Critica Sociale - Anno XIII - n. 6 - 16 marzo 1903

82 CRITICA SOCii\LE costituzione dell'industria, ed esige uniformità di norme e di trattamenti. Ora la parte generale e più stabile, la parte eminentemente collettiva dei con• tratti di lavoro, è consacrata per lo più nei regola– menti di fabbrica. La questione dell'origine, della formazione, della validità dei contratti di lavoro si concreta tipicamente in quella della validità e della formazione dei regolamenti di lavoro. Come e da chi debbono farsi questi regolamenti? Vi è egli un clfritto del signore che autorizzi il padrone o imprenditore a imJJOrre certe discipline ai lavoratori? Che parte debbono avere i lavoratori nella compilazione dei re– golamenti? Come deve risultare ciel loro consenso e della loro accettazione ? . * • li disegno di legge ha il merito di avere sentita l'importanza fondamentale della questione e di averla nettamente affrontata. L'art. 3, che fa parte delle <l-isposj.zion-i generuU, si esprime testua.lmente così : r regolamenti particolari di lavoro hanno forza di legge, fra le parti. Essi devono essere portati a conoscenza dei lavoratori 1 e 110npossono essel'c modificati, senz<imlltuo consensu, 11elled·isposiiioni,·elative ai diritti e alle obbligazionidelle 1xirti, all'orario, al la cauzione, alle sanzioni disciplinari, e a<l altre condizioni essenzi(llidel cOl/tratto. Senonchè la dicitura dell'articolo, che pure ebbe virtì:1di destare le apprensioni e le proteste pili vive degli imprenditori 1 timidi di venire spodestati della loro facoltà. direttiva nelle aziende industriali, non è che l'effetto di una transazione mal riescita fra un concetto liberale e moderno e un ossequio esage– rato ai pregiudizi i tradizionali. Ed è facile, a provn, riscontrarvi due anomalie stridentissime. 1. 0 I regolamenti di lavoro hanno " forza di legge ,, fra le parti. Sono dunque essenzialmente delle convenzioni. Solo, infatti, la legge e la conven• zione possono aver " forza di legge ,,: nè certo i re• golamenti delle fabbriche equivalgono a leggi dello Stato. Or come avviene che una convenzione possa essere modificata in qualsiasi sua parte senza il con– senso di ambe le parti contraenti? l~ppure è questo che deriva, per la massima di logica elementare in– clusio wiius, exclusio alterius, dalla formula ministe• riale. Se un regolamento non può essere modificato senza mutuo consenso in talune disposizioni, ciò si– gnifica che nelle altre la modificazione di esso può venire imposta. La convenzione può essere rnutalct ad arbttrio di 1i11a sola 1>a1"te - non si dice quale - ma ò facile indovinarlo. 2° V 1 ha di pH1: altra anomalia. Il regolamento, che è poi co11venzione 1 non può essere modificato, nelle parti che abbiam detto, senza mutuo consenso. Ma quando si tratti, non già lii modificarlo, ma cli porlo 111vigore per lce prima volta, l'articolo non pnl'ia più della necessità del consenso. Basta che sia portato a conoscenza delle parti. E non più w1ct parte sulct ciel regolament(', ma tutto il regolamento, tutta quanta la convenzione, quando sia " portata a cono• scenza,,, acquista forza di legge. Tale e quale come avviene appunto per le leggi dello Stato: le quali, una volta approvate dai poteri deliberanti, sanzio• nate e promulgate dal Re 1 divengono obbligatorie per tutti i cittadini, anche e sopratutto per coloro che non vorrebbero saperne. Il lavoratore, cui non garbi sottomettersi, clonà uscire dall'officina, come il cit– tadino cui non garbi riconoscere una legge, non ha altro mezzo di clifes~ che l'espatriare. Viceversa (la mostruosità. giuridica è qui che si rivela) la legge, una volta promulgata., diventa, per una parte di sè stessa, quincl'innanzi intangibile. Chi ebbe potere di mporla. tutta quanta, non può piì1 moclifìcame ta• lune disposizioni senza il consenso della parte a cui, senza consenso, ebhe potere cli imporla! A giustificare la prima anomalia. si osserverà (ve n 1 è cenno nella Relazione ministeriale) che può es– servi nei t·egolamenti di lavoro una parte, la quale non riguarda i rapporti personali e patrimoniali, cioè le condizioni ciel contratto propriamente eletto: una parte " più propria della tecnic,,, dell'ordina– mento del la,•oro, puramente industriale o ammini• strativo, di carattere discrezionale regolabile più, coi c1·ilerii clellctconvenienza che con quell-i, clel <liritto "; che pertanto " non può essere suborclin:tta, nelle sue facili e frequenti mutazioni e modificazioni, al reci– proco consenso delle parti, ma deve essere nella pru– dente facoltà del conduttore d 1 opere, solo giudice competente dei mezzi 0- dei criterii dì svolgimento tecnico ,,. Ma il sofisma è chiaro come il sole. O infatti le disposizioni di cui trnttasi 1 pel carattere tecnico che le distingue, non toccano affatto l'inte– resse del lavoratore, non costituiscono per Jui una speciale obbligazione, e allora non sono materia di regolamento: in ogni caso, se vi stessero come sem– plice notizia, esse non possono fornire sogg·etto di contesa i mancherebbe al Javoratore l'interesse, e quindi la veste 1 per discuterle e per oppugnarle. O, per quanto di indole tecnica, toccano in realtà. gli interessi e i diritti degli operai, costituiscono obbli– gazione per essi 1 e allora non v'è " criterio di con– venienza ,, nè " carattere discrezionale " che possa sottrarle alla legge generale delle obbligazioni di diritto privato, alla legge del lihern consenso dei contraenti. Una sola uscita vi è da. questo clilem1rnt: riconoscere un diritto feudale nell'officina, il diritto nell'imprenclitore di legiferare sui suoi sudditi. Si aggiunga che, a confessione dei pratici, non v'è articolo di regolamento di fabbrica (ed è facile in– tuirlo) che, per quanto semhri esclusivamente tecnico all'apparenza, non tocchi di riffe o di raffe, diretta– mente o indiret.tamente 1 il diritto del- lavoratore i il regolamento è la legge della fabbrica, è l'assieme dei doveri che si pretendono dalle parti contraenti. Si dirà, quanto all'altra. anomalia, che un regola– mento promulgato per lei prima volta è in realtà una proposta di contratto; chi accede all'officina, o vi rimane, lo accetta tacitamente: basta quindi sia cosa certa. che egli ne ebbe la dovuta conoscenza. Se11onchè 1 se ciò è vero, se tale è il significato del• l'articolo ministeriale, perchè mai la meclesinHt ar• gomentazione non si credette valesse per le mofl'ifi• cazion-i? Anche qui il dilemma s'impone: o il " por– tare a conoscenza ,, in tanto basta in quanto implicfl– o suppone l'accettazione, sia pur tacita, dt~ parte degli interessati, e, se ciò vale poi contratto intero, molto più dee valere per le semplici modificazioni; o si crede utile di esprimere nella legge, quel ct1e d'a.ltroncle ò gif~ sancito nei principii generali del diritto 1 la necessità cioè ciel mutuo consenso per le modificazioni al contratto, e molto pili tale necessità. dovrà esprimersi per il caso in cui sì tratti della convenzione tutta intera. Che direbbesi di Lllla legge che vietasse ai padroni di casa di alterarci la pi– gione senza il nostro consenso di inquilini, e aggiun– gesse che quanto alla pigione originaria, basterà che essi ce ne facciano sapere la cifra? La spiegflzione cli contraddizioni così manifeste è, d'altronde, molto semplice. Non mnncò al Ministro proponente la intenzione di agevolare, con esplicito riconoscimento nella legge speciale, la discussione civile del contratto cli lavoro frn operai e padroni i quella discussione per la quale 1 in forza della pres• sione delle organizza,,;ioni proletarie e della lenta penetrazione dei postulati socialisti, si introduce nel potere assoluto degli imprenditori una specie di diritto costituzionale 1 cli monarchia temperata. e r11J)prcscntativa. Ma. il timore di allarmare di troppo

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