Critica Sociale - Anno XXV - n. 1 - 1-15 gennaio 1915

8 CRITICA SOCIALE Da che parte è il clericalésmo nella conflagrazioneeuropea? Posit-ivamente la Critica Sociale non ha il dovere del luogo comune clell(t stampa t1·uslala, vuoi cattolica, vuoi clemoci·atica. Pe,·ciò questo albo di studi, senza alcuna vanitosa vetteilà di 1·ice1·ca del p wadossn, non sfugge all'occasione di off.-il·e os]Jilatità al pensie1·0 che naviga contrn co1Tente. Il luogo comune bello e fallo è che nella immane con/lag1·azione eiwopea il clel'ica– tismo è dalla pa1·te aust1·0-ledesca, datt'attra è invece la 1·ivoluzione, 'il tibe1·0pensier·o, Gi01·clrlno Bruno. Ma ecco uno scJ'iUore nost1·0 che si compiace a rovesciai·e il luogo comune ed a,·gomenla che il buon Dio cte1·i– cale è da pa1·te degli alleali. Noi con te dovute 1·iserve lasciamo libe1"a la dimo– strazione, la quale fila magnifìcamenle, se pu1· lascia anc01·a 1nolli punti alta pal'le avvc1·sa1·ia: ciò che a noi p1·eme non è tanto la conclusione del ve1·0, quanto lo sfoi·zo eletta 1·icerca del ve1·0. Ecl in quesio Raffaele Ottolenghi versa magnifica COJJiacli ossenazioni, cli Pichia1ni, cli analogie eleganti ed imp1·essionanti. Ci souo affermazioni storiche indi~cusse, accreditate come rlogmi, le qtrnli non sono più vere dei dogmi cattolici contro cui tendono ad erigersi. Una di queste e delle più accettate rappresenta il moderno assetto politico-ecunornico come il figlio diretto rlella Repub– blica Francese, la quale basterebbe a spiegarci tutto il mondo moderno. Vi è in ciò molta esagerazione. Lo stato presente del mondo presente non data dal 1789, ma deriva da cause ben più coruplesse ed a11tiche. Fu assai sopravalutata la efficacia della Rivoluzione. Molte cre.-1zio11idi questa furono caduche: e l'Europa riebbe uel 1815 un assetto, che ristabilì la situazione anteriore, che dura anche oggi nelle sue linee essenziali, e che e principalmente figlia della guerra dei 30 anni e delle conquiste guer– re,che di Luigi XlV. È impossibile capire le c&nse della guerra presente, e lo stato cl 1 animo clella Germania, se ni,n si h~ dime– stichezza con quei fatti che paiono lontani, ma le cui conseguenze sono sempre vive nel mondo moderno. Io cool-ltato invece ct,e anche le per ..mne cOlte per– dono di vista qnei f::i.ttinelle loro osserva1.ioni di 0gni giorno. Sono poche settimane che, in questa stessa C,·itiea Sociale, Attilio Cabiati pubblicò un articolo pieno di saviezza. Ma, tra le constat.aziuni più 8ature di verità sulla gelosia internazionale che lo sviluppo economico della Germania le attirò, egli si l::i.sciasfug– gire queista nota, che risponde a un pregiudizio diffuso, ma che è per lo meno molto equivocatrice. Egli dice alla Germania, che essa si è gettata in tutti i campi della attività tttuana, mentre era. appena ora uscita dalle nebulose tentjbre di un medio ev~ feudale. Ora que~ta rappresentazione e falsa. La Germania aveva ,raggiunti già nel 1608 i sommi fastigi della prosperità economica e scientifica. Le città del Reno erano fio– renti per commerci, e splendide per mecenatismo ar– tistico. Le Cattedrali di Norimberga e di Colouia erano gioielli insuperati dell'arte gotica. L'Ansa dominava il commercio del Nord. Il quadro rlel Cabiati è adunque una rappresentazione convenzionale. E~sa non e giu– stificata che parzialmente da un duplice ordine di fatti: il primo dei 'lUali è che la Germania, quale è o Gro presa in esame dal pubblico, è quella che sorvisse alle rovine della guerra dei 30 anni: - e il secondo di questi fatti è che il pubblico prende volentieri, come tipo della Germania, la Prussia, la quale, sì, fu un paese rnediflevalmente feudale sino a pochi anni sono, ma che non è un paese Germanico, siccome quella la cui popolazione è in gran parte d'origi11e finnica. In Germania le Università banno una antichità nguale e una fioritura superiore.a qualsiasi altro paese. L'Università di Vienna data dal 1365, Eirlelberga dal 1386, Colonia, Erlurt, Tiihingen sono del 1400, ecc. È vero che la Prussia fu dal genio di Federico II assunta alla egerrionia politica e militare, come avvenne ·del Piemonte pel' l'Italia. Rimane tuttavia errore grosso– lano volere identificare lo spirito germanico col pms– siano delle popolazioni Pomerane. Le devastazioni prodotte dalla guerra dei 30 anni ritardarono di qualche secolo la marcia della civiltà in Europa; e il popolo tedesco ne ha conservato, per le impressioni vivaci che gli studi storici assai diffusi eccitano negli animi degli studio ... i, un risentimento sempre vivace. Qnaudo io fui nella mia giovinezza alla Università di Berlino, ne sentivo parlare dai miei com– pagni come di avvenimenti i cui effetti si stavano sempre scontando. La storia - per chi la conosce - è fatta co~i: e gli anni scorrono veloci, nel caleidoscopio retrospettivo. Darò una sola cifra-indice. La città di Augusta con– tava prima della guerra 90 mila abitaoti; dopo la guena la città era scesa al li vello di un grosso vil– laggio di 6 mila abit.anti. Le lunghe vie deserte si copersero d 'er.ba . Io ho visitato Wittenberg e vi ritro– vai le stesse testimouianze del decadimento secolare. E colla popolazione andò distrntta la meravigliosa cultura tedesca del secolo della Riforma. La µiù leg– gera e amabile coltura fra11cese dominò, da allor<L, in– disturbata sull'Europa, fino a ieri. Ora, tutta quest'opera crudele della distruzione ·era stata attuata dal Papato e da Richelieu: dalla unione cioè delle due forze più genuinamente rappresentative della Latinità: Roma e F1'ancia, Stmmento era stata allora l'Austria. Tutto ciò mi è richiamato per contrasto dal resoconto, che leggo l'lUigiornali, di una co11ferenza recente che Ugo Ojetti tenne a Milano, e nella quale egli dimostrò che la cultura tedesca fu sempre nemica della latina. Jt facilissimo con qnalche barzelletta - innestando qualche verit.à nel discorso - invertire i termini della questiooe che si tratta. Ma io penso che sarebbe assai più vera l'affermazione che la cultura latina fu la ne– mica della cultura germanica. PAr Ugo Ojetti, come per tutta la cultura sciovini– sticamente superficiale d'Italia, l'ideale rimane 8empre il Papato del Rinascimento, paganizzante e gaudente, glorificatore dell'Italia che per esso ebbe un effimero primato nel '500. Iuvece la Riforma, che insegnò al mondo a pe11sare sui problemi religiosi e gli permise di pensare, diventa per essi un fatto già superato da quella Italia papalina e scettica. Io, per mio conto, la penso assai differentemente. Io - quanto più procedetti nella vita e negli studi - fui sempre tratto a considerare vieppiù la grandezza libe– ratrice del movimento della Riforma. Il Papato di Leone X, se promuoveva le arti, faceva dipingere belle tele e inalzare templi superbi di un gusto architetto– nico assai dubhio. Ma fotanto esso collocava il mondo su questo fondamento dell'equivoco e dell'assurdo:

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