Critica Sociale - XXV - n. 18 - 16-30 settembre 1915

CRITICA SOCIALE 277 La Censura ha, su questo argomento, vequte speciali, -che è perfettamente vano discutere! Non· rimarie se non l'Inghilterra, ma l'Inghilterra uf– ficiale, ad accarezzare - ·fra un fruttuoso reimprestito e l'altro, in Europa, del suo prestito di 10 miliardi negli Stati Uniti - l'antico sogno dell'annientamento e della -captività della Confederazione Germanica. E all'Inghil– terra, che non ha un pollice del suo territorio invaso -e che ha potuto mettere le mani sulle colonie tedesche, si può consentire questo solitario ottimismo, compen– sato nelle altre nazioni alleate da una visione piu rea– listica della situazione e dei suoi necessari i;-isolvi– menti.... Senza contare che nella stessa Inghilterra la -coscienza pubblica è notoriamente tutt'altro che embaltée dal delirio napoleonico della distruzione dei Tedeschi ! In questo mutato "ambiente europeo ,, la iniziativa dei nostri compagni radunati in !svizzera troverebbe . delle attaches notevoli anche nel campo borghese delle nazioni belligeranti. Non· sarebbe piu, quella voce di pace, diffusa nei silenzi ostili di un deserto iusangu4.– nato.. Faust disse che alla voce della verità le anime risponderanno sempre piu numerose. E la voce della necessità è anche più suggestiva di quella della verità ,stessa! Noi possiamo, dunque, attendere i _risultati del Con– vegno non senza qualche fiducia nella non lontana effi.– •Cacia del programma, del quale esso è un primo punto: programma di riavvicinamenti internazionali, di reci– proche intese, di eliminazione successiva di ostacoli, di propulsione popolare verso la pace. · Ma, come non vorremmo essere noi stessi fraintesi, sarà necessario che i nostri compagni, che si dànno da fare intorno al Lazzaro dell'Internazionale Socialista, provvedano a non fa1·si a lo1·0 volta fraintendere. Noi non lavoriamo, non possiamo e non dobbiamo lavorare per un obiettivo esclusivamente di " partito ,,. Voglio dire che fa nostra finalità non è e non può con– sistere nella ricostituzione dell'Internazionale, indipen– ·dentemente dalla reintegrazione delle condizioni poli– tiche d'Europa indispensabili alla sua feconda pienezza di vita. L'Internazionale Socialista, finchè la guerra in Europa non si sarà placata, sarà uno schema evane– scente, non una realtà operante; e,. di più ancora, essa .sarà minacciata dagli stessi pericoli, ai quali è sog. _giaciuta in questi ultimi anni, se la pace europea, oltre .a contenere sistemazioni territoriali, non includerà fra queste sistemazioni anche la soluzioue dei più impor– tanti problemi della convivenza fra le nazioni, del ge– nerale consorzio europeo. Molti dei nostri, se vorranno rendere, non solo con– seguente alla dottrina, ma effi,ciente nella pratica, il ·"loro ,, socialismo, conviene che lo liberino, per esempio, della disdegnosetta indifferenza per i problemi nazio– nali di tutte le nazioni e si abituino a ·considerare la soluzione di questi problemi, secondo un minimo at– tuabile, almeno, di diritto, di logica e di giustizia, in– dispensabile alla. salvaguardia della pace europea. Non temano di " confondersi colla borghesia ,, , assumendo •il leale e chiaroveggente ·patrocinio dei problemi di unificazione nazion~le, poichè la borghesia belligerante, -che è scesa in guerra agitando le insegne di quei pro– blemi, le ha poi poste da parte per piu pratiche preoc– -cupazioni ! L'estinzione degli irredentismi in Europa è una condizione per la difesa della pace europea; ma est.inguere quegli irredentismi non significa ignorarli, ,significa o deve significare attuarli, entro i limiti con– sentiti dalle àttuali circostanze. BibliotecaGino Bianco . Inoltre, il nostro zelo per la pace deve guardarsi dal produrre il frettoloso parto dei gattini ciechi. Per an– ticipare di qualche mese la fine degli orrori della guerr!L, noi non dobbiamo transigere con nessuna ve1feità di egemonia in Europa: nè con quella tedesca, nè con quella britannica. Sar4. consentito al sottoscritto, a questo proposito, dichiarare - per chiudere - che non può esserci in– differente, e non possiamo neppure considerare " au pair ,, con gli analoghi atteggiamenti di tutte le altre nazioni d'Europa, quelli della individualità militare e politica della Germania. Se l'egemonia in genere, di qualsiasi materiale essa sia foggiata, repugna ad ogni schema di pacifica con– vivenza europea, la egemonia a tipo militare è certa– mente la più pericolosa, quella contro la quale meno valgono le remore e più atroci sono le lotte, se la si las,cia costituire o non la si disgrega. E tutti abbiamo ormai veduto come quetito tipo, o questo strumento militare della più temibile egemonia, abbia l'inquie– tante requisito della sua perfezione tecnica .... Noi non fummo e non siamo germanofobi. Ma.... se fossimo diplomatici, non firmeremmo con la coscienza tranquilla un protocollo della pace, nel quale non fosse inclusa la clausola impegnativa, e praticamente garan– tita, della riduzione della potenza bellica tedesca. " Anche l'uomo pacifico - scrisse il buon Carrara - che _sappia di essere meglio armato del suo avversario, diventa aggressivo .... ,,. F. CrccoTTI. LAFAME DICARBONE E LA fiUERRA Nelle grandi crisi, degli individui come dei popoli, risaltano al più alto grado le rispettive virtù native ed acquisite, le tare congenite, gli effetti dei processi di degenerazione. La massima: conosci te stesso .... e il tuo nemico, diventa l'unico modo per orientarsi a vicenda e per non essere travolti. E' ciò che le vittorie tedesche insegnano finora ai critici di tutti i paesi. Vediamolo. . · · Tra gli inglesi, mentre perdura uei dirigenti l'idea– lismo che li anima a una lotta senza quartiere fino alla sopraffazione della Germania, si palesa, non meno perdurante, la incapacità organizzativa . Scrive il colonnello Repington nel Times (riprodotto dal Co1·riere della Sera del 31 agosto): " L'incapacità di organizzare subito la produzione delle armi e delle munizioni, l'incapacità di adottare il servizio militare obbligatorio, il fiasco di Anversa e finalmante la spedizione dei Dardanelli sono stati altrettanti er– rori, i cui deplorevoli effetti si sentono tuttora. A dirla brutalmente, non siamo stati governati nel seJiso stra– tegico, ma siamo semplicemente andati alla deriva, dove spingeva la corrente ,,. Parlando della spedizion~ dei Dardanelli, riconosce che, come operazione secondaria, essa prometteva straor-· dinari .v~ntagg:i qualora fosse riuscita, ed aggiunge: ·. " Ma d1sgraz1atamente fu diretta da Londra, dal prin– cipio alla fine, nel modo più leggero e da dilettante. Fu iniziata senza cognizione della natura delle diffi– coltà che si sarebbero presentate; mancarono gli elementi della sorpresa e dell'impetuosità, i quali erano indi– spensabili alla riuscita di un' ~mpresa di tal genere; venne condotta con forze inadeguate agli scopi ed ebbe infine, il risultato di allontanare una vasta armata dall~ Francia nel momento in cui si faceva ii maggiore sforzo sul teatro occidentale ,,. In Francia lo slancio, la resistenza a una vita di tro– gloditi, la fiducia dei soldati strappano grida di entu– siasmo a chi li avvicina, eppure - scriveva or non è molto Clemenceau - vi fu un momento che le muni– zioni non D?-ancavano, che il coraggio non faceva ,di– fetto, ma v1 era, come dicono gli americani, una vite che non girava. Quale?

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