Critica Sociale - Anno XVII - n. 3 - 1 febbraio 1907

36 CRll'ICA SOCIALE l'indomani della vostra grande vittoria eleltoralP, voi vi siete foggiat;, nel Congresso di Dresda 1 una specie di bozzolo, entro cui ritirarvi per attendere la fine della borghesia. Avete gridato, è vero: l'Impero è nostro! il mondo è nostro!; ma, quando l'eco di quel grido è ... rnnit<1, voi siete ritornati al Parlamento a ripetere le vostre proteste stereotipate e monotone, senza osare di rompere, magari violentemente, la crosla feudale del– l'Impero che aduggia e isterilisce le vostre energie de– mocratiche. E Jaurès non si trattenne allora dal confrontar6 l'opera del socialismo tedesco con quella del socialismo francese, accusato, dai grandi evangelisti del marxismo ortodosso, di eresia e di corruzione. Alla magnifica bat-– taglia del proletariato francese per la repubblica e per le istituzioni repubblir,ane, egli oppose l'indifferenza con cui i socialisti tedeschi sopportano quella loro co– stituzione semifeudale, che fa del Parlamento un ba– locco nelle mani del J(aiser. Allo slancio impetuoso degli operai parigini, scesi nelle piazze a difendere la libertà contro i colpi di mano dei nazionalisti clerica~ leggianti, egli oppose la rassegnazione dei socialisti sassoni, che patirono senza resistenza la soppressione del suffragio universale. E tutla l'opera multiforme, agile, accorta del socialismo·francese, che non disdegna le alleanze ma le cerca 1 le dirige ai propri fini, le foggia a difesa e ad offesa; che penetra in tutti gli organismi dello Stato e li satura del proprio spirito, con un senso squisito della realtà, che non offusca il presentimento e la fede nelle giustizie avvenire; che sa combattere sul terreno della legalità ed uscirne quando l'ora è opportuna, alternando le grandi febbri rivoluzionarie col lavoro tranquillo e ostinato di ogni giorno; tutta questa enorme trama di lavoro, su cui la Francia socia– lista, tesse, con audacia serena, la sua storia faticosa, parve un terribile rimprovero alla immobilità ieratica del socialismo tedesco, enorme tempio in cui i fedeli dimenticano le tristezze de!Fora per bearsi nelle con– templazioni dell'avvenire. I resoconti dicono che questa dimostrazione di Jaurès ebbe virtù di sollevare i plausi dell'assemblea cosmo– polita di Amsterdam. Certo, quei plausi varcarono le frontiere dell'Olanda e ricercarono le menti un po' tor• pide ma riflessive di tutta quella massa fluttuante - non proletariato e non borghesia - che un tempo se– gui va con entusiasmo i socialisti per un gran bisogno di novità e di lotta. E l'eco del plauso di Amsterdam ~overchiò l'enfaii tribunizia di Bebel e lo zampillio perpetuo della dottrina di Kautsky. Ecco il segreto della sconfitta. ... Non e da dire però che, nella stessa Germania, gli ammonimenti a mutare la tattica tradizionale fossero mancati. . 'l 1 utta la polemica, sostenuta dal Bernstein contro Kautsky, Bebel, Rosa Luxemburg, ecc. 1 fu diretta in sostanza a li berare il partito dal giogo ferreo delle vecchie formule e ad avvicinarlo alla realtà mutevole c viva. Voi - diceva Bernstein - concepite la bor– ghesia come una massa compatta, egualmente nemica: liberali e cattolici, partiti del popolo e agrari feudali, sono per voi la stessa cosa. La vostra avversione non distingue e non ragiona. 11 vostro fervore mistico non dà tregua a nessuno. Voi non avete, nella vostra con– cezione della politica, alcun purgatorio: avete soltanto il paradiso per i credentii l'inferno per gli eretici. Ora, come sperare che, nell'ist4nte Qell'azione 1 quelle frazioni borghesi, che potrebbero essere transitoriamente con voi, ma che si sentono egualmente minacciate da voi, possano agevolare la vos.tra vittoria? Non ci importa d'aiuti estranei - rispondeva Kautsky con l'im,assibilità d'un teorico avvezzo a costrurre for• mule su formule. - Noi vinceremo senza l'aiuto d'alcuna frazione borghese, ma anzi contro tutte le frazioni bor– ghesi. La nostra profezia d'una catastrofe avvenire mette già lo 8gomento nel cuore dell'Impero. Non ve– dete come ci si guarda sospettosi? L'Impero allibisce, la borghesia allibisce, e noi non abbiamo che da con– tinuare a diffondere il terrore di noi. Quando il nemico sarà interamente terrorizzato, noi oseremo. Ma, fino al– lora, nè una transazione, nè uno scatto. Bernstein sorrideva. In verità, l'Impero e la borghesia s'andavano rimettendo dallo sbigottimento d'un 1 ora. Il partito socialista attendeva una rivoluzione troppo lon– tana per esser ritenuto sul serio un partito rivoluzio– nario. Non lo si era visto in Sassonia, nel u reame rosso m nel 11 reame socialista 11 , dove la reazione politica aveva potuto fare impunemente i suoi comodi? E non lo pa– Jljsavano tutti i giorni la rassegnazione degli operai tedeschi e il loro rispetto superstizioso per la legalità e per l'ordine costituito? Al Coogresso di Jena, Bernstein tentò battere altre vie. Poicbè l'intransigenza dogmatica del partito im– pediva di creare in Parlamento uua situazione politica 1 capace di rovesciare gli ostacoli feudali di una co.-;ti– tuzione ben diversa da quelle dell'Europa occidentale, bisognava chiedere ad un'azione extra-legale la via di uscita alle aspirazioni democratiche. Quindi, quando la discussione parve impantanarsi nell'ibis 1·edibis dell'in– transigenza e del quietismo, egli .-;orse a proporre: u resta da tentare la strada. ,, Fu uno sgomento generale. Il rivoluzionarismo verbale dei Kautsky e dei Bebel, il vecchio rivoluzionarismo tradizionale in perpetua attesa della catastrofe avvenire, dichiarò la sua riluttanza a servirsi dei mezzi violenti. Anche lo sciopero generale, accettato a denti stretti da Bebel, fu messo subito iu disparte come un esplosivo pericoloso. Cosi l'intransigenza rivoluzionaria e il quietismo anti– rivoluzionario; la ::ionorità della frase e la docilità ras• segnata delFazioue; la profezia infiammata e l'immobi– lità q_uasiassoluta; queste contraddizioni insanabili e logoranti hanno finito per di,:truggere, non la poteuza numerica, ma la effettiva forza politica <lel socialismo tedesco. Questo partito 1 su cui si modellarono tutti i pA.rtiti socialisti del mondo, e che, per essere il fratello maggiore di tutti, pareva dover restare l'esempio insu– perabile, oggi, dopo il suo insuccesso elettorale, passa in coda al socialismo francese ed inglese, eh" hanno saputo, per altre vie, ottenere risultati più profondi e sicuri. E forse giova che sia così. Fino ad oggi il socia– lismo tedesco ha esercitata una vera e propria egemonia sui partiti socialisti d'Europa. Esso ha imposto un po' a tutti i paesi la sua intransigenza dogmatica e il suo legalitarism.o bigotto, scomunicando a dritta ed a manca quanti osavano scostarsi da esso. Ma oggi, non per il socialismo, ma per i partiti socialisti, è giunta l'ora del dilemma: o rinnovarsi o perire. Ed è bene che il dilemma ci venga proprio dalla Germania. lVANOE BONOMI. Al p1·ossimo nume,-o: Ln 11olitlca dei trasporti d'inte- 1·cs8elocale, II L'industria priYata, dell'avv. MEuco10 RutNI.

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