Critica Sociale - Anno XXI - n. 21 - 1 novembre 1911

322 CRITICA SOCIALE i ciechi e formidabili anfratti di una « speculazione» militare e politica, della quale altri — non certo la nostra puerile ingenuità — coglierà, sulla nostra po- vera pelle, i frutti usurai. Di filiali inconfessate cu- pidigie imperialistiche altrui, di quali occulte libi- dini di fruttuose rovine, siamo noi, in quest'ora, l'in- conscio strumento e zimbello? A che geldrè di esotici capitalisti e banchieri stiamo rendendo servizio, coi sangue dei natri giovani, col gratuito olocausto del- le migliori virtù dì nostra gente? Su che valori si gioca, nelle Borse di Berlino o di Londra, mentre la posta del gioco è l'onore, la forza, la ricchezza — è l'incipiente civiltà — del nostro paese? Ah! debbon essere ben cupidi e gravi gli interessi che si posero in moto se riuscì la loro manovra ci esprimere tanta di suggestione maliarda, da in- durre il Governo democratico — non è. nella nostra privo'« mnbet di — di Giolilli. di Sacchi. di di Credaro, a cresimare la celebrazione del ,.inquantenario dell'indipendenza nazionale, con la .promessa, insieme, di una legge che darà la eitiadi- . nanza ai cittadini (l'Italia, e con l'aggressione bru- tale a terre non nostre, a genti che ignoriamo e ci ignorano, fra le quali, nonchè la sussistenza presen- le,'ma neppure ci chiamano fondate e adeguale spe- ranze di futuri intrecci di interessi, di traffici, di lavoro comune; se potè persuadere g questi uomini il paradosso di vantarsi forieri di una civiltà, della quale siamo così scarsi, a mezzo del cannone che di- lacera, degli esplosivi che devastano, di procedure di terrore --- attivo e passivo — consacranti. (gane traditori, a meditala strage ignominiosa, guairtivi,- pala di sarcastiche frangie giudiziarie, prigionieri e ostaggi di guerra, colli a difendere la lora terra, as- salila ed invasa. E perchè non sentissero, questi uo- inini, il ribrezzo di vedere, così, suscitala, scatenata nelle folle, dalla sobillazione procace dei nostri eroi di poltrona, ciarlatani del panitalianismoi e danteg- giatori da burla, che l'«reigno Mighieri dannerebbe in Cubici, quanta feccia di ritmica inutile selvaggeria giace, sepolta dai millennii, nei penetrali della stir- 'pie, verniciata appena di umanità. E perchè, sopra- lutto, non scorgessero che il consiglio, a cui obbe- divano,- era, doveva essere, il consiglio di Giuda. Or eccoci laggiù — dove movemino fra tanto spen- sierata e gaia. fanfara — ecco la patria col piede nella .malvagia tagliuola; essa, invaditrice, conqui- statrice, ma stretta d'assedio tenace fra il mare e le propinque trincee; coi Mirmidoni attorno, che bal- zano su dalle impervie e inospite sabbie a diecine e diecine di mila, sdegnosi e noncuranti dei nostri meravigliosi e superbi apparecchi di morte; im- pedita di procedere oltre, come di ritrarsi; di re- care altrove più utilmente le offese, perocchè è sacro agli interessi e alle aspettative in agguato lo statu quit nei ltalcuM e nella Turchia. Solo lo statu quo thilhi patria medie, della nostra civiltà, era inezia de /Hii'it/'5 i lidi,' C000, sgosecreoo, dal laccio? a qual prezzo? in di qual ia.emie?i medri camerati socialisti di destra, neo-freneliei lii ',off/Ligio /Mire/L:WC... fpi- uernalivu, sognano lio imperialismo addomesticalo, un colonialismo dosato col contagoccie, non ancora registrato nella storia dei paesi serie e virili; un piede sulla costa di Tripoli, per isvago e per chias- so, COMC in Eritrea e al paese dei Somali; villeggia- tura gioconda, per svernarvi — Maometto permet- tendo — il toedium casermaiolo e la pletora dei no- stri aspiranti (la fregala è già in pieno ardore) albi greppia dello Stato. La colonizzazione italiana do- tirebb'essere — pel «meno peggio» — questa pa- rodia! Ebbene, no! Una « fatalità storica» di sante ri- bellioni deve esistere anche per noi. Di ribellioni e di espiazioni. Dacchè . tanta cecità di Governo, tanta cecità obbrobriosa di popolo, è delitto comune. Anche dell'impreveggenza nostra e delle nostre abdicazioni,. Ouando le valanghe di mi- lioni passavano, alla Camera, per Mabissarsi nel ba- nii1-0 militaresco— e la 1.oneme ai quieseenzet. las.5.i.a,- ra clic passassero, senza pur tentare, almeno, di provocare un fremito di sdegno proletario; —.l'or- gano esige la funzione; Tripoli si delineava sul- l'orizzonte. Virtualmente era già la conquista; con- sentita — ad insaputa nostra — da noi. Le diplomazie congiurale, i grossi pennacchi fiat- tanti, le Borse di Berlino o di Londra, il capitalismo d'ogni lingua e d'ogni razza, attendevano, fiutavano,. spiavano l'ora. • FILIPPO TURATI. INEI dello il Convesso di MOIIE Non si può dire che il nostro Congresso tibbia avuto ciò che suol chiamarsi une bonne presse. La stampa borghese, ubbriacata dal nuovo e più pic- cante sportismo della avventura tripolina — e ub- briacante con esso il suo pubblico, ai: fini del/'a « più grande Italia » e della « più grande tiratura » —; in- ferocita, per giunta, contro il Partito, che, solo, di fronte a quell'avventura, ebbe la temeliiiit di fare il lorbafeste, -slanciandosi contro la corrente e sfi- damici la infatuazione pressochè universale —; guar- dò a Modena, o ci venne, colle prevenzioni più ostili; affettò di considerare il Congresso socialista come una inutile e noiosa accademia, una ripetizione 1101I chiesta dei Congressi precedenti, e quasi come un grande pettegolezzo, estraneo alle vibrazioni dell'a- nima della patria, nell'ora storica che volge; e vi prestò e richiamò l'attenzione, quasi unicamente in vista delle immediate conseguenze parlamentari, che potevano scaturirne, ossia del proseguito o Miei- rotto appoggio socialista al Ministero Giolitti. (MeV lo, che, per ilPartito nostro, era, e doveva essere, un incidente — importante senza dubbio, ma conse- quenziale e accessorio —; per i Partiti borghesi, era tutto, era l'essenziale, era il Congresso medesimo. qui una superficialità, una volgarità di giudizii, della quale non ancora si era avuto esempio. E aggiungiamo che, delle diverse correnti manife- statesi al Congresso, la più malmenala — e in ciò soccorreva, com'è naturale. aneliti una parte della stampa del Partito — è stata quella che prevalse. Che cosa non fu detto di quel povero or-cime del gior- no, che direttamente e coll'emendiunento Modigliani degli altri voti, che il ballottaggio illi.ebbe river- sato su di esso, facciamo geli,' voiffidieri -- raccolse su di se la maggioranza dei vue Lungo come un

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