Critica Sociale - Anno XIV - n. 9 - 1 maggio 1904

112 CRITICA SOCIALE FRA LIBRI E RIVISTE Come il il Onntc ,ti (.'. A. ('oNlrw::o. 'o noi seguiamo con coscienziosa diligenzn. lo svolgi– mento graduale ascendente dolio opere intellettivo di G. A. Costanzo, ci è facile di rllevnre come la sua anima nbbia sempre rwuta la vi~iono lucida e grande della ,·igorosn poesia umana, quella che, temprata alla mn– gnnnimitia del sentimento, accende i soavi entu ... iami della famiglia; penetra le nqprczzo del proletariato e lo difendo con nobilissimi sdegni i agita se,·cramcnto lo que-.tioni degh eserciti stanziali; si ribella cou fierezza al dOA'rnntlsmo razionale; propaga, come effluvio bonc– ftco, A"li orl,!'ogli clell'itHlh•i<luo cui ò martirio la yran mali11Nmia tlell'rnji111to e morte l'inafferrabilità dell'i– denle; segna. il dibattito indel1nibile della natura i pro– clnmn h~ suprema elevazione del cuore verso una sfera che ò Il mistero stesso dolla vita, la snpiente incoscienza della. \'ila, dinanzi alla quale lo scienziato è l'ltom1111- <'ltl1tl( che carpisce l'inflniteslmo, 1>eri-:uasodi carpire 1'11- niverso; aspira a una mèta di viva pace sociale; ab• abbraccia Jluomo con tutte le sue miserie, con tutte le sue soflerenze, con tutti i suoi pianti, per collocarlo sopra un trono di indulg-enza o ripetergli con fraterna tenerezza: l, Me l'uomo e la natura spingono a l'umil ,·erso e una pietà profonda. " t; un ciclo che va dai So111•1t1 alla Mad,·e, dalle Ri– l'dazioni1 dalla /Jaf11e, dal Siliil, dall'Hssere, agli r:roi <lella soffitta, all'Un' Anima, fluo al Dante, il ,11ar1111mi carmt'II, a,·endo sempre in sè la profonda orma di un eroico sentimento ribelle, quo.si a provare come re1·va in petto al nostl'O Poeta il g rido entusiastico di Wol– fango Goethe, entusiastìco grido che ò la pietra aogolnro del f'aust: l,a,:cia alruom la rib('lle indole sua. t; naturale che da una così ratta e persistente idea inrormatrice, il Dante di G. A. Costanzo dO\'e,·a sorgere con cruda realtà alla luce del XX secolo, inintaccato nella ~ua grandezza, ma curvo 'lotto il peso dello sue JllH!.iOni,dentro l'intrigo dello suo contraddizioni, aV\'olto uella luce obliqua delle superstizioni e delle ingiu'ltizie, imbevuto di pregiudizi, e ossequente al dommatismo fluo alln. cecità, fino al fanatismo, fluo a credersi egli stesso uno di coloro che sono deputati, secondo il Vangelo, ad assolvere o a punire; gelida coscienza irta di utopie o di vendette o di rigoroso ascetismo, contro la quale ur– tano, efficacemente evocati dalla J>iù bella lirica del Co– i-tanzo, i sentimenti umani del Petrnrca e ilel Boe• caccio. Che luminosa antitesi il nostro Poeta ha definito per staccare dal suo sfondo la natural figura di Dante! E come il contrasto si fa manitei:.to e logico, quando noi ri– t1ottiamo che la Dit'i11a Commedia ò tutta intesa a CO· stringere la natura, a sottoporla al dominio delle ri– uunzie e dell'abnegazione, a punirla no' suoi peccati, a invilirla nelle sue colpe, a oltraggiarla in tutto che non risponda ai dettami di una SJ>irltuallti\, tanto J)iÌ1impos– sibile quanto più for.mta; o Il Cw1zo111erePt:t,·m·chP$CO invece, tutto fresco di bolla, rinascenza umana, tutto in– clino a lodare e ad eilaltare gli affetti, tutto com))osto ~:~1fi~~~1t~ 11 ~e 1 1l~ns~~n~o~!i~ 0 ,:z~! 11 t~~to ~~~~l:~to 1 ~~~~r~e~ siderio che è la passione altamente intesa, così inte.:ia 1 forse, come l'intesero .France!iìca o Paolo dannati allo strazio della bH{era 11/fenwl "111' mai 110,i resia! E il Boccaccio, che in tanto fiorire di dornmatismo s,roscia il suo bel ridere sulle nude verità delle amorose e ga– lanti avventure, non stendo egli il suo energico braccio por scrollare l'edificio, nel quale si ò chiuso Dante come ìu un chiostro, e i;;i è ingranclito, flagellandosi con la rotorica interrogazione, che è l'itiuerario del suo viaggio: O superbi Cristian, miseri lt1s11i, Che della vista (!elio mente infermi Fidanza avete ne' riirosi 1rnssi Son v·llccor~ete YOi rho noi 8iam ,•enni Xttri a formar l'angelit'a farfalla Che ,·ola alla giustizia seuzi\ s(•hcrmi:' Qui converrebbe prendere il commento costanzlano e sviscerarlo, come quello che, scosta ud osi, con la forza dolio argomentazioni meditato, dalle esagerate iperbo– liche chiose degli incondizionati lauda.tori e conreren– ziori doli:~ Divimt Comme,Ur1 1 dimostri~ la vera natura di questi " superbi cristian rni!,eri la,;si m secondo Dante, o iu che modo siano tenuti a mutarsi in aogelica far• ralla. Venti anni di studio hnnno ratto certo ciel suo gran J)n'-l~O il Costanzo e securo del suo \'alore; passo e vnlore di gigante, chè non è facilo Impresa 1>enetrare lo tre canliche, coordinarle a tutte lo OJ)ere minori ,1i Dante o derivn.rne conseguenze profonde, le quali sono desti– nate ad iniziare un cor,io nuovo o pili efHcaco di studt. Sintetizziamo il gran commento dal punto cli vi-,ta della carità essenziale che lo inrorma, nel modo che la sua importauza ci conc~de migliore. Dissi che la prima spinta dcll'opern è \'enuta da un ma gnanimo sentimento di ribellione, rla una solenne pro– LO!iìtn, coscieute di verità o di luce; ecco 1>erchè il Co• stanzo, teneudo di mira Il trionfo dell'Umano, lo ante– pone a quello del Divino o 10 colloca quindi al po~to della Divinità. Egli dunque prendo le mosse dal dominio C'eleste, e Sflle, e sale fino all'l'mnno, dh•inizznndolo con l'im))<'to della sua pietà, con la grazia del suo amore, che non è soltanto un amore di poeta, ma un ~upremo amore di a1,ostolo, con il suo larg-o e benefico compianto, fatto non ~ià per indulgere, ma per giustificare la nostra natura. Corre nel suo argomento un fremito sdegnoso per le torture che Dante giustiziere infligge agli uomini como lui, e l'argomento si adagia, nel lirismo c1a,;-,1co del sonetto per proclamare piamente la verità che Ar– turo Schopenhauer altrO\'O ha saucito: " La virtù non r.'inscgna meglio che il gonio; por essa la nozione ò inrruttuosa come per l'arte o tutto al J)iì1 può servirlo da stromento. Sarebhe co~a tanto insensata il domnn– dare ai sistemi di morale la fabbricazione di gente vir– tuosa1 nobile, 1-,anta, quanto il pretendere che i trattati di estetica creassero J>oeti, scultorl 1 1>ittori.,, Jn forza di una tal logica il suo gio,·anilc ardimento si accende di saggia esperienza, si corroborn di dottrina, si rinsangua di lumi uosa filosofia, e reverentemente detta alcune mor– daci premesse intorno alla ,•ita 1 allo abitudini, all'esilio, nllo idealità. del Di,•ino Poeta e lo dilucida e te sosiiene con altezza pari all'altezza del soggetto. Indi SO!iìtanel Paradiso: con l'occhio clte sa abbraccia l'intiera vi– sione, col \'Crso clll' medita acuisce la. snna ironia cho sforza o morde la fredda immobilità. di tutti quei cori cli santi e di frati, cui sono venute in oblio le colpe della propria Yita, per infierire contro quelle degli uomini che viYono, poveri uomini cho per tramutarsi in angelica farfalla dovrebbero trascinarsi nella polvere o far vita di digiuni, di continenze e di misereri ! Di qui il ('o– stanzo pa~sa nella foresta " s1>essa e viva , 1 che è i I Paradiso terrestre, dO\'e con novità di interpretazione rappresenta la scena simbolica, o attraver~a la montagna del Purgatorio, per discendere o arrestarsi nell'Intorno, dovo ci fa assistere alla apoteosi della ribelle o terribile anima umana. Quivi la lirica settenaria si snoda, o irrompe come un tlume a maggio, gonfia di sentimenti che soltanto ))UÒ is1>irnre la umanitaria e sublime .\lusa degli ,~·roi drllcr soffi/la. Oiova qui illustrare, con un breve saggio scultorio, il modo con cni uno spirito dannato da Dante ci si pre– senta, attra\•erso il feli<-'e commento del Costanzo. l'na tale efHcace rappresentazione risponde. per semplicità cla..~sica, per vastità di concetto e per potenzialità di vitn, nlla tecnica animatrice deµ-li eroi di Eschilo, fatui– mente tra~ici, e dei personaggi di Shakspeare, più veri o più sinceri. Lo spirito che si agitll. nella strofe legata ò così uma– namente graudioso, che il sonetto ettasillabo spari~ce por ch\r luogo a, un immenso qundro, a una immensa visiono. per diventare un immenso cuore dai palpiti enormi che si scuoto ed esulta puro nello strazio che IO opprime. Il Costanzo così co lo illumina alla presenza dì Dante cui pnrla: E poi che ne !'ardori.' Je l"impelo piì1 fiero, Ei scopre <'i, lutto e intero, violento o tr111liiorc:

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