Critica Sociale - Anno XXI - n. 21 - 1 novembre 1911

CRITICA SOCIALE 323 testamento, impreciso, contraddittorio, che offre ad- dentellati e apre spiragli a tutte le interpretazioni e a tutte le tergiversazioni, fatto, insomma, unicamen- te a fine di Congresso, per imbrogliare le carte, per salvare le posizioni pur facendo le viste di batterle in breccia, per raccogliere una incoerente, fittizia, artificiale maggioranza, che si dissolverà al primo urto colla realtà dell'azione. E, se qualcosa vera- mente riportò la vittoria, fu il gesto sdegnoso di Leonida Bissolati, proclamante il proprio ministe- rialismo, a dispetto del Congresso e della discipli- na; furono, magari, i rivoluzionarii, utopisti fin che si vuole, ma rigidi, interi, massicci; non il demagogi- sino occasionale di un riformismo, che non sa segui- re la sua linea logica diritta, e piega ad ogni vento, e smentisce e rinnega sè stesso! Ora, tutto questo, a senso nostro, è esattamente, e in ogni sua parte, l'opposto della umile ed intui- tiva verità. E questo non scriviamo per bisogno, che ci prema, di difendere o di esaltare noi stessi o i principii e il metodo che, riteniamo i migliori. Ri- produciamo più oltre l'ordine del giorno approvato ed incriminato, e ci riserviamo di ripigliarlo ed illu- strarlo, per coloro che ne sentissero il desiderio o il bisogno: Non poniamo e non porremo, nei nostri commenti, alcuna passione, alcun accanimento, con- tro o a favore di. chicchessia o di checchessia. Siamo altamente meravigliati delle singolari abilità, o chia- miamole pure doppiezze, che ci sentiamo prestare; certo non furono nostra musa nè rancori, nè ti- mori, ne fini occulti, e non addivenimmo a transa- zioni od a concessioni, se non di pura forma, o in quanto riconoscemmo il fondamento delle osserva- zioni ché la discussione amichevole di Gruppo e fra Gruppi suscitò, e nei limiti delle deferenze ragione- voli, come avviene in ogni occasione e in ogni As- semblea. E nutriamo l'assoluto convincimento sembri pure ingenuità l'affermarlo noi stessi — che quel- l'ordine del giorno concretava, colla massima pre- cisione e chiarezza possibile — la sua prolissità ap- parente non ebbe altro movente — tutto ciò che il ri- formismo, quale l'abbiam sempre inteso e propu- gnato doveva dire, in questore, nel Partito e al Partito; lo concretava pér guisa da eliminare, nei limiti dell'onestamente possibile, ogni malinteso non voluto a disegno, ogni equivoco, cioè, di buona fe- de (tolta questa, non v'è formula che non dia luogo a cavilli), pur sfuggendo a quella rigidità e unilate- ralità, che, volendo tutto prevedere e prescrivere, e stringere il mondo in una frase, è la fonte maggiore di equivoci e deviazioni e ribellioni necessarie, per- che impuste dalle cose. Ma, di tutto ciò, avremo agio a discorrere ancora, prima che la deliberazione di Modena richieda, col riaprirsi del Parlamento, le sue prime applicazioni. Vediamo piuttosto quel che sorge dal Congresso, come esame di coscienza, come autodiagnosi del Partito socialista, e come indice delle sue, latenti od esplicite, presenti o prossime, evoluzioni e specifi- cazioni concrete. **. Il primo aspetto dice questo: che le vecchie ves- sate tendenze si sono moltiplicate. Erano due — ri- voluzionaria e riformista —; tutt'al più erano tre, aggiungendovi l'integralismo morgariano. E, men- tre sarebbe parso che quest'ultimo, merce il denun- ziato sinistreggiare dei riformisti e nostro, dovesse perdere la sua ragione di esistere, essere riassorbito e sparire, le tendenze riducendosi a due; ecco, in- \'i'. elle non solo esso persiste e si riafferma, in un dine del giorno svolto dall'on. Precetti; ma, ac- anm ad esso, la corrente riformista si triparte: ed zero un riformiamo di destra — quello logico, dirit- to, serio, concludente! — che ha per padri spirituali Bissolati, Bonomi, Cabrini, Berenini e altri che non parlano, che si caratterizza nel ministerialismo, con Giolitti, fino almeno a suffragio universale conqui- stato, e si esprime nell'ordine del giorno Caperle, indi Basile; ecco un riformismo di centro, il nostro; ecco un riformismo di sinistra, nell'emendamento Modigliani, che aggiunge un - pizzico di più di anti- ministerialismo colla semplice soppressione di un avverbio — « sistematicamente » — nel nostro pe- nultimo verso! Questa, dunque, la apparenza esteriore, la frons prima delle cose, che saepe decipit; e che infatti è illusione pura e semplice, come è assai facile intuire. In realtà — dobbiamo, per oggi, limitarci ad af- fermare poco più che: dogmaticamente — la triplice e la quintuplice divisione del Congresso non furono che il prodotto della ricerca affannosa di una formula più esatta, che rispondesse alla novità e alla incer- tezza della situazione politica; ricerca resa anche più difficile dal permanere di antiche etichette e tradi- 'ioni verbali; profondamente logorate e virtualmente superate nel pensiero e nei fatti. E giammai, per contrario, vi fu — questa è la nostra impressione limpidissima — tanta sustanziale prossimità e quasi identità di tendenze, tanto avvicinamento reale al- l'unità, quanto nel Congresso di Modena. La divisio- ne, il solco, il contrasto emerse bensì, ma meno do- ve i nomi e gli ordini del giorno sembravano indi- carlo, che dove sembravano volerlo dissimulare: contrasto, solco, divisione che, senza dubbio, ma- turava sordamente e lentamente nelle cose, nelle ten- denze di individui e di gruppi, e che recenti eve- nienze improvvisamente acuirono e costrinsero a svelarsi, a preciserei, e più costringeranno, rapida- niente, in avvenire. • Intendiamo dire che si illude, a nostro avviso, chi cerchi, nei cinque ordini del 'giorno, il germe o l'e- spressione di cinque partiti; nei tre diversi voti ri- formisti, i tre partiti nel Partito. Due tendenze, in- vece, e due sole, si affermarono nella discussione e nel voto; due partiti, e due soli, si accennano •e si delineano: il partito socialista democratico, partito di lavoratori, partito di classe, partito di ririnovazio- ne politica, economica, sociale; e 'un partito radicale- socialista o democratico-sociale, propaggine, coni- pletaniento, fornite fors'anco di rinnovamento — e sarebbe da altamente rallegrarcene — dell'infiacchi- to e semi-consunto radicalismo democratico. Noi dobbiamo — anzi io debbo; è ben qui il caso di assumere, per un istante, la prima persona sin- golare — esprimere tutto il mio . più orgoglioso di- sprezzo, per le pettegole insinuazioni, che si stampa- rono, di un supposto mio antagonismo personale con uomini, con cui ebbi comune tanta parte di ideali, di vita, di lotta: con Leonida Bissolati, con Ivanoe Bonomi, con altri clic stanno oggi con loro. Ipotesi e gindizii di questo genere rivelano tutta la miseria morale di chi — inducendo da se stesso — non sa dare altra spiegazione dei fatti dell'uomo, che non sia pettegola e vile. Ma di siffatta sporcizie io affido volontien l'apprezzamento — con piena sicurezza e di loro e di me — a quei medesimi amici, col quali si vorrebbe, non forse senza malizia, certo con pen- siero abietto, mostrandomi in contrasto personale, accendere di fatto tale contrasto. E basti questa bre- ve parentesi a così misera e odiosa quisquilia! La quale non deve e non può dispensarci dall'af- fermare che, veramente, fra il pensiero e l'atteggia- mento politico di cotesti valorosi compagni, e quello che a noi parve e pare, oggi più che mai, di fronte agli avvenimenti, essere e dover essere il pensieri) e l'atteggiamento del Partito socialista; il solco, la di- vergenza si andarono rapidamente approfondendo ed allargando. I motivi sono accennati nell'ordine

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