Critica Sociale - Anno VIII - n. 18 - 1 novembre 1899
286 CRITICA SOCIALE Il secondo, cioè Federicl, ai alzava sempre prima. di ogni altro, un po' perchè amava il pediluvio quotidiano e un po' perchè gli piaceva. dlguaizare nel catino più lungamente degli altri. Iniziava. I suoi lavori con una. spanciata di verbi inglesi, ch'egli si trangugiava tran– quillamente, tra. un passo e l'nltro, fatti colla legge– rezza e la mollezza. della gallina che non disturba. Lo si vedeva. andare in su e in git'I, rasente le brande, colla grammatica sotto gli occhiali seintillanti 1 o chiusa. con l'indice tra le pagine, con I&sinistra sul collo della destra o cogli occhi che vagala.vano per il soffitto come quelli dell'inspirato o dell'uomo che manda versi o prosa a memoria. Dopo la distribuziono del pane, I& quale avveniva. verso le ore otto, sedeva e si metteva. di scllienl\ al lavoro di traduzione, divorando un eser– cizio dopo l'altro, senza magari dire una parola. E noi, flno a quando non si sapeva d\ che umore si era alzato, ci guarda\·amo bene dal buttargli l'amo della ciarla. Perchè, malgrado la. gentilezza. e la. squi– sitezza d'animo, il Federici era il compagno più diffi– cile della. camerata. Non si sapeva mai da che parte pigliarlo. Proprio nel momento In cui lo credevate il vostro migliore amico, poteva scattare per un nonnulla o v1 poteva tappare la bocca con una di quelle parole solenni che arrivano alla testa corno un pietrone, o vi poteva isolare per un tempo Indeterminato, senza mai accorgersi della vostra presenza,, anche se vi trovavate gomito a gomito o faccia n. faccia, allo stesso tavolo· Terminato il boicottaggio, risentivate l'amico che vi dava il buon giorno, che spartiva i suoi cinque cente• simi di frutta con voi, che vi dava, se ne aveva, con la miglior grazia del mondo, un pezzn del suo ciocco– latte eccellentissimo, o che Bi metteva con voi al pas• seggio, ingolfandovi in una conversazione piacevole e spesso istruttiva. · Il tempo che gli lasciava l'inglese lo consumava nella letturo. Leggeva romanzi, fllosoBa, storia e tutto ciò olio di buono gli capita.va tra le mani. In musica mi parve più che uo orecchiante o un buongustaio. Can– ticchiava sovente le arie popolari o pii); conosciute delle opere moderne - sapeva dei peizi di ,vogner come e assai pili del Chiesi che a.veva propalato e difeso il maestro di munica dell'avvenire con uno studio, e correggeva le voci stonate degli altri che volevano imitarlo. Don Davide incominciava dopo la messa. Prima della messa passeggiava impaziente. Se la. guardia, che do– veva accompagnarlo nella cappelletta, che egli aveva l'auda.cio. di paragonare n. un'oasi nei claustri del do– lore, tardava. un po\ diventa.va nervoso. Anche noi, il mnttino,·no.n appena in piedi, sentivamo un bisogno immenso di uscire da uno stanzone dal quale l'ara se ne andt1"a assai lentamente, Per il 2557 un minuto diventava un secolo. Percorreva la. camerata a passi lunghi, con le mani sul dorso, sotto la giacca, con la raccia torva. Lo si chiamava e si fingeva. di credere ch'egli andasse a compiere i suoi uffici divini fuori del Reclusorio. - Don Davide, rate il piacere di comperarmi trenta centesimi di sigarette virglnia. - Don Davide, se vedete il pollivendolo, mandateci a casa un'anitra, sgrassata, come quella della settimana scorsa. - Don Davide, non dimenticate di passare dall'oste• ohe siamo senza vino. - Don Davide, se trovate del pesce fresco, manda– tene a casa una padellata. Rientrava ilare e pieno di scuse. Ci diceva che H pescivendolo era alla spiaggia, che Il tabaccaio era andato alla dispensa e che il pollivendolo non veniva in paese che tre volte la settimana. Si metteva al lavoro senza Indugio. Il suo tavolino era tra il finestrone e la sua branda. Si perdeva su' suoi fogli di protocollo Ono a colazione. Durante il lavoro taceva volentieri, ma non andava in collera se lo si interrompeva e se si faceva di tutto per rargli perdere del tempo. Chie1i: Don Davide, come state, Don Davide: Benfl, grAzle. Chie&i: Che cosa supponete che stiano dicendo, in questo momento, De Andreis o Romussi, Don Davide: È difficile Indovinarlo Chiesi: Ve lo dirò io che cosa stanno pensando. Stanno pensando a una chicchera di caffò buono, magari con una goccia di grappa buonissima.. Don Davide: Piacerebbe anche a me, adesso, una tazza di caffè caldo con uno sprono di grappa di quella che ho a t"&Samia, a Filighera I Riprendevano il lavoro e poi ricominciavano il dialogo. Don Davide: Che opinione hai tu questa. mattina sul• l'amnistia i • Chiesi: Conosco Pelloux. li; un soldato, ma un soldato che ha sempre ratto parte della Sinistra.. È impossibile ch'egli si mangi il passato In un boccone. Lascerà. pas· sare la. tempesta per contentare un po' i fanatici e poi, alla prima occasione, metterà nel discorso reale, per guadagnare della popolarità A 1 rt, l'amnistia. Interveniva qualcuno di noi a dire cbe un soldato non poteva dar torto ai soldati. - L'amnistia che cosa vorrebbe direi Che le sentenze militari sono state in– giuste. E questo un generale non lo può dire. Chini: Tu non conosci Pelloux. Nella sua vita par– lamentare ha dimostrato piò d'uno. volta di. non essere quello che gli inglesi chiamano un marlìnel dolla ca– serma. L'esercito non può rargli dimenticare che c'è della gente che soffre ingiustamente. Don Davide: Vedremo. Chie,i: Non si tratta di voi, don Davide. Voi siete qui per e ftni speciali>.{'} Don Davide intingeva la penna con un risolino, la piegava. dolcemente sul penetto di carta che si teneva a destra, e si rimetteva a scri\'ere. Nessuno ha mai potuto leggere una riga dei suol manoscritti. Ma dai discorsi si sapeva ch'egli riempiva. le pagine di impres– sioni, di reminiscenze, di note autobiografiche, di ,•ita giornalistica, di articoli di polemica o di sroghi poetici. La sua co.lligrafla non fa mettere gli occhiali. È ni– tida o arieggia l'inglesino. Non è quella dello scrittore che va via all'impazzata e lascia agli altri la briga di ca.pirla. Se il pane terroso non gli aveva fatto peso o non gli aveva gonftato il ventre, il pensiero gli si sgo• mitolava senza int~rruzionl. Giornalista col fondaccio letterario, gli piace, quando non è infuriato dalla ro– tativa., rifare il manoscritto, sonia toccarlo troppo o levargli la naturalezza della. prosa spontanea. Il suo stile ò pastoso, la sua. prosa calda, la sua. penna dut– tile, il suo periodo limpido come un cristallo. Con qualche predilezione per la rrase pariniana, rifugge dalle inversioni del poeta. del Giorno, che svogliano il lettore. L'ingiustizia. gli scalda il calo.ma.ioe gli ro. pro– durre una prosa vigoroso., senza ridondanze e senza i (•) Nell'Atto d'accusa c:ontro I giornalini trn. detto che la pro– pagandll iiov,·eralva di Albertarlo era f:ut, • per fini speciali ,. (Nota a~tlo Cl\JTICA.)
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