Critica Sociale - Anno VII - n. 9 -1 maggio 1897

CRITICA SOCIALE 133 fitto sarebbe naturalmente la media borghesia per protrarre la sua vita di tisica mo1·iboocla,ma il p1•ole– tariato e la civiltà avrebbe1•0 tutto da perdere. Essa, applicata ad una sola nazione, rarebbe l'ufficio del grando muraglione cinese, cree1·0bbe una Cina nel mondo civile; applicata a tutto il mondo civile, ral– lenterebbe, insieme a.I progresso economico, il pro– gresso della civiltà. E una imposta essenzialmente conservatrice e si comprenderebbe nella testa di un arrabbiato conservatore, ma, propugnata dal partito socialista, è un vero anacronismo. Non era fuori di posto neppure nel programma radicale, perché i radicali, se politicamente tendono ad a.van• zarsi, economicamente sono retrivi, quando non s0110 un'amalgama di contraddizioni, e sognano un mondo di piccoli bottegai e di piccoli proprietari; ma i socialisti, che vogliono essere i legittimi eredi dell'evoluzione capitalista, non dove, 1 ano assoluta– mente ospitarla nel loro programma minimo, per• chè coll'applicazione di tale imposta, invece di fare un piccolo passo avanti, ne fa,·ebbero quattro in– dietro. Nè solo è dannosa al proletariato per i suoi ef– fetti lontani. ma pur anche per altri suoi effetti immediati. Figurarsi il disordine che nascerebbe nel mondo economico da una tl'asformazione cosi radicale d"imposle. Tutti i prezzi si sposterebbero e i capitalisti, non ancora edotti dall'esperienza sugli effetti precisi di un'imposta che intanto essi l"itengono li colpisca a morte, spaventati, tendereb– be1·0 a ritirare i loro capitali dRlla produzione; nascerebbe una grave crisi nella quale, si sa, sono gli stracci che vanno in aria. La c1·isisai•:\ passeg• gera, ma quando tutto sarà ritornato allo stato normale e l'orizzonte si sarà rischiarato, allora il proletariato si accorgei>;.\ di non aver migliorato punto la sua condizione e, « pe1· questo - dir:'l - tanto fracasso? » Ma si obbietterà: sia pure che !"imposta progres– siva non giovi al proletal'iO, certo giova ai piccoli proprietari ; e come si farà la propaganda presso costoro che in Italia formano una gran massa di lavoratori pure sfruttati dal capitalismo e che il nostro partito ha interesse di attirare a sè? Confesso che cli fronte ai piccoli p,·oprietari ed alla piccola borghesia in generale il partito socia– lista si trova in posizione delicata circa l'imposta progressiva, si trova cioè al bivio o di scapitare in simpatia o di andare contro i propri principi. Ma, dopo tutto, la lealu\ e la coerenza mi paiono sempre le migliori armi di propaganda. Se propugnando una riforma di opportunità si può acquistare qual– che effimero successo, si corre pericolo però di scontare amaramente questi successi quando lepre– visioni non corrispondano alla realtà.. Ma io non c1·edo impossibile fare la propaganda tra i piccoli proprietari pur lasciando da parte l'imposta pro– gressiva. Svelare ad essi il fatale andamento ciel capitalismo, lo $fruttameoto indiretto che ne subi– scono, la precarietà della loro condizione, lo spreco che lo Stato borghese fa delle finanze pubbliche, spingerli colla cooperazione a tener testa al capi– talismo e avviarli volonta1•iamente a quel colletti– vismo che sarà la mèta indefettibile della presente lotta economica e politica, mi paiono ragioni e mezzi abbastanza idonei per convertirli al socia– lismo. . .. Mi riassumo e concludo. on credo che per la sua natura e pei suoi fini il socialismo possa predicare la riduzione e la trasformazione delle imposte. La riduzione, dato l'andamento fatale della società, che tende a sostituirsi all'indh•iduo nel provvedere a molti bisogni, è impossibile; la trasformazione ca- G 1 Ba gionerebbe un turbamento economico sfavorevole al salariato, senza portargli infine nessun gio,·a– mento duraturo. L'imposta unica progressiva poi ò assolutamente contraria agli interessi del p1•0\ota– riato, perchè, proteggendo la piccola proprietà e la piccola industria. a1·1·esterebbe o almeno rallente– rebbe quel movimento di sviluppo e di concentra• zione capitalistica che ò condizione iHdispensabile pe1· l'attuazione del collettivismo. L'unico punto, in materia tributaria, su cui il par· tito socialista deve convergere i suoi sforzi, è quello che riOette l'uso delle imposte. Qui il pa1·tito nostro deve menare la sua critica e insistere perchò lo Stato ed i Comuni usino le loro finanze a favore di tutti e specialmente a sollievo di quella classe che tutto produce e alla quale il sistema capitalista fu una condizione sempre più triste, e non ispa,·en• tarsi se. a provvedere alle urgenti necessit:\ della classe lavo1·atrice, Stato e Comuni saranno costretti ad un aumento d'impoEte. Più grande è la porzione di ricchezza che per mezzo dei poteri pubblici va a. beneficio di tutti o meno disagiata si farà la vita dell'operaio, pili sot• tile il profitto del capitalista, meno iniqua la disti-i• buzione delle ricchezze, pH1 vicino l'avvento del socialismo. GIUSEPPE BONZO. I COKFFICIENTI DELLA VITTORIA NEGLI SCIOPERI (Co11tin11a:io11ee /fne, u<lt mcm rweced,) 2. 0 Scioperi fatti e scioperi minacciati. Un'altra conclusione suggerita a.glioperai dallo cifre che ho prese in esame ò quella che potrebbe esprimersi con questa formula: i migliori scioperi sono quelli che non si fanno. Intendo dire che lo sciopero ha una. po– tenza Yirtualo maggiore dclln. potenza reale; e che una minaccia seria. di sciopero mie quanto e forse più dello sciopero stesso. Ecco un esempio: su 7 cnsi in cui la. Camera lii la– voro di Torino fu consultata prima dello sciopel'o, si ebbero 7 conciliazioni, se 11011 in t.ulto, in parie farn– rc"oli agli operai. E si capisce: quando lo sciopero ò soltanto in vista, purchò si minacci scrio, il 11adl'onc ha agio di riflettere, di calcolare quanto gli costcril di penali per lavori non consegnati a tempo, di noie per dover cercare altri operai; ha tempo di preoccuparsi del rischio a cui va incontro, della pubbliciti•, delle seccature che uno sciopero può procurargli, senza con– ltu·e che la paura ò sempre più grande per un malo che non si conosce, di quello che per un male cho si ha già addosso. Sfruttando questo condizioni psicolo• gicho del padrone, l'operaio può ottenere molto di più cho non abbandonandosi sonz'n.ltro allo sciopero; perchè, una volta scoppiato lo sciopero, il padrone, che ha già. avuto danni, che si tro,·a già. in mezzo alla lotta, più facilmente si impunta a proseguirla, sia per ragioui di orgoglio, sia per la speranza di far pagare agli operai le sposo dello sciopero, imponendo loro condizioni più duro. Cosi 1·eccntemente il Sociale Prax;s (IOdicembre 189G) riferiva. che già esisto in lnghiltel'ra un'associazione diretta ad impedire gli scioperi, la. quu.le ricscì spesso a far rialzare lo morcocli con la sola minaccia. di sciopero ineseguita. Questa. ocietà, informata dello sciopero imminente (e poi realmente scoppiato) degli operai del porto di Amburgo, scrisse loro di aspcltaro e sinchè tutto rosse pronto>. I fatti hanno dimostrato

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