Critica Sociale - Anno XVI - n. 18 - 16 settembre 1906

CRITICA SOCIALE 279 tempo, non solo a sviluppare la prnduzione, ma spe· cialmente a dare incremento alla popolazione econo– micamente attiva, che in rtalia è dolorosamente in diminuzione, poichè era 53,2 ¼ nel 1882, ed è di– scesa nel 1901 a 50,l ¾, mentre quella economica– mente passiva da 47,8 nel 1882 è salita a 49,9¾ nel 1901 ('). E chi ponga mente al fatto, da me altrove dimostrato con largo corredo di dati stati– stici, cbe cioè aumento di popolazione economica– mente passiva e diminur,ione di quella attiva im– portano incremento di popolazione indigente assistita dalla beneficenza pubblica e privata, non potrà dis– sentir~ dal Nitti 1 ed avrà certamente a cuore la maggiore diffusione del laYoro, poichè è supremo interesse di ogni paese che metta sempre più ga– gliarde radici) che prosperi sempre più vigoroso l'al– bero, che, coi suoi fiori smaglianti e coi suoi frutti copiosi, produnà l'invidiata bellezza e l'invocato ri– goglio economico della terra su cui vive. (N(lpMt). Dott. ML\'LIO ANDREA D'AllBROSIO. (1) crr. censi.mento de!la popo/Mlone del Regno (l'Jtaua al 1° feò- 1>1•aio1901, \'OI. v, Relazlo11e, J). CIX, to.v. XXI C tl\Y, xxx. Si tratta d'un'opera che, compiuta, sarà. in quattro vo– lumi, e che, pertanto, non può essere giudicata dal primo, il solo fin qui pubblicato. E sopratutto non tanto si tratta di una storia propriamente descrittiva e narrativa, quanto d'un tentativo di delineare, per sintesi, la fisionomia storica di Roma imperiale, colta nelle sue linee fonda– mentali, par spianare la via a chi volesse di Roma im– periale scrh'ere una vera e propria storia traendo pro– fitto di tutti i materiali nuovi e di tutti gli studi che, intorno ad essa, negli ultimi cìuquant'anui, da che data la rinnovazione del metodo storico, si son venuti accu– mulando. 'l'entativo tutt'altro che inutile e inopportuno. Se v'è caratteristica scoraggiante della letteratura storica o politico-sociale italìana 1 gli è la. scarsezza di grandi opere sintetiche. Le nostro Università vanno a gara ad ammazzare la potenza del volo intellettuale, seppellendo le anime sotto le ricerche critiche, filologiche, paleogra– fiche. Qua e là. qualcuno fa eccezione; ma per lo più si tratta di qualcheduno che non fa ps.rte del cenobio. E il Venturioi ha tutte le ragioni d'insistere sui criteri ideali che deYOnoservire alla ricostruzione e senza cui la ricerca documentaria non serve a nulla. 'fentativo tutt'altro che inutile e inopportuno anche percbè 1 ad eccezione dell'opera del I?errero, che non è ancora arrivata che al periodo d'Augusto, non v'ò al– cuna. opera, relativamente popolare in Italia, In cui si rifletta la rivoluzione che gli studt storici dell'ultimo cinquantennio hanno portata nel modo di considerare l'Impero di Roma, i suoi r'apporti col Cristianesimo, col medio evo, col mondo moderno. Nella mente dei più, dopo la Roma d'Augusto, succedo un periodo di con– tinua decadenza e confusione, di terribile dispotismo 1 di infamie senza nome 1 dì demoralizzazione, che fluisce sotto il peso opprimente dell'oppressione fiscale, del funzionarismo, del militarismo, e sotto la spada pesante del Barbaro del Nord e di quello d'Oriente, apportatore di nuovi i~dii e del Cristianesimo. (l) LIImp~l'O Romano, J)Or LUIOT VENTURI!>!, !illlmw, Casa edltrtoe L. F. Cogl1atl, 1906. La bolla prosa degli autori romani del secolo d'oro, sopratutto l'ammirabile prosa che ne è l'ultima eco, quella di Tacito, ba di ciò poca responsabilità, in quanto indusse, fluo a ieri si può dire, a trascurare lo studio di Roma Imperiale. Jl periodo da. Diocleziano a Costantino ò ancora tra i più oscuri della storia eu– ropea. * .. Nella introduzione, in cui si tratta. delle varie fonti e delle varie storie di Roma scritte inHno ai nontri giorni, molte fra le cause che spinsero a tale erronea impres-– sione di Roma Imperiale sono analizzate. Prendiamo, ad esempio, 'l'acito. Egli è un discendente della. vecchia aristocrazia repubblicana; come Romano, crede l'Impero una Roma ingrandita; come repubblicano, nella trasfor• mazione di sostanza, se non di forme, subita dallo Sta.to per mezzo d'Augusto, non vede se non l'espediente a cuì ricorre un uomo politico ambizioso, che ha trionfato di tutti i nemici e ha da tener quete le provincie ancor atterrite dalle guerre civili. L'Impero voleva dire le provincie poste allo stesso livello di Roma; voleva dire la flue dello sfruttamento che l'm·be esercita.va sull'o,·be, voleva dire l'eguaglianza-di tutti i cittadini romani e la fine della distribuzione" delle cariche politiche e giu– diziarie tra poche grandi famiglie; voleva.dire il Senato aperto ai provinciali, le provincie ammesse a tutte le minori funzioni di Governo. Tacito è il portavoce di questa a.ri3tocrazia spogliata dei suoi privilegi, che per uu secolo fieramente lotta contro l'Impero nel nome di una lihertà, che, se mai, era stata solo la sua libertà, e che era. stata portata a perdizione dalle rapine nelle provincie, dal proconsolato, dalle guerre civili. Tacito non poteva vedere nell'Impero il prodotto ine– vitabile della espansione di Roma 1 che, essendo una citt?i, nell'assenza d'ogni idea di regime rappresentativo, non poteva allargarsi se non rinunciando al governo delle assemblee e accentrando le funzioni in un'unica autorità centrale; non poteva veder nell'fmpero il pro– dotto naturale dell'aspirazione alla pace universale da parte dell'Italia e delle provincie esaurite dalle guerre civili: e nelle repressioni, con cui il nuovo stato di cose si dHendeva dalle cospirazioni di un hranco irrequieto dì politicanti arietocratlci disoccupati, ei vede oppres– sione e tirannide universale. Lo stesso dicasi di Sve– tonio. La verità comincia ad albeggiare nelle menti nostre quando a questi scrittori contrapponiamo gli scrittori provinciali 1 principalmente .Dione Cas8iO e Giuseppe Flavio, nelle cui pagine il mostruoso impero di Tacito e Svetonio diventa un Governo provvidenzialmente le– gittimo, di null'altro curante che della. felicità de' suoi popoli, premuroso interprete d'ogni a~pirazione delle genti. In queste pagine si trova la spiegazione di ciò che in Tacito pare aberrazione e superstizione; di po– polazioni che si rifiutano di credere alla morte di Ne– rone e che ne spera.no la risurrezione; gli è che i pro– vinciali soli colsero il significato dell'Impero: esso era l'organo dell'applicazione universale del Diritto. Del re.'ito basta prendere in mano il Vangelo o leggere la ramosa lettera di Paolo ai Romani: ivi si vede che, mentre in Roma, ancora al tempo di Giustiniano, la legl,{e è la volontà del popolo romano, nelle provincie essa è, per volontà di Dio, investita nell 1 Imperatore. Questi, per reggersi contro l'oligarchia faziosa di Roma, aveva dovuto appoggiarsi al più vasto interesse delle provincie e quindi divenire organo d'una giustizia più universale, che gli scrittori della spodestata clique di

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