Critica Sociale - Anno XVII - n. 6 - 16 marzo 1907

82 CRITICA SOCIALE di cui personalmente dispone, ma sarebbe ridicolo supporre ch'esso debellasse da solo o ferisse -al cuore il nemico. Se la legge, e lo speriamo ancora, potrà essere sconfitta, non sarà, oramai, per l'a– zioHe parlament.are. Questa illusione per l'appunto noi dobbiamo sventare. Converrà, se ue avremo le forze, mobilitare nel paese tutto quanto l'esercito nostro, richiamare tutte le solidarietà proletarie di città e <li campagna a favore <leiminacciati pro– letari della risaia. Non sarà. inutile l'aiuto dei la– voratori della stalla - se la macchina da mun– gere non giuugerà in tempo a spuntarne le armi temute. Bisognerà alla minaccia op'porre la minac– cia, al ricatto il ricatto, forse alla violenza la vio– lenza, senza c-he l'eccezionalità <l'un momento rivo– luzionario renda probabile il successo e franchi la spesa del sacrificio e del rischio. Ma tutto ciò si 1mò fare senza bisogno di de– putati socialisti. Diciamo di più: tutto ciò è nega– zione dell'azione parlamentare; è sindacalismo vero e proprio, se non è anarchismo. Se l'azione parla– mentare ba una ragione ed un pregio, in questo dovrebbe consistere: nell'evitare (almeno nei casi normali e più frequenti) la necessità, e le terribili alee, e lo sperpero immenso di forze, e le reazioni e le rappresaglie feroci, che accompagnano cotesto genere di lotte selvagge. E 1 invero, bastava che trenta sugli ottanta de– putati di Estrema sinistra - non diciamo neppure socialisti - fossero stati presenti quel giorno che la legge venne agli Uffici, per soffocarla in cuna. Basterebbero trenta vigilanti a sventare, in pre– venzione, che altri concepisrn mai tentativi siffatti. Ora, se questo è vero contro una legge d'infamia, è vero 1 ripetiamo, del pari per tutto l'indirizzo della politica e per la conquista delle famose ri– forme che, come i coristi leggendarì, non pa1'– tono mai. Certo, la nostra vigilanza spronerebbe le m;;1ggioranze sonnacchiose ed esigerebbe cli ·poi nuovi e maggiori nostri contributi rli lavoro e <li sforzo: ma l'azione parlamentare 1 così intem;ificata., desterebbe di contraccolpo le energie <lel paese, compirebbe opera pedag·ogica d'immenso valore e affretterebbe il corso della storia. È infantile imprecare contro la dittatura di un ministro) contro la supina acquiescenza della mag• giorauza, mentre si diserta il campo delle battaglie. Attendiamo dunque noi seriamente la politica democratica e le riforme sociali da Giolitti, da Sou– nino o da Rudini? Questo ci ha insegnato la teorica della lotta di classe? Solo le minoranze hanno do– vere e ragione di lottare nel regime rappresenta• tivo. La difesa dello statu (JttO non esige sforzi o iniziative, quando lo stata, quo non viene assalito. Assalito, intendiamo, non con le ciarle e i clamori, ma col pensiero positivo e col lavoro concreto. Ed ò qui (love non ci sentiamo più di seguire l'Avanti!. Il quale, nell'inerzia dei nostri, scorge e rimpiange soltanto le mancate " iuvettive,, dalla. tribuna parlamentare. Ab! no, non sono le invet• tive che dobbiamo rimpiangere! Queste non se• guano che la debolezza, o almeno Pingenuità., dei partiti. L'amore della teatralità è ciò che ci perde, non è ciò che ci possa redimere. Le classi <liri– genti, che in Parlamento fanno i loro affari ma– gnificamente, non inveiscono a parole, no, contro il proletariato: lo tengono asservito e lo smungono colle blandizie; lo incatenano e lo saccheggiano per il suo bene! Anche, per ciò, non consentiamo nella concln· sione stoicista del confratello romano. Che dalla Nemesi delle urne antiveggen<lo la rlecirnazione del Gruppo, si conforta nella speranza, <lei pochi rna buoni. Pochi, e magari mediocri bastavano nel periodo della protesta: non bastano all'opera di pe- netrazione e di conquista, che esige divisione di lavoro, specif-ìca~ione di attitudini, molteplicità e vicenda di servizi attivi. Noi sia.mo , per un verso 1 meno ottimisti, meno pessimisti per l'altro. Giammai come oggi fu vivo, sebbene disgregato ed immaturo alla sintesi, il fer– mento di preparazione nel proletariato italiano. Perciò noi crediamo alla possibilità di un rinnova• mento del Gruppo parlamentare, rinsanguato ctal– l'avvento di buoni elementi operai, aiutati dall'in– dennità parlamentare. Ma, se le forze ci mancassero a questo, pensiarno che una temporanea astensione dall'arringo elet– torale sarebbe preferibile al persistere della pre– sente menzogna. Meglio uno schietto adolescente, che non ancora fa pesare il suo voto nei consigli di famiglia, ma si prepara alla vita nelle rorti e sane ginnastiche della sua età, che non un precoce vecchietto, che posa ad uomo fatto, frequenta.udo bische e postriboli con un metro di sigaro in bocca! LA CRITICA SOCI.A.LE . IL MOVIMEHTO 5UFFHR615TA IH6LE5 Per chi giudichi a distanza e dalle smunte corri - spondenze dei giornali, può parere incomprensibile ]'ultimo voto con cui il Parlamento inglese, dopo molte parole a favore, respinse di nuovo il progetto per conferire il voto politico alle donne. Sopratutto quel voto può parere incomprensibile, quando si pensi che circa 400 deputati su 670 si erano impegnati a votare a favore, e che fra i più ostili sono i deputati operai o molti fra di essi. Come - si può chie– dere - uu Parlamento radicale, o un partito operaio, possono, all'alba del secolo ventesimo, rifiutare il voto politico alla donna, quando tra le donne vi sono esimie scrittrici, esimie professoresse universitarie, personalità che fecero ottima prova negli affari, nella amministrazione locale, nella scuola, nella bene– ficenza? Eppure cotesto rifiuto fu dettato da motivi inspi· rati al più ampio liberalismo e democraticii:imo; esso non concerne il principio ma il come della applica• zione del principio. Il Bill proposto, se approvato) avrebbe conferito il voto alle donne, nelle medesime condizioni in cui la legge attuale lo conferisce agli uomini ; ora, siccome queste condizioni includono il pagamento d'un fitto annuo di almeno 250 lire per ogni elettore, il risultato sarebbe stato di togliere il voto a tutte le donne maritate, il fitto della cui famiglia non superasse le L. 500, quanto dire a quasi tutte le donne lavoratrici; e, nel medesimo tempo, siccome la legge inglese attuale permette, anche nelle ele• zioni politiche, che ognuno possa votare in ogoi circoscrizione ove paga almeno dieci lire sterline di fitto, ne segue che alla ingiustizia del voto plurimo per gli elettori maschili ricchi - ingiustizia che la Camera dei Lords recentemente ribadì bocciando il progetto governativo che la aboliva - si sarebbe aggiunta l'ingiustizia del voto plurimo pe1· tutte le donne di famiglie molto ricche. E, d'altra parte, nulla è più ci:mtrario alla men• talità inglese che il conferire il suffragio egualmente ad uomini e donne senza connetterlo con qualche qualifica che attesti la capacità dell'elettore di man– tenersi decentemente da sè in uno stato d'indipen– denza. Meglio che ~ll'apriorismo del suffragio uni– versale la mente inglese tende ad elevare il Jìmite d'età dell'elettore. Anche lo St.uart "Mill, favorevole com'era al suffragio universale, faceva un'eccezione per coloro che vivono di denaro pubblico (benefi– cenza). Ed oggi, tanto in Inghilterra, quanto in Ocr– mania, vi è un gruppo di teorici costituzionali che,

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