Critica Sociale - A. VIII - n.21-24 - 16 dicembre 1899

334 CRITICA SOCIALE di autonomia e di coordinazione, in base alle quali l'alleanza svolgerà la sua azione. Un Comitato ge– nerale fu costituito, incaricato di mantenere l'equi– librio fra le val'ie frazio11i del partito ormai unifi– cato, di controllare la stampa, di richiamare il gruppo dei deputati :jocialisti alle decisioni dei Con· gressi anuualì e, per quanto sia possibile, all'unità del voto nel Parlamento. li Comitato non ha facoltà - è questa un'ultima concessione alle antiche di– visioni - di attribuire ad alcun candidato, in pe– riodo elettorale, l'investitui·a socialista; ma esso sarà arbitro, anche in questa materia, in occasione del secondo sc1·utinio. Se dunque non è ancora l'unità assoluta del par– tito, quale la riscontr-iamo in Italia, in Belgio, in Austria, in Germania, è però un passo grandissimo verso l'unità. Se lo slancio di entusiasmo che chiuse il Congresso non svaporerà froppo presto, se fra i rappresentanti delle vecchie frazioni socialiste fran– cesi si stabilirà quello spirito di intesa cordiale che lo Jaurès si augurava, la comunione del lavoro e dei fini non tardei·à. a realizzare nei fatti quella unione sincera che fu proclamata a parole. Allora i ~artiti socialisti delle altre nazioni non saranno piu attristati dallo spettacolo di quelle divisioni no– minali - guesdisti, broussisti, allemanisti, ecc., ecc. - divisioni meschine, che essi capiscono appena, che gli stessi proletari di Francia non intendono troppo e che resero fin qui aspra e penosa la via ai progressi del socialismo francese. Se, malgrado queste divisioni e questi antagonismi, il socialismo fece in Francia cosi gran passi. quale velocità di progresso non lo aspetta, dacché quei sciagurati muri divisorii saranno abbattuti! Certo, il differenziarsi e il dividersi è segno di esuberanza di forza, sebbene a sua volta c!lgione di debolezza. Non a ogni partito è lecito darsi il lusso delle scissioni, e uoi, socialisti italiani, che dobbiamo io parte fors'anco alla compressione eser– citata dal Governo quella perfetta unita di cuori, nella quale le varie tendenze intellettuali del par– tito si fondono e si 1•icoucilia110,non abbiamo veste e competenza per giudicare, alla stregua dei nostri criteri, l'atteggiamento diverso tenuto fin qui dai nost1·i compagni di Francia. Ma, se non il giudizio, ci sia lecito almeno l'augurio: l'augurio perché il voto del Congresso si compia nella sua interezza. « Bten tailté ! rnatntenant tl {aut coud1·e », scl'ive Paolo Brousse nella Petile Rripuùlique. Sì, cucire a doppio filo e a punti serrati. L'Europa proletaria non dispera di udire un'al– tra volta il canto del gallo francese, che la risve– gli alle supreme riscosse. LA CRITICA. LALEZIONE DIUNMONOPOLIO La storia della formazione del monopolio del diamante, che ho narrata nel precedente numero della Critica Sociale, deve essere completata colla descrizione dell'orgauismo della Società la quale monopolizza la produzione e lo smercio del dia– mante in tutti i paesi del mondo. Questo organismo monopolistico presenta carat– teri CUJ·iosied interessanti. A capo della Società stanno tre gove1•11ato1•ì a vita, che sono poi i mag– giori proprietari delle azioni. Qnesti tre oligarchi amministrano un capitale di L. 08750.000 iu azioni, oltre ad un debito di L. 87.500.000 iu obbligazioni ammortizzabili 5 %, e di 7.544.000 in obbligazioni 4 1 / 1 ¼- Per ammol'tizza1·e velocemente il debito e per dare la più alta rimunerazione possibile al capitale, i tre direttori adottarono un programma che si può riassumere in tre capisaldi: restringere la produzione ad un limite fisso; organizzare for– temente lo smercio dei diamanti; e costituire una foi-te riseri:a. La restrizione della procluzione si ottenne chiu– dendo tutte· le miuiere appal'lenenti alla Società, ad eccezione delle due più 1·icche, la De Bee1~·s e la Kimùerley. Le miniere chiuse costituiscono una preziosa 1;isorsa per l'avvenire. Alte furono le la- . gnanze dei bottegai e delle classi operaie, a cui \'eniva a mancare l'unica fonte di guadagno pos~ sibila nelle plaghe deserte dove si trovano i dia– manti; ma la Società monopolista tenne fermo e le miniere rimasero chiuse. Dalle miniere coltivate non si traggono più di 200.000 carati al mese, quantunque la potenzialita produttiva sia di gran lunga più elevata. Ridotta la produzione, importava smerciare pro– fìcuamente. Alla organizzazione unital'ia del pro– cesso produttivo era necessario aggiungere una organizzazione parallela del commercio diamanti– fero, afTluchè la concorl'enza fra i mercati non producesse quelle pel'turbazioui nei p1·ezzi, che si erano volute evitare fondendo in una sola tutte le miniel'e. Anche questo scopo fu ottenuto. Tutti i diamanti sono venduti per un periodo di tempo determinato, di solito un anno, ad un sindacato (pool) di cinque grandi commercianti, i quali si obblignno a pagal'li ad un prezzo fisso unico per tutte le grossezze e qualità, prezzo che nel 1897 fu di 34-35 lire al carato. I gioiellieri di tutto il mondo sono obbligati a rivolgersi, per ottenere i diamanti greggi, al sindacato dei cinque commercianti, i quali a turno ricevono la produzione della De Beer's. Una fitta maglia striuge così i rivenditori alla po– tente Compagnì• dell'Africa del Sud ed imprime un carattere monopolistico fìno alle più lontane ramificazioni del commercio diamantifero. 'l'erzo e non ultimo fattore della potenza della De Bee,··s è la riserva. La Societa possie<le in– fatti una riserva in consolidati inglesi di 28 milioni di lire. Può sembrare strano che un'impresa, la quale ha quasi cento milioni di lire di debito, per cui paga un interesse del 5 °/ 0 , tenga una 1'iserva in consolidati che fruttano a mala pena il 2,40 °fo. Il fenomeno si spiega agevolmente appena si ri– cot·di la natura specialissima della domanda di diamanti. Le piccole società preesistenti dovevano consentire a ribassi intel'mitteuti di prezzi, perchè erano costrette a vende1·e i diamanti anche nei tempi di crisi economica e politica nell'Europa e nell'America, quando le classi ricche cessavano di comprarli. Meglio era venderli che interrompere l'estrazione o fallire in seguito a mancato paga– mento degli interessi sui debiti. La riserva di 28 milioni rii lil'e permette alla De Beer-'s di conti– nuare le operazioni e di pagare puntualmente gli interessi dei debiti, i canoni delle miniere affittate e le altre spese fisse per nove mesi senza vendere un solo diamante. La riserva è l'arma con cui il monopolista si difende contro la sospensione nella domanda, sia che questa sospensione avvenga per cause natu,·ali, sia che abbia la sua origine nella irritazione dei compratori obbligati a pagare troppo cari i diamanti. Ma il monopolista sa evitat'e molto bene questa seconda causa di interruzione nella domanda di diamanti. Egli non ignora infatti che la sua prosperità. dipende dalla moda; se questa abbandonasse i dia– manti, sa1·ebbe suonata la fine dei suoi enormi profitti. Egli per conseguenza non spinge molto in alto i p1•ezzi, ma si limita a tenerli ad un livello costante. Prima della fusione, nel periodo 1882-89, i prezzi erano oscillati fra 37,15 e 24,32 li1•e al carato. Dopo, i punti estremi furono 36,90 e 30,55.

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