Critica Sociale - Anno XXV - n. 7 - 1-15 aprile 1915

98 CRITICA SOCIALE avevano impedito al popolo italiano di intendere tutto il valore della unificazione, o di lasciarsi irretire per un momento nelle seduzioni dell'av– ventura coloniale. Altre sono le ragioni vere dell'istintiva avver– sione del popolo italiano alla guerra. Una nazione promuove o subisce una guerra per cause che si attengo_no alle rag!oni stesse. di vita e di esistenza, reah, o concepite e sentite dalla nazione come tali. La guerra è un così ter– ribile annientamento di energie, di vite e di forze economiche, un così tremendo turbamento di tutta la vita sociale, una così paurosa e for– midabile incognita per l'avvenire, che sola una spinta saliente dalle radici prime. della vita può scatenarla o spiegarla insieme. La Germania, folle di orgoglio, alimentato dall'insperato e miracoloso rigoglio economico dell'ultimo quarantennio, feb– brile di espansioni per dare sbocchi alle sue in– dustrie e ai suoi traffici, ansiosa e preoccupata di tutto ciò che potesse contenderle il cammino, orientata di pensiero e d'anima verso l'imperia– lismo pangermanista mondiale, era una nazione votata inesorabilmente alla guerra, e la Triplice Alleanza, in tanti anni, non ha fatto che favorire questo chiaro disegno dei dirigenti della politica germanica. L'Inghilterra e la Russia, le grandi rivali economiche e territoriali della Germania, erano in pieno nel conflitto latente, il cui scoppio si tentava di procrastinare (mentre le parti in causa si misuravano a vicenda, ognuna intenta a sor– prendere e a cogliere il momento propizio per sè) mediante le sapienti combinazioni· del cosidetto " equilibrio " europeo. Le nazioni balcaniche e la Turchia erano in convulsione da decenni, e il loro tormento interno si complicava di tutte le suggestioni e di tutti i riflessi dell'intervenzio- · nismo economico e politico di quegli altri Stati, avidi di colonie e di mercati promettenti. Quanto alla Francia, essa ha trascorso due terzi di questo tempo a sognare la 1·e1,anche, e l'ultimo terzo ad acconciarsi gradatamente all'idea di un " modus vivendi ,, con lo stesso nemico tradizionale, la Germania, con la conseguente intesa di sparti– zioni di zone d'influenza e di dominio nel mondo coloniale. Al nuovo orientamento pacifista della Francia (che lo ha conservato fino all'ultimo, giacchè la Francia più di ogni altro Stato tentò tutto il tentabile per deprecare la conflagrazione) contri– buirono insieme borghesia e proletariato: la prima, legata a filo doppio a tutta la finanza interna– zionale, impegnata nelle imprese e negli affari coloniali più lucrosi, non aveva altra mira che di svolgerne la tela senza brusche e pericolose soluzioni di continuità; il secondo, più padrone di sè, politicamente, che negli altri Paesi, più libero di manifestare, più forte di influenza sul . regime democratico e parlamentare, era riuscito a creare una opinione pubblica nuova nelle masse popolari intorno ai rapporti tra Francia e Ger– mania. E qui torna opportuno l'osservare che. se il :proletariato internazionale, che poteva costituire 11 so lo elemento di resistenza e di freno alle im– p.az \enze e· alle prepotenze guerrafondaie e impe– rialis te, mancò all'intento, per l'assenza special– m~nte del .prol~tariat~ tedesco da questa- sfera dei còmp1ti sn01, non e men vero che in Francia e altrove esso aveva saputo, neo-li ultimi anni accamparsi decisamente e senza ~mbiguità contr~ la guerra. Orbene, delle nazioni ricordate, così di quelle che hanno provocato come di quelle che hanno subito la guerra, non una ha avuto un istante di BibliotecaGino Bianco incertezza e di indecisione. Decisa la Germania, decise tutte. A sua volta la Germania afferma di essersi decisa, perchè · si sentiva attaccata a breve scadenza da altre, dalla Russia particolar– mente. La favola del lupo e dell'agnello? Non interessa all'obbietto di quest<;>articolo. Il fatto vero è, spogliato di tutte le frangie e degli am– minicoli delle accuse e delle difese degli interes– sati, delle illustrazioni e delle polemiche degli altri, che tra le nazioni, venute a menar le mani, esisteva e grandeggiava e ingigantiva una con– tesa e una rivalità economica ogni g;iorno più acerba. Noi sosteniamo che anche una tale con– tesa si sarebbe potuta, dovuta, dirimere altri– menti che con la barbara forza dell'armi, e sti– miamo che i socialisti tedeschi, se avessero lot– tato per crearsi più effettiva forza politica nel passato, sarebbero forse riusciti a•.l esercitare, nel drammatico frangente, una sana e benefica in• fluenza in tal senso. Il " pericolo russo n , il " pf:!ricolo inglese ,, : ecco la pressione fatta sulla coscienza e sulla volontà del popolo , tedesco. Strano, La Francia, il nemico tradizionale, passa per la German{a in seconda linea. Strano soltanto in apparenza. In realtà .la Francia non dava om– .bra alla Germania. Da una parte e dall'altra del Reno si era già arrivati, come dicevo, a prospet– tare la possibilità di una tregua, di una intesa. Il Belgio è un episodio doloroso e straziante. Stretto fra i contendenti, era la vittima destinata a diventarne il campo di battaglia, come altre volte nella storia. Così del pari la lotta dell'Austria, anche per conto della Germania, contro la Serbia, diretta ad estendere il dominio e l'influenza dei due Im peri nella penisola balcanica, ha la medesima configurazione di una lotta. prettamente capitali– stica e imperialistica. Tra Germania. e Inghilterra è· la disputa per il primato .... sui terzi. Tra Au– stria (Germania) e Serbia è la disputa diretta tra il capitalismo e l'imperialismo .... e uno dei terzi, loro preda designata, i Balcani. Questa guerra ci offre dunque un duplice spet– tacolo: la più sviluppata civiltà capitalistica dila– niata da una lotta interna per la conquista della supremazia; e uno degli esponenti di questa ci– viltà capitalistica e. ìmperialistica alle prese coi popoli la cui civiltà è ancora a uno stadio pri– mordiale, ma che rappresentano per quella un eccellente campo di conquista e di sfr,littamento. E l'Italia? L'Italia si trova come in mezzo tra queste due civiltà .... o barbarie in guerra. Essa non ha, e non può avere, uno spirito imperiali– stico .... tranne che nel linguaggio metaforico del nazionalismo italiano; chè, quando giunga la. sua ora della piena maturità capitalistica, abbiamo fiducia che il socialismo sia per essere già così possente da preservarla dai mali passi e dalle follie. Nemmeno si trova l'Italia nella condizione. dei paesi balcanici, dalla quale è distante ancor più che non da quella delle principali nazioni impegnate nel conflitto. Tale situazione, interamente diversa da queste due, si riflette sulla coscienza del popolo e delle masse popolari; e come da essa non si sprigio– nano stimoli e incentivi alla guerra, così si spie– gano il sentimento e la volontà popolare decisa– mente contrari all'intervento, le tendenze del Parlamento a valorizzare. la neutralità, e l'atteg– giamento fin qui cauto del Governo, a dispetto di certi suoi discorsi e del rumore dei preparativi mo bili tatori. ... Lo spirito di conquista germoglia, se mai, nei popoli esuberanti di vitalità ec6nomica, e giunti, o prossimi, a uno stadio di saturazione nella loro

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