– nizzata valorizza il prodolto del lavoro, ma svalorizza la .per– sona del produLtore, eccettuata la persona di chi organizza da parle sua il processo di lavoro, L'organizzazione del lavoro rende possibile" la creazione dei prodotti quasi per– fetti, ma P.riva l'operaio di due caratteri essenziali, che gli erano proprii nei secoli passati, all'epoca delle corporazioni: la sua indipendenza economica, il possesso della sua perso– nalità; e la sua autonomia, la sua capacità di decisione. Soltanto l'organizzatore del lavoro conserva la propria in– dipendenza, in quanto ·egli regola il processo del lav·oro, for~ nisce la macchine, il capitale, i locali per la fabbricazione. Egli si lrova perciò in certo modo nella situazione del· me– dioevale proprietario di terre: come ,il contadino, che una volta era libero, divenne servo del signore terriero cosi l'operaio fu dalla grande industria asservito all'indu~triale capitalista. Ma inoltre è mu_tato il rapporto fra il lavoratore e il lavoro. Una volta l'operaio compiva da solo quanto era

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