Critica Sociale - anno XXVII - n. 7-8 - aprile 1917

.' ( CRI·TICA SOCIATI.E 117 ~OMflNZIDI GUE~~fl I Specialmente in Fran,cia, dove con poco o con molto si sa sc;rivere semp.re il· libro, vanno susseguendosi , i volumi che trattano _della guerra, sotto la Ieggiera, talvolta leggiadra, spesso 'interessante, e in quafohe caso superba' forma letteraria del racconto, con o sen- ' za intreccio amoroso~sentimentale, soggettivo dell'au– tore-attore e combattente, od obbiettivo del fedele ed abile espositore di ciò che ha raccolto nelle re– trovie e negli Os.pedali. Queste ~anifestazioni che, qu·ando sincere, hanno , il valore di un documento, pi1ì che sotto l'aspetto ar– tisti.c:o-letterario, ci interessano per la luce c:tie p~o– iettano sui sentimenti,: sui giudiz.i, sulle· idee. di co– l·oro che fanrio la guerr·a, cio,è la patiscono, ne sono i t~stimoni attivi e passi vi. . ' Per .essi la guerra non· è certo qt:1ella che descri– vono· i giornalisti ai « civili J>rimasti' a casa, i quali « dai loro articoli si' fanno, un concetto della guerra che corrisponde all'idea vaga che essi se ne facevano per aver letto l'Iliade ». Invece, quando quelli che l'han fatta ritoril'er_an,no e la racconteranno, non si crederà affatto .che la guerra sia quale essi la descri– vono, « poich_è essa apparirebbe troppo dura e troppo semplice, ,come senza pennac,chio, e interamente· sog– getta alle leggi d'el destino>> (1). qu, m una perpetua vittoria su noi stessi». Questa vittoria consistè nell'amare il pericolo». Per' il ,capitano De Ql!éré la guerra è un sacerdozio ed egli I_abenedi,ce perchè era indispensabile _al suo pa_ese, « do,ve tutto era libertà, disordine, anarchia, e dove la ,condotta dèlle operazioni ·e il .governo dello Stato mostreranno la necessità del metodo, della di– sciplin·a e dell'autorità )) 1 di cui dànno così •mirabile esempio i Tedeschi. a: Essi, infatti, sono stati degli organizzatori me– ravigliosi com.e lo fumino noi e come lo furono i Ro– mani, dei quali noi siamo i fi,gli. Mercè if metodo delle loro università, del loro commercio, del loro esercito, essi ~anno potuto dispiegarsi fino a queste colline francesi, dalle quali noi Ii sloggeremo tra poco, allo spuntare del giorno. E, se la loro potenza organizza– trice -non d.à. loro la vittoria su di noi, di pende dal fatto che essi nop sono abbastanza inieiviliti. Essi non sono ancora se non dei Barbari: '_lapietra non è qui di una grana abbastanza fina, come a Roma o come da noi, per costruire un. edi-fkio imperituro. L'.idea non l_i ha abbastanza politi. Essi non erano ancora veramente pii ». Il sergente Vaissette, al seco! o professore di filo– sofia in un Liceo, va più innanzi e più in. alto: Bd essi l'hanno la c:oscienza che ,chi vince è il càs0, -èhe non sonio 'i generali ché vinc0no, si ,chiamino- pur essi Napoleone, ,come _mirabilmente dice, i"Il' Guerra e Pace, Leone Tolstoi. « Io mi dpmando - dice~i-1 sottotenente Fabre __:_, . dopo la battaglia di ieri, se la vittoria n·on sia· anche essa un- prodotto del caso. I .Prussiani non ci hanno nuovamente attaccato, dopo la nostra carica. ·Perchè? « Io credo che noi lottiamo per assicurare il domi– nio dei pensatori, dei filosofi e degli artisti, sui for– nitori degli es.erciti e sui fab'bricanti di cannoni. Certo è mercè questi· ultimi che noi vinceremo e non mer-cè ,gli scrittori ,che effondono i loro entusiasmi nel Bul- < . letin des A-rmées: rn,a è perchè d:;i.noi i pensatori sono i padroni/ Questa supremazia intellettuale è la fonte di ogni forza. La Germania sarà battuta per-chè erano gli uomini di guerra, fondatori e padroni di ferriere, · Noi eravamo trenta,' ed io vedevo ,col binoccolo nume– rose Compagnie f/ ..:;,che che scavavano una trin·cea oltre il corso d'acqua. Il generale, stamattina, si è rallegrato meco . .Egli avrà ri,cevuto i ·rallegramenti dal· Comandante dell'eserdto. Ma nè lui, nè io, ne i Te– desc:J:ii c'entriamo. per qualche cosa. Solo il caso ha deciso ! J>. , Cosicchè il sottotenente, che ha or,dinato l'attacco senza ordini, senza sapeTe neppure perchè l'idea glie– ne sia venuta, invece di ripiegare,· come gli è stato indicato più tardi allo Stato Maggiore, ·« non sa ,co– gliere il rapporto che esiste fra gli ordini del ,capo e la vittoria o la sconfitta J>. E allora, se hanno la costienza di questa fatalità che va oltre la volontà e l'abilità degli uomini, perchè si battono essi? Il libro di questo Adrien Bertrand, -che, nell'estate 1914, si è trovato sotto la mitraglia, è una rapp,re– sentazione dello stato d'animo délla media borghesia ohe nelle persone dei suoi figli partecipa alla guerra, e cerica di farsi « una conce~ione filosofica del drarr).ma di cui essi sono a un tempo attori e spettatori ». Per il sottoten.enfo Fabre « la grandezza morale <lena guerra consiste nel farci vivere con l'idea della morte. Si svolgé così nell'anima di ognuno di noi un dramma altrettanto profondo quanto il dramma esteriore della battaglia. La guerra è la vergogna del– l'umanità se si considera in se stessa; ne è la santi– ficazione se la si vede nel ouore di coloro -che la fanno. Il capitano Nicolai mi ha detto: « Noi viviamo \ (1) ÀDRIJDN l!JDRTRAND :· L'ap·p,t! du sol (Paris, Calman-Levy). · ca.Gino Bianco ,c;he_vi dominavano e non, come dopo Jena, i pensa– tori tedeschi». Discorsi siffatti tenevano i graduati prima o dopo gli assalti, filosofando, ma sui soldati essi non, fa.ce– vano presa. Durante le lunghe marcie, « essi non pensavano nè alla Sociale nè. alla Francia, perchè que– sto era troppo vago. Essi non pensavano che alle loro reni sulle quali pesava il sacco, al fucile che segava la spal'Ia, alle vesciche ai. piedi )l. E dopo un mese soltanto sentivano quanto la guerra fosse cosa triste e penosa,· « :cisentivano la frequenza degli attacchi, la ripetizione degli assalti coi loro pe– ni-coli. Non si rivoltavano e non si lamentavano, ma ·provavano un'inumana fatica del corpo e dello spi– rito». Quanto ai graduati della borghesia, « la potenza del suolo si è fatta carne in essi », ed -essi si battono « per quel suolo del quale subiscono la misteriosa volontà di vivere )) ; anche i soldati, secondo Vaissette, sono gli eroi e i vendicatori della patria che Ii ispira, ma ciò noil' impedisce loro di sentire che ciò che Ii_separa dai lpro nemic1 è un odio passeggiero, mentre ciò che li unis-ce, la loro miseria e la loro servitù, è eterno. Essi li assolvono nella profondità·· della loro anima, come la terra, che ha fatto pur essa le patrie, racco– glie i corpi di tutti i nemi-ci nel suo seno ». *-le_,, Più vivida, più aderente alla realtà, più terrificantg ·è la rappresentazione della guena che ne fa in Le feu, Henry Barbus (1); soldato sempli-ce, in una squa– dra qi soldati sotto il comando di un .caporale, dei (1) Ed. Flammarion, Parigi.

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