Critica Sociale - Anno XXII - n. 14 - 16 luglio 1912

CRITICA SOCIALE 221 in _tutti i lavori, e, dal 1° luglio 1909, otto ore nelle miniere (otto ore conquistate con un colossale scio– pero dei minatori!); in Austria undici ore dal 1885 (è inoltre proibito. il lavoro dei fanciulli dalle 8 di sera alla 5 del mattino, prescritt.o l'orario di otto ore per gli adolescenti 'lavoranti nelle officine di p~ombo e di . zinco, di 54 ore settimanali per i ferrovieri, la chiu– sura dei magazzini dalle 8 di sera fino alle 5 del mat– tino); in !svizzera undici ore dal 1877; in Francia dieci ore dal 1907 (legge Millerand); in Norvegia otto ore dal 1908, mentre prima 53 ore settimanali; oltre gli Oceani, l'Australia stabilisce le otto ore e gli Stati Uniti le dieci. Seguono alcuni Stati, che determinano soltanto l'orario di lavoro o la durata del riposo dei lavoratori di alcune categorie: la Spagna ·fissa le riove ore nei lavori _delle miniere; così il Belgio, dal 31 dicembre 1909; la Germania prescrive le dieci ore per gli operai delle fabbriche e la soppressione del lavoro notturno degli operai d'industria; la Danimarca la chiusura dei magazzini dalle 8 di sera alle 4 del mattino. Degno di nota il fatto che gli Stati s'avviino pr.r questa via ,di limitazione del lavoro ·a rapidi, passi • (anche l'Italia, del resto, ha qualche determinazion'1 legale di orario; così per i lavori di risaia .e delle donne e dei fanciulli, così l'abolizione del lavoro notturno dei panettieri): le otto ore richieste dni Congressi Internazionali socialisti operai, postulato dei programmi marxistici, vanno conquistando la sanzione legale degli Stati, o, per lo m(lno, prepa– .randola per un non lo1itano avvenire; reclamate « per riparare l'en~rgia fisica e la salute della classe lavoratrice, vale a dire del grande corpo di ogni nazione; e non meno per restituire agli operai la possibilità di progresso intellettuale, di relazioni so– ciali, di attività sociale e politica (MARX: Capitale)», le otto ore sono connesse al problema del minimo di mercede. Così pensò il Congresso di Ginevra, 0 sostennero economisti e organizzatori, così si è ri– petuto mettendo in relazione il bili per le 8 ore nelle miniere inglesi con la legge Asquith che, per i mi– natori, stabilisce il minimo di mercede. Altre leggi sociali sono comuni al gruppo più pro– gredito degli Stati: quelle che provvedono alla disoc– cupazione, che regolano gli Uffici di collocamento, che stabiliscono _l'arbitrato e _il contratto di lavoro. Altre, infine, finora· sono patrimonio di pochi. Stati: tra queste le leggi regolatrici del làvoro a do– micilio (in Inghilterra e Germania già attuate, imi– tando -l'esempio dell'Australia incommciato nel 1896; in Francia e in Austria in procinto di essere appro– vate) e, più importante àncora, e primissima fra tut~e, la )egg~ A_sq1;1ith, __ che ~l _mipimo legale di sa– lario apre pm vasti ot1zzontI, adattandolo ed esten– dendolo dai lavoratori a domicilio ad un milione di minatori inglesi. · · Questo rapido esame ci dimostra che l'interven– zionismo è come il moto delle cose nello spazio: ha leggi ché, per la loro assolutezza, possono sembrare natural!, ed ha tale forza che supera ogni obbiezione ed ogni ostacolo. · Per gli uni esso appare il moderatore delle aspi– razioni umane; per gli altri il sovvertitore della pre– sente costituzione sociale; cosi, per disgiunte vie, in favore dell'intervenzionismo convergono unanimi sforzi. · Il che ci autorizza altresì a pensa're che nessuna .'seria obbiezione antiintervenzionista potrà a lungo i~pediré l'attuazione della riforma più importante, l'mtroduzione cioè nella legislazione di -disposizioni regolatrici del salario, che è il valore di compenso che il capitalismo, in cambio della ricchezza, offre al lavoro che la produce .. DEMOS ALTOBELLJ. UNA RESURREZIONE (Paolo De Flotte) « Pretendiamo esser nel vero, sostenendo che la mente di Paolo De Flotte è stata una delle più com– plete e caratteristiche della mentalità democratica europea del secolo XIX. Pretendiamo di dimostrare che, nel campo del pensiero, De Flotte fu uno dei filosofi fondatori del socialismo moderno ... Il còmpito nostro è di rivelare un pensatore sconosciuto e un assieme (sic!) di dottrine ignote». Cosi Adriano- Co– looci a pagg. 108 e 109 di un suo volume dedicato al rivoluzionario francese (l); e così, o presso a pooo·, in più altri luoghi dello studio medesimo, con la -chi-ara ed esplicita persuasione di far opera di do– verosa resurrezione, anzi di segnare il crisma del– l'immortalità sulla travagliata fronte del blanquista morto in Calabria con Garibaldi e per noi. Dubito assai che -il Colocci sia per assolvere in– teramente questo còmpito, pur col suo libro nutrito e con le nostre reoensionii Chi ha avuto per .tribuna il Parlamento e i clubs rivoluzionari, per arringo le barricate -e i campi di battaglia, e tuttavia non ha conseguita la fama trionfatrioe de1 tempo, quegli non potrà più raggiungerla nè per cura di studiosi nè di critici, perchè senza dubbio gli mancò un quid di f-eoondoe di vitale, una parola nuova che restasse du– revolmente nel cuore degli uomini; insomma ciò che par nulla -ed è tutto. In realtà egli fu un rivoluzionario, che (a detta del suo biografo recente) esortava a non combattere; un cospiratore foderato di spirito filosofico; un anarchi– sta non immemore della morale cristiana e d·ella tra– dizione nazionale di innanzi all'Ottantanove. E, ac– corso nella spedizione dei Mille, vi creò un'a legione di rivoluzionari, nè impetuosamente di per sè ardita, nè utilmente obbediente al comando. Non fu nè tutto di qua, nè tutto di là, ne!J.e partizioni sia della psi– cologia politica, sia dell'anima delle età: come Er– nesto Rénan, che rimase sempre un mistico nel suo razionafo 1 mo, così Paolo De Flotte, pure nativo della Brettagna, rimase sempre un poco l'ufficiale di ma– rina dei primi tempi. Il suggello brettone chiuse Ia sua anima nella stessa «intransitività» (come dice il Colòcci) del suo illustre conterraneo, sul quale solo lo sf{lrzo della espressione artistica potè pro- . gurre una espansiv_ità, una « transjtività », del resto .asiiai poco l efficace\ come dimostra il rapido oblio delle generazioni nuove verso il delizioso biografo di Gesù. Ma la fama non importa molto, specie a chi non è più; chè, se. essa, come immaginava messer Fran– cesco, trionfa della Morte, non è detto che ai morti dia conforto; e certo non ne avrebbe recato molto al chiuso e malinconico « deputato degli insorti»; gli insorti, dico, del giugno 1848. Lasciamo dunque la speranza - o almeno lasciamola allo scrittore fervido e biogralo devoto - d'una rinascenza gloriosa presso le genti di Paolo De Flotte, e accontentiamoci di co– noscere meglio un nome che, nella storia della po– litica francese, cioè a dire di tutta l'Europa occiden– tale, merita d'essere segnato; e di conoscere un'altra (1) ADRIANO COLOCCI: Paolo De Flotte; In Blbli.Qteca al Storia Contempo,·anea. - Editori tratellL Bocca, Torino-Milano-Roma, 1912 (L, S,50),

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