Critica Sociale - Anno XVIII - n. 21 - 1 novembre 1908

322 CRITICA SOCIALE zioni, le quali si costituiscono in modo <la appros– simativamente equilibrarsi, è evidente che ciascuna potenza ci pnò entrare cou quel capitale di forza annata che possierle, salvo òerivare dalla combi– nazione - come avviene nelle società. commerciali - un frntto a un dipresso proporzionale alla forza conferita. E dipende dalla prudenza diplomatica combinare le cose per guisa, da non esporre nè il gruppo, uè gli elementi on<l'è composto, a confla– grazioni e a rovesci. Nasce da ciò che cia:scuna nazione è perfettamente libera di commisurare essenzialmente le proprie difese a tutte le esigenze <lella propria economia, e clie è fallace quel modo <li ragionare che ten<le ad imporre a qualsiasi nazione un eccesso di arma• 111euti in relazione alle forze militari di uno o più avversarì possibili. E) se è vero - come è ammesso generalmente - che l'Italia spende, come premio di assicurazione contro le offese dall'estero, il 0,6 °1 0 ,le! proprio patrimonio globale, ossia una cifra. pro· porzionalmente uguale a quella della Germania 1 alquanto maggiore di quella òella Francia e dop– pia della cifra dell'Au~tria, e che le L. 13 aunue all'incirca per cittadino,· che noi spendiamo in ar– mr,meuti, rappresentano, sommate, per Jlltalia 1 il quarto a nn dipresso del suo bilancio d'uscita, mentre le I,. 11 che spende l'Austria non raggiun– gono la settima parte del bilancio rispettivo, è evidente che Fattuale spesa militare italiana è già superiore notevolmente alla sua ragionevole potcin– zia.lità e non può essere in alcun modo e per Y0- nm pretesto aumentata. Ora, l'impedire che l'aumento sia decretato ~ il c6mpito per l'appunto dei partiti rifonnisti. La possibilità per essi di vivere, di contare per qualche cosa, di ottenere qualunque delle riforme cni ago– gnano è subordinata a cotesto arresto assoluto nella emorragia che l'aumento delle spese militari ;tprir~bbe nelle vene della nazione. Nè essi po– tranno riuscirvi se non opponencto alle pretese militariste una streuua e duplice dir'esa: diretta ed iudiretta ad un tempo. Difesa diretta, coll'agitare !"opinione pubblica, sovratutto le masse popolari, contro ogni propo!'Jta di anmento. Dovrà essere questo il caposaldo di ogni nostra propaganda e la trave maestra della piatta– forma elettori\,le. Nè alcun rispetto umano ci dovrh piegare a indulgenze, che sarebbero complicità, verso quel qualsiasi partito, fosse pure il radicale, che patteggiasse e cedesse, anche solo di una linea, sn questo terreno. Difesa indiretta - e questa dovrebbe essere ancora. più uutrit,a, ed efficace - coll'affacciare e volgarizr.are la necessità e l'urgenza delle riforme civili che costano 1 e impegnare per esse tutti i residui attivi del bilancio, presenti e futuri. l\'leglio ancora che con un'opera di pura negazione, è con nn'azione di accaparramento sul bilancio, che è possibile re::,,istere alle ingordigie del parassitismo militare. Togliere i fondi all'avversario, ipotecarli a nostro vantaggio, questa è la tattica sicura .. Ma a questo scopo è necessario che le riforme siano volute e sentite e proseguite con tutta l'energia: che. dal vago aere dei principi e clelle aspirn.zioui generiche, il riformismo discen<la sul terreno con– creto dell'azione. I recenti Congressi nazionali, operaio e socialista, adottarono alfioe, sostanzialmentei la tattica rifor– mista. Constatarono, è vero 1 come ìa via delle riforme sia ostruita dalla condizione anormale del\' Italia del Mezzorli, che fornisce ad ogni Governo quel contingente tli ascari parlamentari, per il quale le riforme necessarie incontrano le più aspre difficoltà. Di l)Ui la proclamata necessità di no alh1,,rg·a1nento rlel suffragio. Questo alla_rgameuto, per altro, nessuno s'illuse che potesse conseguirsi a breve scadenza, nè d'al– tronde esso fu posto come un'assoluta pregiudi– ziale. Se nessuna difesa fosse possibile prima della nostra vittoria su questo terreno, è troppo facile intuire che la stessa vittoria giungerebbe troppo tardi, trovando spogliato il paese di tntte le risorse, esaurito d'ogni energia.. E nessuna ironia sarebbe maggiore di questa: che il giorno stesso, in cui il riformismo ha trionfato nei principi, dovesse clichiarare, negli effetti, la propria bancarotta. LA CRITICA SOCIALE. VECCHIE QUESTIONI k risorta da noi la questione, in seguito ai Congressi di Modena e di Firenze, se il marxismo sia ancora qual– cosa. di vivo o debba annoverarsi definitivamente nel numero del trapassati. La questione, ben si comprende, è stata riesumata dai conservatori, i quali, di natura un po' troppo imprt:ssio– nabile, sono stati colpiti da due fatti: 1° dalla maturità e dalla praticità di cui hanno dato prova, a Modena, le nostre organizzazioni operaie; 2° dalla moderazione di– mostrata a :Firenze dal partito socialista) il quale, col lasciare da parte la ormai rancida retorica rivoluzio– naria e col uon ritornare sui luoghi comuni della propria dottrina 1 è sembrato ai consen·atori che dimo11trasseuna minore vitalità e una più scarsa fede in se stesso. .Molto,per esempio, ha maravigliato l'organo magno della borghesia inclustria·Je e industriosa italiana, il CuP 1·iere clellaSera, che i socialisti non giurino più sulla teoria della miseria c!'escente, materialmente intesa, e ricono– scano un certo tal quale miglioramento nelle condizioni della classe operaia. Ma allora essi ~confessano le loro opinioni? Ammettono che il capitalismo non conduce la società alla rovina e non ò destinato a sparire? Riune• gano la ragione· stessa del la loro esistenza?. A tali domande, alquanto ingenue, banno già. risposto magistralmente Turati e 'J'reves (1), _dimostrando che il partito socialista italiano nell'ultimo Congresso, anzicbè scantonare dalPantica via, non ha fatto che ritrovare se stesso e, abbandonando coraggiosamente alcuue scorie della propria dottrina, non ·l'ha. certo rinnegata, ma ir– robustita. Naturalmente i nostri conservatori non si sono lasciati troppo convincere 1 e le precise e salde ragioni dei due deputati socialisti le hanno giudicate abili so– fismi di avvocati, costretti a clifendere una causa, della cui bontà essi stessi non sono profondamente convinti. Eppure, se la storia, almeno quella recente, fosse maestra della vita, dovrebbero tutti 1 avversari o no, riconoscere che non è la prima volta che il partito so– cialista viviseziona se stesso senza per questo suicidarsi. Chi non ricorda il lungo duello tra Bernstein e Kantzk~·, e il clamore che ne uacque in tutta Europa? Anche allora al marxismo si cantò l'epicedio, e si proclamò che il partito socialista era giunto al lumicino. Come mai, dtrnque, in Italia, oggi, dopo quasi dieci anni, si rimettono in discussione e l'uno e l'altro? Quale strano caso di necrofilia spinge i nostri conservatori a dissotterrar dei· cadfweri per darsi il gusto di risep– pellirli? •*• La verità è che 1 da quando, di fronte alle passate ideo– logie e alle secolari illusioni, sorse e giganteggiò il co• (li E néll'llitlmo r,,~('1('0\0 délllt ('/'tlira Il. i\1()11dolfo. (f..'nla 1iPl//1 r1~n1e.\1.

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