Critica Sociale - Anno XVIII - n. 9 - 1 maggio 1908

132 CRITICA SOCIALE ETEHHO FEMMIHIHO COH6HE5SISTA Una volta il vrimo maygio si chiamava II kalenda maya» ed era celebrato con reste in onore di Venere, feconda ed immortale giovinezza del ben ordinato uni,•erso, alla quale volgeva il suo inno il pensoso Lucrezio. Ma nel medio evo i canti, che allietavano ancora il calendimaggio e salutavano il rinverdire della natura, proclamavano il trionfo dell'amore sensuale, procace, sanamente naturalistico, di sulle falsità cortigianesche delle letterature eleganti o fuori dagli opprimenti vincoli che, per tutto il resto dell'anno 1 la sudditanza coniugale impone,•a agli amanti audaci o nllo mogli desiderose. È una specie di riveudicazione femminile sopra i diritti dell'amore - quale potevasi intendere nelle etadi, grosse ~ esercitati finalmente anche dalla donna, che assume l'iniziativa della scelta o della richiesta. E, di certo, in una vita angusta, oscura, materiale qual era delle genti borghesi o ploboe cl'allora 1 la più forte e squil– lante voce doveva essere tiella carne, a soffocare la quale non bastavano le g'rida dei predicatori, le fla– gellazioni dogli asceti) le bolle dei pontefici e i mi– steriosi susurrii dei confessionali. Altri tempi ed altri bisogni: il primo maggio sovversivo non appunhi. veramente più i suoi arieti solo sulla rocca del frigido matrimonio, ma batte in breccia tutta la grande città morta del passato: ed è naturale che In. voce femminile, che squilla nelle sue canzoni, proclami altri desideri, ~he non siano un'ora di peccaminoso inferno. I dandys della lette– ratura hanno il bello esh,siarsi per le reverdies del• l'alto medio-evo, o per i calendimaggio fiorentini del duecento: noi preferiamo - o almeno io prefe– risco - le II canzoni di donna II che hanno fin qui echeggiato nel greve pala.zzo di Giustizia, di là dal sacro rl'evero, con il pettegolo accompagnamento d'un iroso campanello presidenziale. Le donne, - oh! tempora. oh! mo,·es - sacrificano al dio Congresso e alle ninfe Adunanze, che gli uomini, per troppo e stanco uso, ha11no ridotti in fantocci sbrindellati e cenciosi. Io ho molte amiche femministe e sono natural– mente tratto a gua,·dare con occhio di simpatia - sia eletto senza doppi sensi - alla loro opera: questa premessa è bene stabilire sempre, quando si giudichi di qualche cosa, perchè il fondo delle nostre con– clusioni dipende dal sentimento che ci anima nel principio. Se siete di cattivo umore, una festa popO· lare vi sembra la più goffa e rozza cosa del mondo; se siete in un buon momento 1 la goffaggine vi parrà semplicità 1 la rozzezza schiettezza. Co& ì è del Congresso femminista che 1 mentre seri• via.mo, dura ancora: accostatelo con prevenzioni so– cialiste , e vi parrà troppo piumato, incipriato e caudato; accostatolo con l'ombrosità anticlericale, e vi parrà troppo bonomelliano e fogazzariano; acco– statelo infine con la compunzione ortodossa, e vi parrà troppo agitato, troppo mdc e audace qua e là; in• somma " sospetto ,,. ·1~d in vero è un poco di tut,to ciò: tra la regina e la maestrina che vi può essere di comune fuor che l'essere donne? I sentimenti, per quanto modestamente miti siano quelli della sovrana, o alteramente energici della popolana, rampollano da fonti troppo distanti per poter mai unire le loro t\Cque in un'Lrnica corrente. ·1~ di me;1,zo son le du– chesse, le principesse 1 lo marchese, le professore, le politiche, le poetesse, le telefoniste, le artiste; tutta una folla che parla ling-uaggi così mal comprensihili tra loro, come è fama che suonassero intorno tilla torre di Babele. .Ma una parola ha un senso per tutte: e questa parola è ((t llonna. Bel ecco le pietose, ecco le in- (lustri, ecco le lussuose ma,·tiri clel laroro, pensare alle sofferenze muliehri; al lavoro muliehre; alle umili geninlità muliebri. Quest'è forse il femminismo? No di certo. i\fa ecco altre piit gravi) esperte degli affanni e dolio vergogne del loro sesso, Yolgere lo sguardo agli amori senza gioia, alle maternità ontose, alle nascite colpe"oli: o chiedere al codice questo articolo e quello. È femminismo? o è cattolicesimo pudico 1 anglicanesimo puritano, socialismo libertario? Ed ecco altre, uscire dalle loro organizzazioni pro~ fessionoli, e proclamare a questa folla affarcenclata e irrequieta, come un branco di leggiadre formiche che non trovi la via d'uscita: " Questa via non è il muovere la pietà dei cuori, non è la santimonia delle istituzioni bonomelliane; non sono i thè danzanti o sedenti; le conferenze a ripetizione; Je suppliche ai pezzi grossi del mondo utlìciale. La Yia diritta ci ha da far entrare dove la vita stessa si organizza e rlirige: nei consessi dove si fanno le leggi. Eleggere ed essere elette. 11 È questo femminismo? .·. C'è qualche autorevole persona che crede anzi che il femminismo sia qui tutto; e che ogni altra que– stione sia un particolare, dipendente dal principio generale da. affermRrsi e da attuarsi: cioè dell'elet– torato femminile. E in teorica credo così anch'io; ma da questo al negare utilità e importanza al Con– gresso mi pare che troppo ci corra. Nella pratica della ,,ita accade di solito che noi non siamo toccati dal principio, ma dalle sue applicazioni attuali, con– lingentì, particolari; e a queste ci ri,•olgiamo e tal– volta ribelliamo: come un arrostato cbe dà i pugni al carabiniere anzichè al codice penale o - conce– diamo - al procuratore del Re. Così la questìone femminile, abbia pur fonte dall'unica vera e soscan• ziale inferiorità sociale, del negato diritto di yoto; ma appare con mille aspetti e punge con mille aculei, che le donne sono naturalmente tratte ad osservare o allontanare. Come uno che passi per una foresta, e scosti da sè le rame che lo sferzano o lo lacerano, non a\'endo modo e tempo ad abbatter tutto l'albero. Certo che di qui sorge quella babelica. n1escolanza di voci, di coscienze, di voleri, R. cui ho già accen– nato, e che presta facile appiglio alle critiche che d 1 ogni parte son mosse. Afa conviene pure farsi ra– gione del fatale avviamento delle cose naturali, e far tesoro cli quelle massime filosofiche, che ai nostri begli anni studiammo e negli anni di meno in meno leggiadri non andiamo applicando. La formazione naturale procede dall'indistinto al distinto: vivere e differenziarsi; ma agitarsi è co– minciare a vivere. Al suono del loro nome le donne si son mosse 1 ed una idealità, comunque vaga, flut– tuante, incerta, anima questo moto: " .llens agitat molem,, Questo moto stesso prodllrrà. le differenzia– zioni, che surnnno la vita. L'eco delle ardite parole, che le nostre compagne, dis1>rezzando i facili e di– sdegnosi silenzi delle pm·e, vanno dicendo là in mezzo, desterauno echi profondi; coscienze sonnac– chiose; Yigili richiami. R verrà un senso più maturo, più profondo) pii1 sicuro della lotta e delle sue Yic: senso che è solo embrionale nella classe femminile. E verr:ì, crediamo, onche il bene: poichè una doppia saggezzo, armonizzante nelle dissimili sue attitudini, reg·gcrh. il mondo, che finora era calunniato d'es,e, g·uidato da una troppo parva sapientia: la nostra nÌasC'olina. F'rattnnto non sarebbe male che tale at·· mouia ,q>porisse fin dal "di,•enirn 11 ; e che le fem– ministe non coltivo.ssei·o quel seme piccolo e maligno del mi!mndrismo, che è almeno tanto sciocco quanto il miso~inismo, o quanto l'ostilità dei proletarì contro gli intellettuali. Ad ogni modo credo che il maggio di quest'anno

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