Critica Sociale - XXII - n. 21-22 - 1-16 novembre 1912

CRITICA SOCIALE 327 strada che si fa due volte·, altro tiempo che S:i perdie, altro ribadirsi, sopratutto, dell'eirrore fondamentale, d.i concepire come distinti, anzi come avversi e in– compatibili, il 1 pra,ticismo ,e l'ideal ismo·, cioè l'-aziorne minima immediata, e il pensie.ro finalistico e mas– .siimo. Il Socialismo italiano, il proletaniato sopratutto che, bene o male, mentre noi cianciamo e scrivia– mo, è quello che fa il Socialismo nelle sue cellule, nel suo lento elaborars.i d,i vita nuova, d~ Leghe, di Cooperative, di Corriuni - troverà la sua via de– finitiva, quando saprà comporre in sè e nell'opera propria qu,esto dissidio assurdo ed antico fra ideale ed azione. La fede è mendacio, se non è vita. L'en– tusiasmo è fumo, se non è fiamma che duci. Il so– gno è astrazione e l'aspirazione ideialistica è ma– sturbazione o ciurmeria, se non si traducono in atti, se non si sminuzzano e non si distribuiscono irt ardore e bel1ezza di opere continue. Noi non concluderemo nulla, se non sapremo sal– diaPe insieme, entro di noi, l'ideale socialista con l'opera che via via fa il Socialismo. GIOVANNI ZIBORDJ. PASQUALE VILLARI, LALIBIA e i" travestimenti"del ·corriere della Sera Il Corriere della Sera (26 ottobre) ha scoperto che noi abbiamo «travestito» - in lingua povera si di– rebbe « falsificato» o « contraffatto >i - Pasqua-le Vil– lari, perehè, in una seduta del Consiglio Comunale di Milano, rispondendo al" Sindaco che aveva pro– ·nunziato il discorsetto di oocasione ad e.saltazione della pace di Ouchy (non peranco -era stata p-ro– mo,ssa a pace di Losanna), nel chiari.re i motivi per cui non potevamo troppo compiacerci di una pace -che, liberandoci - seppure! - dal nemico minore· _e fittizio•, ci lasciava bravamente alle prese coi nemi-ci più veri e più formidabili: gli indigeni, il des-erto, il militarismo e l'affarismo naz,ionalista; ci avvenne d citare un notevole .articolo dell'-insigne ,storico, ap– p,a11so nel Corriere quel giomo stesso·, dichia,rando che; per noi, quell'arti,co.J.o conteneva « la più espli– cita requisitoria» contro l'impresa di Libia. Soggiun– gemmo che, per noi, era quella pna requisitoria, in quanto -:-- .pur nella grande temperan:z,a dello -s·crit– tore, le cui tendenze conservatrici sono conosciute, e nello sf.orw manifesto di consid-erare' la questione da tutti i lati, sforzo e temperanza w.nto più in foi spiegabiH, data la delicatezza del tema, trattato in quel giornale e per -quel pubblico - appariva chia– r,issimo come egl-i tuttavia non poneva in dubbio che tutti i maggi-ori argomenti, -coi quali si riescì ad ub– briacare l'opinione pubbli-ca italia:na per farle trangu– gfare .allegramente quella follia - il vantato proposito di liberare gli Arabi aspettanti, di recare ad essi -la ci– viltà, gli addotti pretesti di- rappresaglie legittime da compiere, i miraggi di masse di• nostTi -emigr.1nti da avvfare a quelle terre, di colonizzazione redditizia da esercita•rvi, e, cosi di seguito - non erano che prette menzogne, e le smentite -di fatto e le confutazioni op– poste dai socialisti, a dispetto di p9ssibili esagera– zioni, rispondevano, in sostan:z,a, alla verità deJ.le cose; mentre poi gli argomenti, che il Villari adduceva in cO'lltrapposto, · come possibile giustificazione dell'im– presa - risolventisi nella vaga aspettativa di poter concorrere, un giorno, a una generica opera di inci- vilimento dei ,continenti semi-barbari - oltre essere di tutt'altro carattere da quelli che fecero le spese della campagna imperiali-sta, e tali che ben difficil– mente le avrebbero guadagnato cosl grande pubblico favore - si fondavano su ipotesi incerte e si riferi– vano a un avvenire re!Doto, che lo stesso Villari, onestamente, cospargeva di punti interrogativi; e il motivo ch'ei faceva valere come scusa d-ella rivol– tante brutalità onde l'Italia si macchiò nell'iniziare la conquista -- che il mondo, -cioè, non è governato dalla •logica, nè dalla ragione - si traduceva in realt:'t in una ammissione e in un.a conferma dell'accusa, e dava -buon gioco a noi, meno fatalisti o rassegnati, per dichiarare in contrapposto che, dal ,ca.nto•nostro, an– che in politioa, opinavamo e ci pronunciavamo volon– ti,eri in favore della ragione e contro il manicomio. Il Co,·riere della Sera sentenzia che noi abbiamo ,capovolto ad arte la tesi dell'eminente scrittore e ga– bellato pe:r suo pensiero ciò -che egli, per converso, si era studiato di negare e di confutare. La « più esplidta -requisitoria» era, al contrario, la « più no– .bile apologia» che ~ell'impresa si fosse mai pubbli– cata! Strano invero che, dell'intero Con,siglio, men.tre pure ci replicarono il Sindaco e il leader della mag– gioranza, nessuno - mei;itre il do·cumento ,era fresoo negli' oèchi ,e nella memoria di tutti - ci obiettass,e un rimprovero così ovyio e cosi decisivo! Ma, per ,colorire l'accusa di « travestimento », il Cor– !'iere è cost11etto· -a «travestire», a -sua volta e l'articolo n,itido del Villari •ch'esso ha pubblicato (24 ottobre) .,e il modestissimo, ma univoco, nostro discorso. E-asti un saggio, fra i cento che potremmo fornire se voJ.essimo riprodurre testualmente i «documenti» in questi,one. « Con uno de' suoi più felici colpi di agilità - così il no stro a mabile censore - !'on. Turati prende la .parte de.ll 'articolo (del Villari) che spiega col nostro passa to mi litare (il ·corsivo è segnato da noi che tra– s,criviamo) l'entusiasmo di tutto il popolo italiano per la. guerra libica e traduce: cc Pasquale Villari afferma cc che no•i siamo andati in Afric a perchè, seocati di « averle sempre pr-ese, volevamo mostra.re di ,saperle «dare». ~ una di quelle riduz ioni di s partiti per ocarina sola, che Tichi-edono veramente una virtuosità piuttosto unica che rara». Or ecco la « pezza di ,confronto » che amiamo sot– toporre al riscontro del « lettore di giudizio», caro al Corriere della Sera. Pasquale Villari avev•a s·critto da principio che, per fa,rsì 'un chiaro ,conoetto del valore reale d-ella·nuova impresa afri-cana, conv,eniva ·ponderare imparzi'almen– te •anche le critiche avversarie. Quelle critiche - le maggiori fra esse - egli schie·rava, una dopo l'altra, senza contestarle nè respingerle; e cioè che l'Italia ha rinnegato il principio di nazionalità, in base al · quale ,essa è sorta a nazione, assalend,o un pppolo ·che ,se ne ,stava tra·nquillo a casa sua, e, non contenta di assalirlo, coprendolo d'ingiurie; - che .Ja mi!Jan– teria di muovere alla liberazione degli Arabi è ma– nifestamente smentita dal fatto che essi, sotto il co– mando dei Turchi, si difendono contro di noi, ver– sando come acqua il proprio sangue; - che il pre– testo delle ingiurie patite, che saremmo andati a ven– dica•re, è parimenti sbugiardato dall'ave•r noi noto– riamente, da anni molli, predicato ai quattro venti, che la Libia, tutta .Ja Libia, doveva esser nostra; - che il trucco della nostra. famosa missione di civiltà è smontato dal più semplice esame delle condizioni di casa nostra, dove cinquant'anni di libertà e di

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