Critica Sociale - Anno XVI - n. 8 - 16 aprile 1906

126 CRITICA SOCIALE Valida e p,·onta ed aspettando aiui Negli <1lterniperigli e nelle angoscie Della guerra commu. Ed alle offese Dell'nomo armar la destra, e laccio porre Al vicino ed inciampo Stolto crede così qual {U,·a,in campo Ci11tod'oste contraria, ili sul 1!ilÌ vioo Incalzar degli assalti, Gl'hiimù;i obliando, acerbe ga,·e Jmp,·e,1der coti gli amici, R spa,·ger fuget e fulminar col brawlo J11fra i propri giterrieri. Così è adunque che, come dal più profondo del pessi– mismo scaturisce una polla di serenità e di ottimismo, nello stesso modo ne scaturisce altresì quella medesima corrente di sentimenti che forma il substrato più spi– rituale ed elevato della coscienza socialista. Xè vogliamo tralasciare due altre osservazioni. Anzi• tutto (vi accenniamo soltanto di ,•olo) uno dei concetti fondamentali della metafisica indiana è il profondo senso dell'identità di ciò che forma la stoffa del nostro io con ciò che costituisce l'intima sostanza di tutti e del Tutto. i; quel senso di identità meravigliosamente espres::10 da questi ,,ersi del Sri-Dhagavad-Sitasu: Qui'. videt ut c1mctis a11imantibus btsidet idem Re.e et, dum pereu11t, haurl perit - ille vùlet l 1Votet enim, sese d11mcen1it ùi omnibus ips11m, ipse nocere sibi; quo vici .s1tmma patet. Ora, quando questo senso d'identità del Sè col Tutto è diventato succo ed essenza del pensiero, qualche effi– cacia deve pur produrre sul modo di condur.,i verso gli altrl, ossia sui rapporti sociali. E ne troviamo la prova nel fatto dell'elevatissimo posto che occupa la carità, la pietà verso ogni vivente, noi sistema buddhistico i del che non si troverebbe ragione se si concludesse che, poichè il buddhismo dispregia il mondo e la vita e tien gli occhi fissi sulla non esistenza, deve ritenere tutto quello che avviene nella srera dell'esistenza, dolore pro• prio od altrui, gioia o disgrazia, pace o sofferenza del proprio simile, ugualmente indifferente. ira, se il sonso d'uni\'ersale identità di ciò che forma la sostanza d'ogni essere produsse nel buddhismo così ampia onda di amore del prossimo e cli carità, a maggior ragione il vivo sen– timento che, ledendo altrui, si lede lo stesso proprio Sè che negli altri alberga, può produrre un'onda di giu– stizia sociale. Da ultimo (sebbene il De Lorenzo non ammetta che ai possa attribuire al lluddho la gloria di aver infranto i ceppi delle caste) ('), non possiamo disconoscere cbe, fin dalla sua origine, il movimento buddhista ci appare come un movimento ugualitario, non tanto percbè l'ab– battere le distinzioni sociali fosse il suo scopo diretto, quanto perchè tate ne era implicitamente la conseguenza, come del resto discende da quanto abbiamo avvertito circa il perdere importanza di queste distinzioni di fronte all'immensità e all'uniycrsalità del problema del do– lore. Cosicchè, sia pure indirettamente, il movimento buddhista colpiva le caste, e innanzi tutto quella domi– nante dei preti. "' Buddho (scrive il ùarbe) si oppose colla massima energia all'intero sistema dei sacrifici, e a tutti i pregiudizi del Brahmanismo. Le cerimonie e la erudizione sacerdotale erano a' suoi occhi un inganno e una frode, e il sistema delle caste di nessuna forza; perchè egli insegnava che il pili alto bene era ugual– mente acces9ibile al più umile come al Brahmano ed al (I) Op. clt., p11.g.H4 e seg. re; che ognuno, senza distinzione di nascita, poteva rag– giungere la conoscenza salvatrice mediante la rinuncia al mondo, la. conquista di sè e il sacrificio per il bene del proprio simile. ,, E, combattendo un'opinione dello Oldenberg, il Garbo aggiunge cbe il Buddho dirigeva la sua parola al popolo e in maniera a questo accessibile: u Un così tremendo risultato, quale seguì la carriera del Buddho, 1ioteva anche in India essere raggiunto sol– tanto mediante un'eloquenza eccitante e una forma po• polare, che usasse liberamente di figure e parabole. Se il Buddho si rosse diretto solo a.Ila mente di coloro che gli stavano più vicini, i quali erano elementi aristocra– tici, egli non avrebbe parlato ai cuori del popolo nò trasportato le masse, e il suo ordine monacale avrebbe difficilmente incontrato un destino diverso da quello delle altre comunità monastiche di quel tempo, che, tranne una 1 svanirono tutte senza lasciar traccia. ,, (I). Un soffio ugualitario spirò dunque in(lubbiamentc dalla predicazione del Buddho attraverso le rigide par– tizioni in cui era classificato il popolo indiano; e que<1to stesso soffio si sprigiona ancora oggi e si diffonde in– torno dn ogni parola della sua dottrina. ... Ci è lecito pertanto salutare cOme amica questa dot• trina buddhistica, che ora per la prima volta si presenta genuinamente e integralmente all'Europa mediante le traduzioni del Neumann, e di cui l'Italia sarà la seconda nazione occidentale che, per opera del prof. De Lorenzo, avrà prossimamente nel proprio idioma il maggior libro sacro; - questa religione senza dio, senza immortalità personale, senza dogmi, alle cui principali intuizioni giunse dopo secoli di ricerche, con Kant e Schopenhauer, e colla sch.mza e filosofia modernissime, la .9peculazione europea; - questa concezione prettamente ariana, in cui risuona come un'eco intensificata delle parole di :l[a.rco Aurelio e di Epitteto, e che si riallaccia quindi a quel pensiero stoico, il quale for1e, senza la. follia semitico-bisantina del cristianesimo e senza le invasioni barbariche, sarebbe rimasto il definitivo pensiero reli– gioso e morale delle genti mediterranee. G1ust:l'n: Rt;Ni'il. (I) RICIIARP GAl\l!E: l'lli,/QSQJIIIIJ Qf (mcteut IIHli-(1 (Chleago, OJ)UI\ court, J897J, llag. n-si. FRA LIBRI E RIVISTE Idealismo e fe<fo. In mezzo alle sfere della. nostra borghesia pili o meno iutellettuale ha destato non poco rumore la conversione di Arturo Grar. È noto come il chiaro letterato e poeta dell'Ateneo torinese, in alcuni recenti suoi scritti (raccolti in opu– scolo dagli editori 'freves, sotto il titolo: Per una fede), abbia sostenuto che, date le conclusioni cui sono arri– vate le correnti filosofiche e scientifiche contemporanee, l'uomo ragionevole e colto non possa fare a meno di i:redere, di avern una, fede 1·eligiosa. Contro questa pretesa necessiti~ della redo misticri, sorge ora un severo cultore delle discipline filosoflcllo, Guido Yilla; il quale, in un denso articolo sulla Nuova Antologia del 16 febbraio 1906, mo9tra tutta la fal– lacia e l'inconsistenza delle asserzioni del Oraf e ne dissipa completamente tutto il vaporoso trascendenle spiritualismo. L'autore di quel suggestivo libro che ò L'-idealismo moderno, ammette col Grnf che la concezione puramente materialistica e meccanicistica del mondo (contro la quale ba condotto pure una bella battaglia il positi– vismo ardighiano) non sia più sostenibi10 1 e che sia un errore il non riconoscere una assoluta irreducibile cli-

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