Critica Sociale - Anno XXI - n. 18 - 16 settembre 1911

CRITICA SOCIALE 287 biltà. Folti si offeriscono, a questo proposito, gli esempi. Trascelgo qualche strofa de L'altro mare, .... dietro le mie palpebre cupe nell'abisso che ripido, profondo addentravasi in me sotto la rupe della mia sordità, sonanti, vaste, fulgide ritrovai l'acque rirhaste di splendere e cantar lassù nel mondo. Le più serene onde rividi, quelle sul cui placido moto una dell'Ore s'adagia e lascia che le sue sorelle vadano: ella si sta lenta a cullarsi, a sognare, a socchiudere cosparsi gli occhi d'azzurro, languidi d'amore. Le più dolci, le più floride: l'onde rividi che un mattin forse, una sera di dicembre vedemmo arrivar bionde, rosee, lattee, recando a questi liti pallidi ancora i petali rapiti sulle rive ove sempre è primavera. Tutte: e i più peregrini atti, i più rari casi: gl'incontri de' colori in uno tal che, conchiuso, già si scioglie e pari non riesce più: l'attimo in cui ogni color pare e non par, come ne' sogni, che vediamo, e non é chiaro né bruno. La nota riudii, che contro mille scogli battendo tutto il mare tutti i suoi colpi, e l'innumere sue stille rimescolando nell'immune ruota de' suoi vortici, sola quella nota trasse perfetta da' suoi mille fluiti. Quella 'voce e quant'altre più divine giacean fonde nel mare, io sollevai novamente - a cantar sulle colline somme del mare: e ancor più dolci quelle che senza esempio io mi creavo: belle e grandi come non udite mai. Io altri canti mirabili ritroviamo nel Poeta lo scul- tore, lo scalpellatore della parola che ci ha empito di stupefazione ne' sonetti del suo antecedente vo- lume. Rieffigia egli, con imitazione prodigiosa, nel suo verso, figure statuarie e motivi marmorei che gli han colpito la fantasia, e li anima, fido interprete e a un tempo soggettivamente libero, de' suoi sogni e degli erramenti del suo pensiero appassionato. Ec- co la Venere spezzata: Mozza la testa; del bel collo, appena l'infimo giro; delle braccia belle, breve un inizio, senza ombria. le ascelle; rotte le coscie dove più compite s'arrotondavan nella curva piena: e il tutto pesa sulle due ferite. Ma glorioso organi il petto, saldo si sporge, duro nella molle. linea. Scende pe' fianchi l'agile femminea grazia; s'espande, si concentra in una conca felice, in un color più caldo di bianchezza e ivi si smarrisce, bruna. Mutila sorgi; né pere men dea nè meno donna: integra, viva. Sembra ch'ogni bellezza delle assenti membra s'aggiunga alle superstiti, casi come s'accresce una tenace idea di ciò che all'altre languide smori. Ed ecco il « Cristo bizantino »: Chi sei che, curvo nella somma conca dell'abside, stai come stupefatta, storta un'insania nella sua spelonca' Quale melanconia fiera s'acquatta nell'intimo tuo ? Quali atri pensieri l'empimi l'occhiaie, si che tu non batta ciglio? nè quando splende in vetta ai ceri vivida, innumerevole la gioia del di festivo, e agita gl'incensieri; nè quando il gorgo musicale ingoia ebbre l'anime e trema alto il metallo delle campane: tu dalla tua noia non ti riscuota; tu senz'hateiwallo nella Inc noia stai perfetto, come la silice nel suo duro cristallo... E la « Porla»: Vaga, eterea, sottil come nel vano di que' tuoi favolosi la prima- vera mi ride nel pensiero, o Cima da Conegliano. 0 non forse davvec di sotto quella volta uscito son io, tra le colonne sontuose, ove sta delle Madonne tue la pia .bella ? Col suo pargolo in grembo e i suoi divini pensieri in volto ella si sta coi santi, gue' due soavi angioli musicanti a udire, chini . sui liuti, sul brivido stupendo de' tesi nervi: chini sulla noto Che nasce, quasi su di lei la gota calda premendo... Ma la gemma tra le gemme del volume mi pare l'Inverno. L'aspra poesia della scultoria rigidità iema- le è còlta e rappresentata con una potenza fantastica e descrittiva straordinaria. Di molti inverni biancheg- gia il Parnaso italiano. Ma nessuno, forse, è così so- migliante al duro e severo inverno della natura. Certo in nessuno ne apparisce afferrata e riprodotta con gesto così francamente spedito la fisionomia esterna e, più, l'anima profonda. Poichè lo spazio mi vi astringe, mi sto pago di riferirne il cominciamento. E tengo nella penna ogni altra chiosa: Inverno, poi che il tuo fiato aspro lima la terra e striscia ruvido nel cielo, cose ved'io non apparenti prima. Nuda la verità fuor d'ogni velo caduco scemo: semplice, virginea, immobil entro numeri di gelo. Fuer d'ogni veste florida, pampinea, la collina, ecco, si rivela, chiusa perfettamente di più salda linea. Ecco l'albero che scuote e ricusa, vani accidenti, fiori e foglie; e austero rientra nella sua formula estrosa. Rientra, come talor nero parliero si ritrae dalla torbida parola " dentro i nitidi schemi del pensiero... \Il 10010 I ),I AP,. Abbiamo pubblicato: S. CAMMARERI SCURTI Il latifondo in Sicilia e l'inferiorità meridionale (Questo studio, uscito già fra 11 1905 e II 1909 nella Critica Sociale, continua il cielo intitolato : Il prObleina agricolo siciliano e la na- zionalizzazione della terra,, la cui prima parte, La lotta dt classe in Sicilia (Biblioteca della Critica, nani. 15), apparve fin dal 1896). Un volume di pag. 252: L. 1,50. (Presso la Critica Sociale).

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