Critica Sociale - Anno XXV - n. 10 - 16-31 maggio 1915

1.60 ~.liUTICASOCIALE E il canto del cigno, seguitando, sii,mu'Lava in qu.al– che cosa d.i affine .... al muggbjo -del cignale: . '' ... '. l'e lingue loqirnci bi'''sf,,appuemo ,. noi· dalle fau-ci per darle in' pasto alle cagne e alle scrofe. "E,' dopo altre masoolzonate, i vincitori dicevano: Meglio è segnar nuovi solchi cli ruote sul tramite umano, su i vivi e su i morti prostesi. Intanto, in mancanza ancora di guerra, i ciclisti e gli automobilisti effottu.avia,no questo programma 1T1i– nimo. Poi venne nel 1911 la stagione purpure,a del– l'imperialismo itali,co. Da allora in poi a chiunque fu lecito, anche d·alle colonne dei giornali ufficiosi, di recere ogni dì sul « pantano umanitario ». Con su– perba comp-iiacenza si. ricordò ai vili immemori che Rom,a e le civ.illà ariane non avevano mai tenuto conto della messe umana mi?.luta, della· informe polvere u111wrn slrilCYlata senza guardarla. In mezzo a tanto ferro, gli uman.itari s,e ne andav,ano per la via, come cani bastonati, inseguiti dai lazzi tù.rpi e matti di let– terati e giornalisti «.ebri di dominio· e_di gloria». Co– storo parvero non avere allora d,el mondo se non unia visione vermiglia. Nelle ,amorose descrizioni delle car– neficine, « la memoria s',ell);pieva loro di s,,angue » come alla Santa da Siena. Ri-cordo soltanto· U'n brano ripor– tato jl' d;e~òamente o_ommenta,tç> a SUÒj,ell}p·O in 0 questa Crilicà·: « UN BELMUCCHIO ne ho visti. io stesso i,n una delle ultime tri·ncee p1,ese dall,a brigata Rainaldi: ve ne erano una ventina. AD UNOUNASCHEGGIA DI GRANATA AVEVA PORTATA VIALATESTADI NETTO». E i -giornali, in cui si leggevano queste cose, non derivavano i.( loro n,ome, dal La li-ngua dei discendenti dei Visigoti e degli .Unni, non si chiamavano, che so io, Berliner Tage– .b/a// o Ne.ue Freie Presse. Poichè abbi.amo giurato d'esser sinceri fino alla morte, possiamo anche fran– camente dire che codesti giorna,li avevano nome npn meno italico di quel c:he hanno,· per esempio, la Tri– buna e il Corriere ciel/a Ser.a. E senza. che io ve lo dica, voi avete memoria abbastanza buon.a per ricor– darlo, o Italiani d'ogni generazione e d'ogni co,nfes– _sion·e. Ma oggi le cose sono mutate, daochè i dirigenti la politica tedesca ha,nno etlettu·ato il programma _mas– simo délJ,a volontà di potenza. Il diavolo è apparso in re,llllà più brutto che non paresse ,alle fantasie dei filosofi grandi e piccini del cullo della forza. Leggi,a– mo ancora i loro scritti dopo l'esperimento funesto. La guen-a falta senza. motivo di difesa non è più tanto nostra macl~e, ma, come pe-r il poeta Romano, scele– ra/a insania belli. L'aggressione è abbominevole, lo schiacciamento de,i deboli un'infamia. Le rovine di moli a-uguste sono selvagge-rie esecrabili, i massacri ·non so_no·più « un bel mucchio», i mallrattame:nli alle :don,n.e e .ai fanciulli sono delitti' contro l'um.ani,là. Il diritto delle. genti non è più cosa da prendere a gabbo, l'umanità non, è più un pantano, le azioni .della informe polvere umana sono in qualche ri,alzo. E di sollo la grave mor.a del cullo della forza, rialza il capo, coi suoi v·alori, la morale uman.a. Salutiamo l'ombra sua ch'era dipartita. P.urchè l'omaggio verbale a tutte queste belle c-0se non sia soltanto un pretesto d'occa– sione per elevare_ barri.ere d'odi immortali tra popoli che, vo1ere o volare, dovranno pure un giorno convi- Biblioteca-GinoBianco vere fratelli. lo ho gran sospetto di questo, quando leggo sfoghi COn:le quel che ho qui sotl'oochio. « Il tedesco non è uomo, e non uomo lo fanno 11011 solo le armi due volte omicide, ma ancora la filosofia di Tamerlano, ecc. ». «,NaUa .cultura tanto vantala, bar– baro è tutto ciò che è tedesco, umano ciò che è greco– lulino ». « Tutta la nazione nella parte più alla, cioè nello spirito, è veramente disumana/a». « Il vero dia– volo è Gcethe stesso, espressione dell'egoismo e del– l'immol'alismo tee/esco ». « Margherita è la caricatura cli Beatrice o meglio la sconciatura ... Bauci e File- 111011e son falli bruciar vivi (sic) ». Questi brani fanno parte di U'no sfogo bilioso che i<l Resto del, Cal'lino, nel farne I.a graziosa esibizione, .allri·buisce a illustre filosofo. Prendili pure, o filosofo, la spetlral·e e leologal,e Bealrioe, chè, quanto a me, il mio s,angue si afTà meglio con quello dell'altra, qua,l,e che sia la razza. Lascia stare, se puoi, B,au,c-ie File– mone, i qu,a1i già per la terz,a volta \,)edo·ci-lati a mag– giore infamia d,el popolo ted,esco. Tanto: che· vuoi? !',eroe dell,a fiaba tedesca non fu primo nè solo ad in– vidiai,e al pio agricoltore il suo poco bene: non hai t.u letto l,e eg,loghe di Virgilio? Haec mea sunt; veteres migrale cofoni: questo è mio; vi.a di qua, voochi co: Ioni! - e chi grid.a a quel mooo non è il tedesco, ma il vetei,ano romano irrompe-nte. Tu dici, o• fiilosofo, che « barbaro è tutto ciò che è tedesco, umano ciò che è greco-liatino »? Non credere troppo ,a codesti coo– tros&egni di razza: alla fin fine fu un de' nostri del cinquecento che insegnò « in che modo· i Princip·i ab– biano a mantenere la f\ede ». (« Pertanto a un pri,ncipe è necessario saper bene usare la bestia e l'uomo .... Non può pertanto un sig,nore prudente (nè deve) os– serv.are I.a fed.e, quando tale osservanza gl,i torni con– tro ... »). Il b,arbarico u necessità non ha. legge» ha dunque de' precedenti latini. E da campi greci il poetu d•ella stirpe udì salire queU'amabilc canto dei vincitori, che ·egli si compi,aÒque riecheggiare nei soprascritti ·e nei seguenti brutalissimi versi: Le vostre vergini molli le sof/ocheremn nel nostro amplesso robusto. Sul marmo clei ginecei viola/i sballeremo i pargoli vostri come cuccioli. il grembo delle madri noi scruteremo col fuoco, e non rimarranno gen1,1i nelle piaghe fumanti. Al qual,e ultimo programrrw massimo i Ted,eschi non sono arrivali; se no, non ci sarebbe luogo a pro– posi.e di ginecologi. Conchiudo che si può fare la guerra alla Ge,rmania, ma non c'è bisogno di voLer far,e di questa l'allaecap,anni per tutta la bianoheria spol'Ca del· genere umano. Carducci direbbe (come già disse) che siam lutti d'un pelo e d'una lana: ma io ammetto volontieri che noi siamo migliori e più umani fra brame di. fieri l•upi. Vediamo dunque di stringerci al cuore quell,e « idealità savie, condi– zionate al beMo e al buono, di nostra gente», le q,u:ali parvero un ruomento oscurarsi e che oggi, dopo lo· strazio, riemergono più radiose: non siano un manto che rqccorcia tosto se il tempo, le suggestioni e le oc– _casioni vi gi,rino· attorno con le Coree. ALBERTO VEDRANI, RIGAMONTI GIUSBPPB, gerente re,pon,alnle. ~lllano, 20/fl 1s1r, - CooperallTa Tlpogralla Operai • Via Spartaoo, 11.

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