Critica Sociale - Anno XVII - n. 16 - 16 agosto 1907

252 CRITICA SOCIALE LA POVERTÀDI PRODUZIONE conseguen3a del latifondo in Sicilia So i prodotti della terra, dei quali si può commer– cialmente disporre, diffusi nel mercato mondiale, ba– stassero a sfamare la popolnzioao di ogni paese, il latirondista non potrebbe pretendere un alto e cre– scente canone di affitto. La generale insufficienza dei prodotti agricoli, provocando la concorrenza tra i lavoratori dei campi e tra i cons.uma.tori, a&sicura la vitn prospera del latifondismo Il danno dell'inte– resse generale. L'interesse, che ogni separato prodnt– ture ha di produrre molto, riguarda non il bisogno sociale, ma l'avidità di speculare sopra una maggiore quantità di derrate, sempre però insuflìcicnti al gc– nornle soddisfacimento: si vuole produne molto nel solo proprio foado, ma. si vuole mantenere h~ fame insoddisfatta nelle masse, perchè il prezzo delle der– rnto dia quello della fame. Il commerciante incetta il prodotto agricolo, pcrchè sa che questo o è, nella totalità ciel mercato mondiale, insuflìciente per tutti; o, se nbbondante, non può arrivare senza la via riel– l'incettatore fino alla bocca dei consumatori i e nelle sue mani diventa più insuHicientc, in morto che la tprnntità andata a male sia lurgamente compensata dall'accresciuto prezzo. Produttori ed intermediari, nel mentre cercano di allettare il consumatore al– l'acquisto, organizzano la carestia artificiale, acque• strnnclo la. mag-giore qun.ntitf\ possibile dì derrate, sia con la: diretta produzione, sia con l'incetta. rn una p nl'ola 1 si mangia a condizione di restare affa. ma.ti; ed ogni pancia hen piena fa supporre il vuoto di n on poche altre pancie. fA'- insufficienza delle derrate disponibili deriva, dunque, o da povertà originaria di produzione o da sporJ)eri posteriori. In Sicilia i latifondi del pascolo e della semina. clànno, sotto la gestione della pro• prietà privata, una produzione scarsa cd incerta; lo sperpero c'entra per poco. Ycdcmmo che si raccolgono approssimativamente L. J50 milioni di prndotti in circa 1.200.000 ettari, cioè una potenza produttiva di circa L. 1.25 in media all'ettaro e cli lordo: al netto di sementi, concimi) animali eia lavoro, at– trezzi, ecc., il reddito non raggiunge certo le cento lire per ogni ettaro cli territorio. t vero che in ri– strette zone alberate e vitate, e specialmente negli agrumeti e negli orti, si possono raccogliere migliaia di lire all'anno di frutti per ettaro, per cui s'è potuto raggiungere in pochi anni un ragguardernle sviluppo di popolazione e di ricchezzfl; nm.resta pur sempre che i quattro quinti dell'intero territorio siciliano d1\nno una ben misera produzione, per oui è impe• dito un ulteriore sviluppo, capace cli portare l'isola al livello dei più ricchi paesi moderni. Lo sviluppo raggiunto dalla Sicilia in pochi anni è meraviglioso, ma la sua inferiorità è perpetuata dal latifonclismo imperante. Nel mentre essn. s'innalza, gli altri paesi che sono avanti s'innalzano pure; ed essa, con la palla di piombo che tiene legata al piede, non li raJtgiuagerà. giammai, se aon libera!ldosene. Parrebhe che un tempo la produzione bastasse: ma, come vedemmo, non perchè lu produttività della terra era maggiore, sibbene J>ercl:è i bisogni erano m_inori,e la popolazione soggiaceva alle spogliazioni dei dominatori stranieri e al servnggio della gleba. come ad un fatto naturale: la. vita pidocchiosa Cl'C· densi voluta dal cielo e nessuno dovea agognare ai godimenti dei privilegiati cht elio; le frequenti care– stie, la stragrande mortalità per la generale sporcizia e i continui contagi, il salasso come rimedio sovrano di ogni malattia o presunta malattia, i terrori reli– giosi, le continuate penitenze e il celibato per anemia che pareva ascetismo, avevano assodato il concetto che la vita per gli umilì era castigo e che si dovea. morir di fame rassegnati. Le gabelle delle terre erano ussai tenui in confronto alle presenti; eppure la gente morivu frequentemente di fame sulle pubbliche traz• zere, dopo essersi cibata invano di radici crude. Lungo le vie e davanti le chiese, lino a un mezzo secolo addietro, vedeansi di continuo accattoni seminudi e scalzi, coa i ceaci a brandelJi, le carni coperte di croste schifose e nido di luridi insetti, i capelli arruffati e con trecce impastate, gli occhi scerpellati e cisposi, le bocche sdentate e bavose. 'l'ali accattoni in gran numero vagavano ntnclagi per le masserie e per i cascinali. La società civile uon avea cimiteri per seppellire gratuitamente i poveri, nè ospizi per gli infermi; i precetti della carità cristiana im– potenti te11tavano supplire alle insufficienze della società civile i e tuttora restano inutili avanzi le Opere pie, sorte con l'intonto di procurare sepoltura. onorata ai mendichi. Ora tale misero stato di cose è pressochè scom– parso: il maggior benessere generale è visibile da tutti, perchè fu rapido, nella seconda. metà dell'ora scorso secolo decimonono, l'accrescersi della ricchezza e con questa l'affinamento dei costumi. A.Ile radicali e decorose trasformazioni edilizie fa riscontro un notevole miglioramento fisico delle popolazioni. Sono durati in foado aJla natura ciel popolo siciliano i caratteri di grande razza, i qultli, nascosti dalle mi– serie cli una barbarica povertà di produzione e dalle violenze necessarie per assicurarsi la vita e la po· teuza, l'icscono ancora misconosciuti o male apprez– zati, ma tornano subito a prevalere appena si miti– gano le dure condizioni di vita, di cui il latifondismo è ftl.ttore principale. L'enorme aumento delle gabelle dei feudi, nel men• tre dura immutata la povertà. di produzione di essi, non ha dunque impedito, direbbero i sostenitori del httifondisnw, il sopraccennato rapido progresso; aazi, potrebbero soggiungere, quel progresso è andato pro– prio crescendo col crescere dello gabelle, e sembra urrestarsi coll'arresto di quelle. La risposta a tale possibile obiezione ci porta al– l'apice delle nostre argomentazioni contro il Jatifon~ dismo; dalla quale estrema altezza, dopo esserci sof– fermati un altro po' a rile\•are, in questa seconda. paL·te del nostro studio, le altre conseguenze sociali del latifondismo, dovremo ridiscendere, nella susse– guente terza parte, "erso la soluzione del problema con la socializzazione della terra. l'er confutare la suddetta obiezione sostenitrice <.leilatifondismo devesi a,·e1· presente quanto in pre– cedenza fu detto sui nessi organici tra latifondo e piccola proprietà in Sicilia. Le gubelle si sono potute enormemente accrescere, senza un corrispondente au– mento cli produttività della terra seminativa e pasco• latoria, perchè i1 mag·giore sviluppo delle colture intensive nelle zone della piccolu. possidenza colti– vatL·ico ha fatto) come vedemmo, accrescere il valore dei feudi. Il latifondo incolto ha guadagnato sfrut• tando a suo vantaggio il prodotto degli agrumeti, dei vigneti e delle altre ricche colture. Le nuove sorge1ai cli ricchezza apportate dallo sviluppo sociale, mulgrado il prevalere del latifondismo, finiscono pt1r essere assorbite da questo. Ugualmente, aell'organi– smo umano 1 secondo i più recenti studi biologici, le cellule di Cal'attere più primitivo, derivate dagli es• seri inferiori, finiscono per divorare le cellule nobili, rappresentanti di una forma superiore ma più deli– cata cli vita, e determinano !'a.trofia senile. Simile atrofia determina il la.til'òuclismo siciliano in tutta la vita sociale dell'isola: ne è prova notevole iJ vi– gneto diffuso con l'affitto ventennale, il quale potò trovare più facilmente i capitali necessari nel suo primo impianto, e Ji trova ora con assai maggiore difficoltà per ricostituirsi dopo la distruzione operata

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