Critica Sociale - A. VIII - n.21-24 - 16 dicembre 1899

346 CRITICA SOCIALE scute in tutli i parchì, a tutte le ore; musiche stonate, enormi bandiere, gigaotosche torce a \'ento chiama.no la gente a raccolta, e tutti corrono e discutono. Ma la strada. è troppo stretta, le carrozze e i tramways non passano più, il commercio è interrotto .... non im· porta; prima di tutto e sopratutto il eommElrcio delle idee; aspettino carri e carrozzoni; qui la pia;za co– manda. lo fui processato in tla.lia per aver tenuto una con• ferenu elettorale pubblica. Fra i capi d'accusa. c'era pure che, col radunare la gente in un cortile, avevo impedito il libero transito. Forse qualche raccoglitore di immondizie col fido asinello si sarà lamentato presso le autorità. Si protegga il commercio. Nessuna legge in Australia, per quanto secondaria, nessun provvedimento di pubblico interesse passa senza che la pia::a dia il suo parere supremo, inappellabile, libero. Essa indica, modiHca, modera, incita, comanda. sempre. Yiva la piazza! I deputati di tutti i partiti, gli stessi ministri vanno nel Comizi a. difendere le loro opinioni; da codesta. li– bertà. assoluta nasce di necessità il rispetto per le al– trui idee; qui non trovi irosi settari, ma sereni apo– stoli. In Italia mi arrabbiavo contro l'Esercito della salute - la Salvation Anny - e lo deridevo; ora co– mincio a rispettarlo come un qualunque altro partito, avente diritto di libera propaganda. È uno spettacolo consolante, che fa bene all'anima, che fa. sognare ad occhi aperti, e si fantastica e si corre col pensiero alla pur sempre cara patria, in cui la pia::za non parla, non può parlarci si sognano le no– stre belle città. colle loro vie lunghe, nelle quali il com– mercio è sospeso solo pei corsi di gala mascherati o pel passaggio degli am9.ti sovrani; m9.so la piazza tenta di affermarsi, di far sentire la sua voce, pover·a lei ! Non c'è battaglioni che bastino per rincorrerla, violarla, massacrarla, farla. rintanare. Tu lo ricordi, o Filippo ... Se 1o ricordiamo! E ci ricordiamo qualcosa di più preciso. Ricordiamo una nostra lettera pubbli– cata nel Secolo, che fu letta 1 come documento d'ac– CllSa, al '1'1•ibuuale di guerra. ru quella lettera si alludeva al di\'ieto dei Comizii indetti per prote– sta1•e contro certi aggravamenti avvenuti iu occa– sione d'una revisione di imposte, che avevano in– disposto specialmente le industrie e il commercio. Not proponevamo ai colleghi deputati di Milano che - per riaffermare il diritto statutario violato - assumesse1·0 essi l'iniziativa e la responsabilità rii un Comizio in un teatro cittadino e, nel caso di U!l nuovo divieto, e convocassero il popolo in piazza ». Non ci uscirà mai più dagli occhi e dalla mente l'aspetto di indignazione csterreftttta cli quei degni gallonati quando quella frase fu letta. « Convocare, il popolo in piazza! » lì'u mai pronunciata pilt esecranda bestemmia 1 Invano ci sforzammo di far loro presente che un'assemblea di popolo, promossa e presieduta da quei terribili sovversivi che souo gli onorevoli Gabba, G1·eppi e Colombo, non avl'ebbe probabilmente compromesso l'ordine pubblico. «Con• vocare il popolo in piazza! Ma sapete voi - ci gridò il colonnello pre:ìidente - quando questo popolo è ia piazza, dove può andare a finire?! , E que3to infatti il concetto che si ha della 1)iazza nel nostro mondo uffi<;iale. La ptazza è la grande uemica; la nemica che si teme, che si odia, che si vorrebbe sopprimere. Fin che sono mani che plau– dono, schiene che si curvano, occhi curiosi ammi– ranti le spalline lucenti che passano e si pavoneg– giano, essa è il popolo generoso, il nostro buon po- polo devoto ed alfezionato alle istituzioni ed alla patria. ~fa se non plaude, non si curva, non si ap– piattisce, questo popolo allora è plebaglia; questa piazza è trivio; questa gente è razzi di cani. Eppure è ben dessa, la piazza, che vi mantiene, che vi sfama, che vi ~atolla, o decoi·ati cialtroni; è <lessa che vi eleva e vi tollera e magari vi ammira (lauto è buona tre volte!) perché bl'illate dell'oro che essa non COJ!OSce,benchè esca, col suo sudore, dalla pelle sua. E dessa sopratutto che vi perdona e che dimentica. (dieci voltt, buona!) anche se, per caso, vi av\'enne di nutrirla a mitraglia. E è dessa an– cora, la pia~za, che vi monderà un giorno o l'altro - vostro malg1•ado - dalla vermiuaia in cui vi avvolgete, dalla quale vi grattate invano. Hai ragione, caro Bentivoglio. Beati quei paesi dove la pta::.za ha essa i potei-i 0 gli onm•i che altrove usurpa il palazzo. Beati i paosi dove la J)iazza è il sovrano. Quale altro più degno 0 più augusto? ILLE Eoo. FRA LIBRI E RIVISTE EuC&:NlO Fl.ORIAN e Gurno CAVA0I.H:1u: / vagabondi. Vo• lume secondo. Biblioteca Antropologico-Giuridica, se– rie I, voi. XXVII. - Bocca, 1900 (L. 6 - prezzo dei due volumi L. 16). È questo il secondo volume di un'opera intrspresa ,la anni intorno alrinteressante tema. del vagabondaggio. Nel precedente volume gli autori avevano studiato il vagabo_ndaggio come fenomeno storico ed avevano fatta la storia dei vari sistemi preventivi e repressivi adot– tati da.i diversi popoli. In questo volume Eugenio Florian studia. il vagabon– daggio come fatto individuale, facendo l'analisi ftsiolo• gica. e psicologica del vagabondo i Guido Cavaglieri compie l'analisi tlei fattori socia.li del vagabondaggio. Ambi gli autori si elevano infine nlla teoria. del vaga– bondaggio e, messo in sodo che osso non costituisce reato, cercano quali siano i migliori sistemi preventivi contro il diffondersi di codesta. epidemia. sociale. Fra le considerazioni più importanti svolte nel libro accenneremo soltanto quella. secondo cui il vagabon– daggio sarebbe strettamente connesso con una. forma. specia.lo di orgtrnizzazione economica. Senza voler sta• bilire un rapporto assoluto di causa ed effetto, è sembrato agli autori che i vagabondi si moltiplichino sovratulto nei periodi di formazione dell'industria; nel• l'Inghilterra. della prima metà del secolo, nella Ger– mania conlempora.nea.. L'industria. moderna infatti, colle sue crisì e convulsioni periodiche, mette ogni tanto sul laslrico migliaia. di oporai i quali, non trovando, per la. specializzazione del lavoro, do. occuparsi altrimenti, si dànno a.Ila.vita. della. strada. Tale la tesi degli autori, che essi suffragano con numerose prove di fatto e dì statistiche accuratamente raccolte a vagliale. Por quanlo questa. tesi ed altre ancora possa.no es– sere discusse, pure è certo che il libro è frutto di vasta cultura, di osservazioni accurate ed a.cute, ed è e sarà per un pezzo il migliore libro sull'argomento del va– gabondaggio. ... S1Mo~ N. PATTEN: Les fondem~nls économiques tle la P,·otection. - Paris, Giard eL Brière, 1899 (Fr. 2,50). Questo libro del Patten, tradotto dall'inglese, e pub– blicato nella Biblioteca internazionale dì economia. poli• tica, dirotta intelligenternente dal nostro amico AlCredo 8Jnnet, vuol essere una giustiftcaiione teoriea dei prin• cipii economici del protezionismo doganale. È noto come nella scienza economica, oltre i tentativi del Liste del Carey, non esista alcuna monografia. che sostenga con ragiooi teoriche il protezionismo. Sinora, come dice il Ferrara, economia volle dire: libertà. Jt Patten, che ò

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