Critica Sociale - A. VIII - n.21-24 - 16 dicembre 1899

CRl1'1CA SOCIALE 323 Anche il ricordarli brucia le labbra. •Amnistia!• si grida da ogni parte .. Ma da chi? pe,· chi! Amnistia, sia, se vi piace; la daremo alle tombe. Ma le tombe sian vigilate. Ecco, ieri, in questa Milano, dove più gigaute imperversò l'abominio, la vendetta del popolo s'è compiuta nelle urne. Caduti, sgominati, disfatti. Non uno si è salvato dei trionfatori nel sangue. Sono indietro, giù, schiac– ciati dalla greve mora di oltre 18.000 bollettini di popolo. Amnistia, sia pure. Soltanto, sono ben morti!... . .. Intanto un fatto di cronaca, un volgare fattaccio rievocato alle Assise - la vecchia storia di un morto ammazzato, che a'suoi tempi fu un galan– tuomo -- ap1·e uno squarcio nella vita sociale del mezzodì. Fino a ieri, a parlarci di corruzione di Governo, di Giustizia maucipia ai ribaldi, di ma– nutengolismo dall'alto, erano solo quei dannati di socialisti; il 247 era lì per metterli a posto. Oggi sono questori, prefetti, senatori 1 ministri che, nella santilà del giuramento, cantano la stessa canzone. L'uno scopre il Governo; l'altro la magi– stratura. E una cosa è ammessa da tutti: polizia e mafia 1 sinonimi. In Sicilia, si dice. Ma la polizia uon è nazionale? e quei delegati, che salvano Fon– tana e Pali1.zolo, non sono quei medesimi che ci mandano alle isole, che ci consegnano alle galc1·01 Governo e Parlamento sentono il colpo; sentono quanto e3so ferisca alto e profondo. E in furia cer– cano un alibi. Con procedura insueta, fulminea, Palizzolo, reo o innocente, ò consegnato ai gen– darmi. Pollice verso, giustizia è fatta. Onesti e, sopratutto, accorti giustizieri! Ma, Io squal'cio si allarga ogui giorno. Ogni udienza del processo è una piccola rivoluzione froebeliana per gli occhi inesperti del popolo. li Governo è costretto a promettere un' «epurazione•. Non sarebbe un suicidio, Noi pensiamo che tutto questo sia buono. È della luce e dell'al'ia che irrompono là dove covò la me• nte. Che il Governo presente vada in fondo, non ci illudiamo; taglierebbe nelle proprie carni. Ma, presente o futuro, quel Governo d'Italia che vorrà. separare sè dalla mafia e sradicarla dal paese - e ogni giorno più questa necessità gli si impone - dovrà fave casa nuova anche intorno a sè. Pa• lizzolo è un'istituzione; e un puntello delle islilu• zioni. Uno avulso, non de(ictt aller. Ora, se il Governo d'Italia vorrà sinceramente epurare ed epurarsi 1 su chi dovrà cercare il suo punto d'appoggio! Su chi, se non appunto su quei «sovversivi», sui rappresentanti di quei proletarii, che delle italiche mafie furono e sono ogni giorno le vittime e i denunziatori? Cosi l'allennza dei partili popolari - dopo avere smantellate le galere del pensiero, dopo avere tenuta in iscacco la reazione politica - ha un altro còm– pito urgente ed augusto dinanzi a sè: debellare le camorre tenaci, che della reazione politica sono i fulcri naturali ed indispensabili. I compagni di Palermo e di Napoli già l'imboccal'ono le maniche per questa bisogna. Ma l'idra non sarà schiacciata fluchè le forze popolari non avranno vinto a Pa– lermo ed a Napoli come a Milano. Democratizzare il Comune; democratizzar~ lo Stato; qui ò la sola salvezza. La questione non è tra Nord e Sud - espressioni geografiche - è tra civiltà e barbarie, tra Governo di camorre e Governo di popolo. lli– spettate - tuonò il Chimirri - questo mezzodi, nel quale è la vera difesa delle istituzioni. E, in suo gergo, disse saviamente. Qual forza, dite, ri– marrebbe per la reazione politica ai nostri O reppi e Gabba e Colombo paesani, mancato loro il sus– sidio della torma dei Palizzolo? Soltanto dopo quest'opera, i partiti di opposi– zione, oggi coalizzati, riprenderanno intera la loro fisionomia e la libertà d'azione. Fmttanto è beu opportuno che lo scandalo avvenga. A spintoni, per vie scabre o rigirate, si cammina, si incespica, si risorge; ma si va e si deve arl'Ìvare. Andiamo verso la luce. t-k. LADOPPIA F CGIA DELLA POLITICA NTERNA Discorso alla Camera t'I Non dovrebbe essere, ma. così è: il bilancio degli interni O il bilancio che più interessa. lo clas3i la• voratrici, perchè il bilancio degli interni è il bilancio dell'ordine pub::ilico; o, secondo una tradizione ormai perpetuat& o consolidata nei Governi d'Italia, la difesa dell'ordine pubblico si risolve in una azione di com– pressione delle classi lavoratrici e di difesa degli inte– ressi costituiti contro il movimento proletario. Questa tendenzs. della nostra politica interna, di rronte alle classi lavoratrici I si è venuta accentuando in modo particolare dopo il 1898.Davanti alla esp\o. &ionepopolare del maggio 1803, le classi dirigenti d'Italia ebbero la speranza. di poter dimostr&re a sè stesse cho quella esplosione era. dovuta al complotto dei partiti sovversivi. Se ciò rosse stato, il rimedio ora trovalo racilmente; ai complotti si rimedia con le sentenzo dei tribunali militari e con la distribuzione di qualche se• colo di galera. Ma indi a poco apparve come i moti non rossero stati che Unamontatura di interessi particolari tèndenti ad avere poteri dispotici, e davanti alle sen• tenze deg li s(essi trib unali militari le classi dirigenti do,·ettero confessa.re che quella esplosione erc1stata. la conseguenza dì speranze deluse, di aspirazioni legittime compresso e di angherie lungamente sopportato. Allora un terrore invase le classe dirigenti. Allora assistemmo a questo strano spetta.colo che, a partire dal maggio 1898, man mano che noi ci allontanavamo da quella data, lo classi dirigenti d'Italia., o megli'l il Governo e chi lo sostiene, furono presi da un furore reazionario, spet• tacolo simile o. quello di una. persona che fosse stata. colpita da un trauma i il trauma guarisce, ma 1 poi, dopo qualche tempo, la persona comincia o. dar segni di de– bolezza e di alienazione mentale. Cosl,a misura che ci siamo allontanati dal 1898e che le classi dirigenti si persuasero che quei moti non erano stati il prodotto di artificiali combinazioni, ma di (') Torn:'l.ttl t. 0 dicembre 189:J (dal nuoconlo ufllciale).

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