Critica Sociale - Anno XI - n. 3 - 1 febbraio 1901

46 CRl'l'JCA SOCIALE claiione) le associazioni erano s, nel 1896 erano di– ventate 76; le vendite salirono da 5000 st.erlinc a 220.000 i gli utili net.ti da 23 st. a. 26951; il capitale cla 3:is st. a I3:t237 j la. fori nit consumRta anntrnl– mente salì da 2000 sacchi a 100.000. Mentre le 149 altre panetterie di Glasgow possiedono locali in cui gli operai lavorano in condizioni - come disse il giornale medico '!'Ile Lancct - (< semplicemente spi~– ventose 11, la Baking Society possiede uno stabili– mento colossale che è il più. 9r<t1Hle Jxmificio (let momlo, in cui si mise a profitto tutt.o qunnto b scienza. suggerisce per ottenere un pane eccellente e buone condir.ioni cli lavoro. Nei primi temJ)i si nveYa un solo operaio e un solo forno: ora i forni sono cc1tto e gli operai 816, e questi partecipaÌ-.o ai profitti· dell'azienda e ricevono un salario superiore alla misura fissata dalle fralle 1mions. Bastano questi ed altri molti somiglianti esempi cli panifici cooperativi, che applicano i processi mecca• nici e producono pane igienico e a buon mercato, a provare che l'azione cooperativa si;t sufficiente per la soluzione della. questione del pane? Deve anzitutto notarsi come siano numerosi i panifici cooperativ.i j quali non ebbero vita. prospera. Perchò la. vita. sia prospera occorre un cumulo di circostanze che non sempre si verificano: secondo il .Montcmartini, la. Cooperativa sorge e si sviluppa. là. dove i prezzi elci pane sono esageratamente i:llti per il fatt.o di una speculazione troppo accentuata. dei fornai, o clell'or• ganiizazione troppo imperfetta delle imprese private, e là <love il pane fabbricato dai fornai è igienica• mente cattivo. Forse, queste proposizioni riducono a troppo poche le località in cui può sorgere la Cooperativa panificatrice. ]~ certo però che il pani• ficio coopernti\"O non può sorgere e vivere dovunque. Dove sorge e vive, può, entro un da.to raggio, in qualche modo servire quale calmieremorale, costrin– gendo i fornai a vendere il pano a un prezzo 11011 molto superiore a quello da esso fissato. Ma flll'in– fuori lii ciò, l'nzioue ciel panificio cooperat.ivo ò ne– cessariamente limitata, e questa. limitazione - s11lvo i casi eccezionali di Cooperative colossali - fa sì che la produzione sia relativamente gramù>, non gmn– cUssima, e che quindi non si poss~no :Lvere tutti i vantaggi della grande industria.. La produzione dj un panificio cooperativo non può crescere illimitatamente: " qualunque forno coopc• rativo - scrive il Montemartini - giunto Aci un certo grado cli sviluppo non può pH1 aumentare la propria potenzialità. produttiva; e qujndi o rifiuta nuovi soci, o riesce impotente ad acquistarsi una clientela maggiore e ad allargare il suo spaccio n• .Infatti il panificio sorge per opera di un determinato gruppo cli persone con 1111 certo capitale e si provvede ciel macchinario corrispondente: l'indole tecnica <lol– l'inclustria. ftLsì che a un dato impianto corrisponda, una data proclm~ione massima, per aumentare la quale occorrerebbe un nuovo impianto nrnggiore o un im– pianto parallelo: difficilmente l'accrescimento della. clientehL llllÒ essere tale da. compensare l'enorme incrc11·1entodel capitale industriale da nmmortare, e se l'accrescimento ò così g-rande, pii1 probabilmente sorge una. nuova Cooperath•a. . .Per (JUCsta. ragione, sono rarissime le Cooperative di panificazione clte fondano succursali: Federico Rockell narra molto mi• nutamente la. storia delle lotte an-enute nel seno della. Unite<L Baki11g Society fra il Consiglio di dire– zione e forti gruppi di soci, i quali sostcnernno Pop– portunità. di impiantare succursali; il Consiglio di direzione ricorse perfino - per così dire - a. un " colpo di Stato ,, : rifiutò, mediante v'ari espedienti, di istituire le succursali, malgrado la volonb\ espressa dalla maggioranza dell'assemblea dei soci; jn questa maniera esso snlvò la Società dalht rovi11a 1 pcrchè ccrta1nc11h.· 1 con p,u·ccchic irnpn.:sc 111invri, 1:vn lo Bib 1oten C no H1::ircc soverchie spese d'impianto, con le maggiori spese generali, la Società non avrebbe 1•otuto vivere o non avrebbe ottenuto l'esito brillante descritto. D'Altra parte, poi 1 le Cooperative, qualora non re– stringano le operazioni ai soli soci, non vendono il pane al costo, perchè molto sovente i soci vogliono ottenere un dividendo dalle loro azioni, rica\'ando quindi 1111 profitto sul pane vonclut.o ai commma.tori non soci. . . . La panificazione industriale esercitata dai ~Junicipi sfuggirebbe - si afferma-· a questi inconvenienti; sa• rebbe Ja soluzione definitiva della (Juestione ciel pane. Oi pcmifici municiJktli si hanno 1,ochi esempi mo– derni; si ha la JJoulaugerie SciJ>ion cli Pnrigi, cui accenno largamente in seguito, ma ha hldole spe– ciale, e non è destiuata al consumo pubblico; ve n)ha uno in una piccohi città. spagnuo1a 1 a Pamplonn, ma non mi fu possibile ancora di trovi1re dati in– torno alla sua azione; ne furono aperti alcuni per il solo spaccio del pane in vari Comuni italiani in epoche cli ca.restia, ma solo come provvedimento tèmporanco; ne sorsero ))arecchi - e fioriscono tut-– t.ora - in vari piccoli vilh1ggi del Friuli in seguito alla nobile propaganda. fathi dal sig. Giuseppe -'lan– zini cli Udine, ma con l'intento speciale - non di risoh•ere la questiono del pane - ma, cli restrin– gere l'uso della polonhi per prevenire e combattere la pellagra (1). Con l'intento cli risolvere veramente la questione del pane, cli porgel'e, cioè, alla massa, tutta dei con– sumat.ori un pane igienico, fabbricato con procedi– menti perfezionati, e a buon mel'cato, sta per sorgero - qunle erede di un fiorente panificio cooperativo - il pfmificio municipale di Cremona. 1~: 1111 campo, si può dire 1 nuovo in cui il Municipio si inoltra. JI ~lunicipio tenta qui u11'impresa, che è, nei rigutmli economici, tecnici e commerciali, molto dissimile dalle .imprese municip<ili ordinarie dcl- 1\tequo, elci gas, della luce clcttric~1. Dissimile sotto l'aspetto economico, perchè <1ui si trat.ta di ngirc in una. industria in cui l'iniziativa privata si mostra inetti,, e non di scalzare il monopolio privato in un pubblico sen·izio: qui Pimpres~L municipille 11011 ù unit semplice continuazione dell'impresa. priv;::ita, ma una forma molto più evoluta. Ke Yiene così una dissomiglianza 1 o mc,!.!'liouna magg-iore ditlicoltà nei riguardi tecnici, per il rapido progresso che l'int-er– vento municipale intende apportare alJa. panificazione. 1•:infine esiste ancora, fra queste e quelle altre im– prese comunali, una differenza che si potrebbe dire commerciale, perchò qui il Municipio non possiede diritto cli monopolio, ma si trova esposto A.Ila. COtl– corronza delle attuali panetterie private. Queste dissomiglianze rendono certflmente questa impresa pili diflicile delle altre e 1>ossono, riguardo al progetto cremonese, fare sorgere dubbi intorno alla opportunità di farne ora il tentativo: in questi ~1lbori della nuova vita municipale itclliana si d(•,·e procedere in nrnniern prudente e graduale, perchù una non•riuscita produrrehbc sfidul ia e discrcdit.o. 'J'uttavia non è improbabile che l'iniziativa ciel Mu– nicipio di Cremona abbia a sortire 1111 felice risul– tato: la clemoc1·atica città ò stata. un nmbiente fovo• rcvole per h~ vita del panificio cooperativo, e sarÌL pure un amhicnte favorevole per la vita del panificio municipale. Le difficoltà tecniclte e commerciali sono, ia parte almeno, eliminate dal f!ltto che - secondo (') Ve(\l (Ht:~►:1,n; ~l.\l-Zll-1, I fon,, ,·111·t1U, Cdl11e, 1$00; l)ti. fon,;. 1·11r11Ue 1/el/cl fo11da:::lo11edi- mactlltrit t (Jld<m;/ait t((momlcht, Ucllu<', 18(11; lt for110 ,·1ir(llt t(:QJI0/1/iCO t /(I 1:111(1 bt11t{lca t({IM(kl J1t1· Pl"tlft• 111.-ee ,omb(llltn I<•1,tfla9n,, rtune. 1s:x;; <'ollr1 01,uQeoll (!elio stc~Qv 11utvr•·.

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