Critica Sociale - Anno XIX - n. 12 - 16 giugno 1909

CRITICA SOCIALt 187 oggi più possibile - devono se111vre udvperurn lo sciopern come una ultima ratio, ~ devono con,·erge– re la fc,rza della propria organizzazione so1uatuUo ad ottenere sistemi lii arhitrati forniti di tali E(a~ ranzie, d.1 rendere superfluo lo sciopero stesso. SolC' agendo in tal modo (>SSi cro:>ronno una situazione in cui il loro diritti) di orga-nizzursi potrà svolgersi con mezzi non dannosi ulla rnoggioranza della so– cietà e dei loro stessi romprigni delle altre categorie. ed in cui il loro particolare interesse non si h·o,•u,'t in conflitlo violento coi grundì interessi coJlettivi. SociAlismo non cllerivu.forse da ~ocialisio, e socia– lità non significa solidarietù? Pii1 che un accenno, il problema delle finalità del mo, iml'nto sindacai.-'! richiederebbe un lungo discor– s.:,. ~la, poichè le questioni che riguardano l'avvenire sociale - av,·enire soggetto all'azione di cause in– finite f" ,·nrinbilissim~, e quindi rosi incerto da sfug .a;ire ad una previsi(lfle sicura - riescono di grn11 lnnga meno interessanti di quelle che rigunrdano il presente, sarà OJJPortuno passnre ad occuparci soprulutto di queste ultime. IL SIND\CALISMO IIIVOLl ZlONAfUO NON È ABBASTANZA SIN– OACALISTA. Nel giudicare il rr.o\'imento operaio, e tanto pili nel pretendere di guidarlo, il sindacalismo ri,·olu– zionario cade in una stridente contraddizione. Oichiara cli mettersi dal punto di ,ista cli un'azio– ne strettamente sindacalei ma in 1~altà considera quest'ultima attraverso a preoccupazioni che sono essenzialmente poliliche, e lenta di .UJ?giogarla a pregiudiziali che rontrastono colla sua intima na– tura. :\lentre affètta di compnlfre il vecchio sociali– smo prevalentemente politico, rnçntre disprezzu i po~ liticanti dell'ala destra, mentre dichiaro cli credere soltanto o.Ila esperienza; esso ripete molte idee del sorinlismo nnnrcheggin.nte di 50 anni or sono; cade in un politicantismo che non cessa di essere tale solo pcrchè è di ala sinistra; sostiene idee e procedi– menli che l'esperienza dei paesi e delle organizza– zioni pili progredite è unanime nel condannare, e che rappresentcano quindi un dottrinarismo vero e proprio. Per fare del sindlLcalismo sul serio, bisogna es– sere coe1ienti, e considerare il movimento sindaca 1 e 11er qi.::olloche è reulmente, ali infuori di ogni pre giudiziale. Busta obbedire a questo canone di logica per uc– corgersi che il sindacalismo rivoluzionario - nel senso ir:. cui 10sso adopera tnle ugget..tivo - è una coutrocldizione in termini: e, più precisamente, è rivol~1zionario propr:o in quànto, e solo in quanto, è trovpo politicante e tropp0 poco sindacalista. Finchè il partito politico prevale sull'azione sin– dacale; flnchè il Circolo conta più dPlla Camera del lavoro o della Feci~razone cli mestiere; fi-nchè insom– ma il movimento t)peraìo è guidato da un insieme cli uonlini di tutl~ ICrlassi, usciti fuori in modo pu– rumentr ideale dal}P- cotegorie socinli cui reulmente appn1·1cngono; è natura:,e che alloru il movimento :)~~s;g('~·;~~i~niini~~~r~11~~ee ~ 0 ~~t~l7c1\ 1~~g:\gn~l:/:)~ pric cli coloro i quali rwn sentono direttarn~nte i bi– sogni cui occorre prov"eclere e non vivono, giorno per giorno, ora per ora, a contn.tto colle concrelC' <lifliroltà che è ner•essarin vincere. Come dottrinn, il sindocalismo rh·oluzionario non ò altro nppunlo se non una monH~stazionc - ed una fra le meno felici - delle preoccupazioni occennnte. Man mano invece che l'irnportanzo dell"azione sin– da.c-11\eaumentai man mono che coloro de' cui in- . teressi si traila acquistano coscienza ed esperienza, e parlono rolla propria voce; il movimento operaio si emancipfl dalle prcoccupozioni dottrinarie e dalle pregiudiziali politicantistc, e si indirizza per una sun proprin vin. Presumere cli rompi-endierlo e cli di• rigerlo con CTiter'ì che non sono i suoi, e preSU· merlo proprio in nvme della purC'ZW clell'ozione sin– dac.-ilc, significa. dunque tare un'opera che è ;n contrarldizione colle stPsse premesM smdo.caliste da cui si dice di parlire,e che è destinnto ad infiranger– si contro la dura realtà delle cose. Se si deve rimanere ne·1 polilicantismo, allora ci uJ}Jmt0110 woltu piu coerenti qu.d :socialisti dell"on– tira maniera, i' quali diffiduno dell'aziorle sindacale, e la \"Ogliono sempre sottoposta alla volohtà del Par. lito. Essi pretendono una cosu impossiJ)ile; ma al m<'no mostrano di comprendere meglio i veri carot– ieri dJll'azione sindacale. Temono cli quest'ultimn pe1rhc, dal punto di vista del vecchio socialisrno, ricouoscono che essa è In cosu meno rìvoluzionariu cli questo mondo, nell'antico signiflcnto clell'ugg-clti– \'O u rivoluzionario». Poichè il solo ambiente adatto alla jcleologia ri– voluzionaria è il Partito, e l'organizzatione sincla• cale tende in\fece fatalmente a liberarsi cla tale ideo– logia; l'utopia di \"oler subordinare al Partito l"or– ganizzazione sindacale, affinchè quest'ultima resti ri ,·oluzionaria, è meno grave, e in ogni caso assai più logica, che l'utopia <ti accettare, per la cultura dello SJ)irito rivoluzionario, proprio quel terreno dell'a– zione sindacale, che vi i.> refratto rio per sun stessn natura. ANTONIO GRAZIADEI. ANCORA L INFERIORITÀ MERIDIONAL 5° - Il 11roblenrndello Stretto tli }lrs~ina. Ad aggravare il problema delh1. inferiorità meri• clionale, è so1>raggiunto improvviso, con un disastro inaudito, il problema particolare dPllo Stretto di Mes1dna. L'.ftalia nel suo Bo:::;foro incantevole ha come una grande ferita sempre aperta, che ammali1. ed uccide. L'immane disastro del 28 dicembre 1908, maggiore forse di qunnti ne ricordi la storit1. 1 nei paesi colpiti dal terremoto tra le due rive dello Stretto di Messina, rivela la esistenza di un 1-1ro– hlema nuovo ed urgente, la cui soluzione, oltrechè da ragioni umane, è imposta dalla portata che esso lm sui destini della nazione. Vi è grande contrasto tra le bellezze esterne del Bosforo italiano e la voragine sotte1Tanea, sulla quale di frequen·te traballa e si contorce il terreno, dirOC· cando gli edifici ed uccidendo gli uomini sotto le rovine. Messina, come Catania, dovette la sua hel– lezza ai precedenti terremoti, che fecero ricostrurre con maggiore decoro edilizio la città. li terremoto uccide ma è rinnovatore. Palermo conserva i suoi vecchi luridi quartieri 1 perchè il terremoto abbt1.tti• tore è mancato e le rivoluzioni non li hanno ancora rinnovati. Se lo Stretto non esistesse, bisognerebbe togliere l'istmo per favorire la na,•igazione. Se lo Stretto si nllnrgasse 1 la Sicilia, distaccandosi di più dal Con– tinente, diventerebbe meno italiann. Lit superiorità. della Sicilia sulla Sardegna deriva in gran parte dalla maggiore vicinanza della prima al Continente. Le leggende di Ercole che passa lo Stretto su di un bue a nuoto, e rli Francesco di Paola che lo passa sul mantello disteso nell"acqua, mostrano come sia stato sempre facile il passugi;-io dello Stretto per gli scambi tra Ja Sicilia e il Continente italiano. Se nel ricostruire le città di l\Tessinu e di Heggio non si provvede efficacemente a gareutire la incolumità degli ahitanti da altri terremoti, i disastri futuri, per l'accrescersi della popolazione e lo inteusificarsi della vita sociole e della pubblica ricchezza, saranno ben maggiori. Bisogna dunque affrontnre il problema in maniem radicale, perchè ci va di mezzo la vita. della gente e quella della nazione. Non basta imporre la ricostruzione di case reisi– stenti alle scosse del terremoto, 0 1 per lo meno, di cnse che, pur guastandosi n quello scosse, non crol– lino di botto sopra gli abitanti. l su1-1erstiti e i suc· cessori 1 ad onta di ogni regolamento che finirà per essere dimenticato, torneranno a costruire con le

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