Critica Sociale - Anno XXII - n. 3 - 1 febbraio 1912

.. > CRITICA SOCIALE 37 valendosi dèlle armi ·che egli stesso, per nòn sacri– .n,..ir:' tutfa_ la p~rte b-t~ona della legge sull'emi– graz10ne, s1 lascio carpire. E così· la colonia na– zionalista, imperialista, militaresca reazionari::i, si er~e oggi di contro alla colonia 'libera, senzà banchera, fondata dal fecondo e pacifico lavoro e tenta di ·soffocarla. ' 1:,a democrazia ~ssisterà inerte a questa sopraf– fazrnne? .No~ non .mtendiamo già d'incitarla 'a di– sturbare le co lonie ~i lor signori, ,dappoichè essi con· Ie loro 'f! a.sseggia.te africane hanno compro– messo, oltr_e 11 loro e più che il loro ì'onore del paese, e quindi anche il nostro. Or~ai siamo. in ballo e converrà ballare. Noi desideriamo soltanto che la. democrazia tuteli le proprie colonie e norr permetta che i figli del popolo ne vengano fonat,1.- 1r.Pr1te distratti per usar:i come trastullo ,wll., CC?~tese. i1;dunazionali. I figli del p0poro dànno g1a eT01camente . ~ serenamente il sangue per le nnove terre conquistate. Che sia loro perme<;>10, ~e lrirner:c.nno a casa, che ~ia permesso ,li loro pn– re ntì, ov e trovassero che con· le glori~ .oelliche il p;i,ne r divenuto più salato cli prima. di andaneroe a _cercare un altr0 meno caro al di là clyll' oceano! PETER AUGEN. Se ·aibiso_gni ,della colonizzazione le, terré d'Italia non bastano · ·Nella riunione - del 2 diliembre tra Direzione del Partito e Gruppo socialista, Guido Podrecca difende– va la conquista afr'cana sostenendo che le terre in Italia poco più potrebbero dare di quello che danno. Io n-0n potevo convertiore un'adunanza eminentemen– te politica in un Oongre.sso, dove si discutono e risol– vono problemi scient fici. Ma poichè· Podrecca, poco dopo, nell' Az.ione socialista, ribadiva la medesima te– si, tento ora confutarla così come è possibile nel bre– ve confine di un articolo. V"eris,s'mo il !rilievo che la coltivazione dell'Agro Romano e della Sardegna - e della Sicilia, aggiungo io - può eSBere mig_liorata, non trasformata radi– calmente. Molte stramberie si sono dette e pubblicate per volere cervelloticamente mutare l'organismo agr'colo di varie e vaste regioni italiane, dove è niù spa.rsa la produttività.· Io m' ingegnai di chiarire,- in va.rii writtli della Critica Sociale e della Rassegna Contr,rr(1J?1:ant';a, che l'organismo ag,ricolo_ nei lat'– fond1 s1c1ham non può essere che a ]fase -d.1gramcol– tura e nei latifondi romani a base ai produzione lat– tifera, e che· lo spezzamento dei latifondi; da banti invocano al fine d' sogtitui<re le colture, è un'idea p.azzesca, alla quale non ha ma: potuto arridere il successo, nemmeno,. come eccezione, con la ripartizio– ne dei demanii pubblici. Però il• perfezionamento di cotesti organismi agri– coli può •dare un grande aumento di produzione. Si può pr-0tarlo col maggiore esempio, quello sicilia– no, con che si sfaterà, altresì la credenzlt. che della conqu 'sta tripolitana la Sicilia' sopratutto possa van– taggiarsi. In Sic ilia abbiamo circa due milioni di ettari a latiforl.di e terre ;ncolte. Di essi poco più di un ter– w è sem inato· a cereali, e gli altri du,e terzi son.o a riposo e a pascolo naturale. Il prodotto medi-0 lordo annu o, tra la semi ,na e il ;Pa,scolo,.c~oè tra. i prodotti diella oerealicoltu.ra e ,de lla pastori:t.'a, è d1 un'-0ttan.– tina di l ire per etta.ro. E' una miise:ria: perciò la terra non bàsta e la gente è costretta ad emigrare in America. Questa miser.a p,roduttiva non riguarda una 1ristretta su-per iìciie di terra, ma, c9me dissi, circa due milioni. di ettari. Or queste terre stanno sotto il più propizio sole, che nitrificà spontaneamente le zolle smosse·; e i·n .esse la vh·tù granifera è indefinita, bastando UJil hreve riposo per rinno.;,arla nel solo straterell-0 che da più millennii vien raschiato dall'aratro-chiodo. P,e1rchè, in condi zioni naturaM così fortunate, la teirra produce la , fa.mé e, con la fame, la barbarie nei rappo,rt' sociali 7 N,on è egli possib~le, con tanta fe,r– tiEtit naturale 'perenne e con tale sorriso di cielo, p,rodurre assai più? Sì che è possibile ed anche facile! L'o•rgan.ismo a– gricblo, che si è venuto formando, piglia tutti i suoi caratteori, buoni (e cattivi, dall'esclusiva considerazio– ne che ha la coltura del frumento. Per questo esclu– sivismo la pastorizia non vive per sè, ma per la ne– ce.ssità di avvicendare 'la semina al riposo, e dii uti– lizzare la terra riposata col pascolo; e le leguminose, così necessarie all'alimentazione, non si coltiverebbero f!e non servissero d.i maggese per il frumento. Le gran·di variazi-0ni di prezzi· da un anno all'altro, f.requentf: .in passato nel mercato del _grano, impone– vano così al p·rop.rietari-0, che spera sempre in un au– mento di fitto alla rinn-0vazione dei conti·atti, come al fittuario, che teme una crisi lungo' la durata del- 1' affittanza, contratti brev', generalment.Je sessen– nali. I. contratti brevi vietano al fittuario cli fare pian– tagioni, costruzioni, bonifiche, . rinnovaziuni dello strato coltivabile: onde le campagne deserte, inos1:i– tali, malariche, impervie e fòm1ti di Ì:nalandrinaggìo. Ora, i pericoli di. grandi e repentini sbalzi nel com– mercio del grano son-0 ·divenuti assai rari. Inoltre le colture arboree, come il mandorlo, !"ulivo, la vigna, il fico, il carrubba, il fico d'Ind' a, il sòmma.cco, e le coltùre dei foraggi ,e _degli ortaggi, che possono con– sociarsi in appeizzamenti separati delLo stesso lati– fondo, dando ora frutti assai richiesti dal mercato, I).On fanno più dipendere il prodotto 'del latifondo dal solo grano, nè sol-0 a qulesto commisurare il prez– zo e la durata dell'affittanza. . E' grave dann-0, a.dunque, abbandonare tanta mas– sa di terre alla sola coltura del frùmento avvicendata col paS<:olo naturale; ma· è altresì danno grandissi– mo sostituire, con 1-0 spezzamento 'del latifondo, a qu.ella coltura altre, con le quali si avrebbe da una parte ila mancanza del pane e dall'altrn, la sovrabbon– danza di prodotti che non si sapirebber-0 a chi ven– dere. La ·crisi enologica non è der'vata dalla sovrab– b,o.n,danza per se stes.':'a, ma dalla sottra?i:one di terra, di capitale e 'Cli lavoro che la vigna male estesa ha fatto alle principali colture erbacee. Sia dunque sempre il frumento la coltura princi– pale e fonoomental1e dei latifondi siciliani, come quella che ottimamente si addice alle con.dizioni ùi clima e di suolo; ma sia essa integrata con altre, che p'Ossono attecchire e dare facile frutto dove non entra l'airatr-0; e sia solo lasciata al pascolo naturale quel– la parte del terreno, che solamente la lingua della pecora può sfruttare. Si pens:i inoltre che un solo chicco ·di grano può produr-re, !in cespo dri molte spighe, fin più che un mi– gliaio di granelli. Ma, tSenza arrivare a questa ecce– zione, un terreno ben preparato può dare con certez– za più diecine di volte la semente. Intanto pare for– tuna che il frumento dia, in media, solo dieci volte la semente. Se soltanto se ne duplichi la produttività e si aggiungano i 1i'cchi prodotti de~le altr!e colture, in appezza.mentii reparati dello stesso fondo principal– mente seminativo, le quali ora del tutto mancano; si avrà. indubbiamente un aumento meraviglioso di prodotti. Altre volte nella Ur1:t1:caSoè1'ale indagai la causa che itrrpedisce tale miglioramento e mostraJ{ come sia rimovibile. Quello, che per H latifondo siciliano, può ugualmente dimostrarsi per l'Agro romano, dove le tenute di Pantano e di Urervellettn provan-0 che, pur rimanendo il latte, con l'allevamento alla stalla e le colture foragg"iffl'e, la produzione principale e pur abbà.ri.donandosi s!)mpre i tratt' d'impossibile col– tivazione alla pastura, delle pecore, i prodotti armen– tizii, insieme a quelli arborei ed ortensi oonsoc'abili nella ste1:.sa tenuta, superano di gran lunga quelli della primitiva pastoriz a vagante.; e ciò in ben tre– centomila ettari di campagna. Si opporrà che, tuttavia, data la crescente popolazione, la terra, un dì o l'altro, diven·à insuf– ficiente, e allora rion sarà male essercene a tempo ac-

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